di Sandra Annunziata
Un’agenda contro le politiche di «gentrification» nelle città dell’Europa del Sud. È l’obiettivo collettivo che si sono posti attiviste, rappresentanti di piattaforme anti-sfratto, studiose e comitati di quartiere di Lisbona, Madrid e Barcellona, Roma e Atene che si sono incontrati all’università di Roma tre per un workshop su uno dei temi che interrogano di più i movimenti sociali e le comunità accademiche critiche. La «gentrificazione» è un processo sociale e urbano complesso contro il quale si adottano pratiche anti-sfratto, anti-speculative e contro la mercificazione dello spazio urbano a fini turistici.
L’obiettivo dell’incontro è stato quello di condividere cosa significhi oggi ipotizzare delle alternative praticabili ai regimi di espulsione in atto in città caratterizzate da un clima di austerità permanente e assumere una agenda di priorità adatte alle emergenze sociali delle città che abitiamo . La parola «anti-gentrification» oggi viene usata almeno per tre motivi. Per pensare al suo contrario, ad esempio. Viviamo in città e quartieri gentrificati, si sta gentrificando anche la periferia storica, i vuoti urbani sono oggetto di mere azioni speculative che non tengono conto nemmeno dei vincoli archeologici, ultima roccaforte per preservare il valore collettivo di una città.
Il concetto di «anti-gentrificazione» viene anche usato per gestire la complessità dei temi sollevati dai movimenti sociali urbani. Serve a tenere insieme diverse forme di espulsione delle persone appartenenti a diverse categorie sociali. Esiste un’espulsione diretta, quella che avviene con gli sfratti. E l’espulsione indiretta, quella legata ai progetti di trasformazione urbana che inevitabilmente aumentano i valori immobiliari delle aree, di conseguenza gli affitti e il valore degli immobili. Esiste l’espulsione simbolica che reifica il significato dei luoghi e delle memorie urbane e le trasforma in prodotto turistico o da consumare. Infine l’abbiamo usata strategicamente per il suo valore politico e per chiederci se sia gestibile e quale ruolo possano svolgere le politiche in un ottica di prevenzione e mitigazione della gentrificazione.
Per le forme e le specificità assunte da questi processi nelle città dell’Europa del Sud, credo che non possa più ignorare la «gentrificazione». Un numero crescente di cittadini di diversa estrazione sociale è interessato dal problema. Come fare per invertire la rotta? La risposta arriva dai comitati di quartiere, dai movimenti anti-sfratto, anti-austerity e anti-speculazione: pensare alla decrescita e mitigare il turismo, bloccare i piani di vendita del patrimonio e mettere a regime le competenze sull’autorecupero a scopi abitativi; riabitare il patrimonio inutilizzato; istituire moratorie anti sfratto in assenza di alternative alloggiative, proteggere le prime case e un tessuto diffuso di piccoli proprietari; dare avvio a una nuova generazione di cooperative indivise a diritto d’uso; dare spazio alla partecipazione e assumere il conflitto come base per l’azione sociale.
Queste azioni possono rendere più coesa, più solidale, più giusta una città che non rinuncia allo sviluppo e alla rigenerazione e non ignori le comunità che la abitano e le loro esigenze. La risposte al problema dell’espulsione sono collettive e soprattutto tra diversi gruppi sociali. Contrastare l’espulsione urbana. realizzare l’inclusione, sono due modi per ristabilire un’ordine nelle priorità dell’agenda urbana di una città.
Fonte: Il manifesto
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