di Fulvio Scaglione
Durante l’udienza generale in piazza San Pietro papa Francesco è voluto intervenire anche sulla tragedia della Siria. L’attenzione del Papa per la guerra che sta massacrando un Paese e un popolo è costante da anni. Mai, però, i toni erano stati tanto accorati, mai prima Francesco aveva manifestato la vicinanza ai siriani «implorando con tutta la mia forza» un cessate il fuoco che consenta «l’evacuazione dei civili, soprattutto dei bambini, che sono ancora intrappolati sotto i bombardamenti cruenti». Che sia successo ieri, durante un’udienza dedicata alle opere di misericordia quali antidoto ideale al «virus dell’indifferenza», è tutt’altro che un caso.
Quella della Siria è esattamente e completamente una tragedia dell’indifferenza. Il problema politico esploso nel 2011 era reale ma non insuperabile, le contestazioni alla gestione del potere di Bashar al-Assad giustificate ma non irrisolvibili. Altrove, come in Giordania, Marocco, Tunisia, in circostanze simili o comunque paragonabili non si è arrivati a un tale massacro. La Siria, però, per una serie di ragioni politiche, economiche e geografiche, ha attirato attenzioni perverse che ad altri Paesi sono state risparmiate. Le speculazioni delle piccole potenze regionali (dalla Turchia all’Iran, all’Arabia Saudita) si sono incrociate con le strategie delle grandi potenze globali (Usa, Russia) che combattono quella «terza guerra mondiale a pezzetti» che proprio papa Francesco portò per primo all’attenzione di tutti.
Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi. Una sanguinosissima guerra per procura. Una tipica guerra contemporanea, in cui i contendenti più pericolosi sono quelli esterni, quelli che appunto hanno scelto di combattersi in casa d’altri e sulla pelle di altri, e in cui i civili sono le vere vittime, mentre i combattenti sono le «vittime collaterali». Basta dare un’occhiata alle statistiche: nella prima guerra mondiale (1915-1918), le vittime civili sul totale furono circa il 16%; nell’invasione dell’Iraq (2003- 2008) sono state invece circa il il 90%. Ed è uno scenario che si ripete ovunque: i dati disponibili su quanto accade nello Yemen dipingono, infatti, un quadro anche peggiore. Nessuna crudeltà, nessun sacrificio in vite umane innocenti risulta però troppo grande per la partita del potere in cui sono impegnate così tante nazioni.
È, appunto, il virus dell’indifferenza, quell’atteggiamento per cui le persone sfumano in numeri, le tragedie in statistiche e le vittime vengono ricordate quasi solo se servono alle funzioni della propaganda. Uno o due bambini fanno il giro di Internet, ma centinaia e centinaia e centinaia di altri bambini caduti senza colpa sull’uno come sull’altro lato della barricata non vengono neppure citati. Il Papa è rimasto l’unico a preoccuparsi degli innocenti in quanto tali, l’unico ad avere davvero a cuore la sorte dei siriani.
Nelle parole che Francesco ha usato per implorare un cessate il fuoco che dovrebbe consentire «l’evacuazione dei civili, soprattutto dei bambini», è inevitabile leggere una preoccupazione speciale e urgente per Aleppo, la città martire della Siria, da più di quattro anni campo di battaglia per scontri di rara ferocia. Anche in questo caso, l’indifferenza miete le sue vittime. Per tre anni la città ha subito l’offensiva dei ribelli e delle milizie islamiste senza che alcuno parlasse di «assedio». Da qualche mese, cioè da quando i governativi appoggiati dai russi sono passati all’offensiva, e soprattutto da quando hanno chiuso nella sacca dei quartieri Est i ribelli, gli islamisti e 250 mila persone, l’attenzione si è fatta vivissima. Intanto governativi e russi, che sentono vicina la riconquista della città intera, bombardano senza pietà, mentre ribelli e islamisti non si fanno scrupoli nell’usare i civili come uno scudo e un quadro pietoso da offrire ai media.
L’inviato speciale Onu, Staffan de Mistura, aveva offerto alle truppe di al-Nusra un salvacondotto per uscire dai quartieri assediati, e quindi risparmiare sofferenze alla popolazione: i miliziani hanno rifiutato. Quindi le bombe continuano a cadere e ogni giorno uccidono siriani disarmati. È la politica. Quella però che ha perso il senno, quella che non è più per l’uomo, ma contro l’uomo. Quella che ogni giorno papa Francesco incalza, lui sì, in Siria e ovunque.
Fonte: Avvenire
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