di Alex Zanotelli
Una giornata di studio sul debito pubblico e un’occasione per rilanciare un movimento popolare che torni ad occuparsi sistematicamente di questo tema. È il significato dell’assemblea nazionale sul debito che si è tenuta a Palazzo ducale di Genova il 19 luglio. L’incontro nella Genova di don Andrea Gallo (1928-2013) ha messo insieme movimenti laici e organizzazioni cristiane, tra questi l’Attac – associazione per la tassazione delle transazioni finanziarie, l’Arci, il Centro nuovo modello di sviluppo, la commissione per l’audit del debito pubblico del comune di Parma, Pax Christi Italia, la Fondazione Lorenzo Milani.
Presente anche l’arcivescovo di Pescara (già presidente di Pax Christi) Tommaso Valentinetti, che ha portato un messaggio del cardinal Peter Turkson, presidente del pontificio Consiglio della giustizia e della pace.
L’ispiratore di questa giornata è stato Antonio De Lellis, consigliere nazionale di Pax Christi, che nel suo ultimo libro Il giubileo del debito – Perché mai l’Europa tace? (Bordeaux 2016) ha raccolto il parere di esperti e riflessioni di opinion leader.
Si è subito affermato che il nostro agire oggi vuole ispirarsi al giubileo biblico che aveva tra i suoi passaggi essenziali la remissione dei debiti ed esprimeva la volontà di arrivare a un’economia di uguaglianza. Economia di uguaglianza che è poi stata radicalizzata da Gesù. Nel Padre Nostro diciamo appunto “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Francesco Gesualdi, autore de Le catene del debito, ha spiegato con chiarezza che «il debito è la macchina più infernale di dominio, di impoverimento, di squilibrio sociale che l’essere umano si sia inventato». Il fondatore del Centro nuovo modello di sviluppo si è soffermato sulle cifre debito che strozzano i popoli del sud del mondo. Nel messaggio del card. Turkson, letto da mons. Valentinetti, si afferma che “il debito demolisce le scuole e gli ospedali, e i suoi effetti non sono meno devastanti di quelli di una guerra”.
Anche in Italia abbiamo un debito pubblico colossale: oggi 2.346 miliardi di euro. Di nuovo Gesualdi: «Il problema italiano è l’incapacità di tenere il passo con gli interessi. Nel 2013 la pubblica amministrazione ha risparmiato 35 miliardi, usati per ripagare gli interessi del debito, che però ammontavano a 82 miliardi. Per ripagare i rimanenti interessi, lo stato ha dovuto aprire un nuovo debito».
Dunque ci siamo confrontati sull’indebitamento, anche si aspetti tecnici con il contributo assai significativo di Marco Bersani di Attac. Io mi sono limitato a ricordare all’assemblea le parole di Julius Nyerere, padre fondatore della Tanzania, che avevo sentito nel 1988 a Nairobi: «Per noi popoli impoveriti è immorale pagare il debito, perché non sono i governi a pagare ma la gente».
Come provare ad uscirne? Intanto bisogna creare in Italia un movimento popolare che aiuti la più vasta opinione pubblica a informarsi e a interrogarsi sul significato e sulle cause del debito, anche supportando audit cittadini per verificare la correttezza del debito. Un organismo che funzioni da centro studi capace di analizzare la composizione del debito e i comportamenti che lo alimentano. Fino ad arrivare ad affermare che non vanno pagati quei debiti fatti non a beneficio ma a discapito dei cittadini.
Abbiamo infine sottoscritto un documento d’impegno, la Carta di Genova. La lanceremo ufficialmente tra qualche mese (dopo il referendum costituzionale).
Fonte: Nigrizia
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