di Riccardo Chiari
Il governo innesta nottetempo alla già discussa Ape un pungiglione velenoso: aumentano gli anni di contributi necessari per poter accedere all’anticipo pensionistico “agevolato” (cioè gratuito), che passano da 20 a 30 se il lavoratore è disoccupato, e addirittura a 36 se è ancora attivo. “Si tratta di una novità – spiega Cesare Damiano, dem insospettabile di fronda – che configura l’intervento come pensione di anzianità e non di vecchiaia: 63+36, torniamo a quota 99?”.
Ancor più arrabbiata la Cgil: “Ci sono nuove barriere che riteniamo siano inventate esclusivamente per ridurre la platea – commenta Susanna Camusso – per non permettere l’accesso alla pensione. In più queste si scontrano proprio con le ragioni delle pensioni di vecchiaia, che normalmente sono quelle delle categorie discontinue”. Quanto al metodo, la critica non è meno forte: “Ci siamo trovati stamani a un non rispetto delle cose che abbiamo detto nelle ore di discussione”. Un vecchio vizio di Palazzo Chigi.
Ancor più arrabbiata la Cgil: “Ci sono nuove barriere che riteniamo siano inventate esclusivamente per ridurre la platea – commenta Susanna Camusso – per non permettere l’accesso alla pensione. In più queste si scontrano proprio con le ragioni delle pensioni di vecchiaia, che normalmente sono quelle delle categorie discontinue”. Quanto al metodo, la critica non è meno forte: “Ci siamo trovati stamani a un non rispetto delle cose che abbiamo detto nelle ore di discussione”. Un vecchio vizio di Palazzo Chigi.
Una nota di Corso d’Italia registra in dettaglio quanto accaduto: “Nell’incontro con il governo si sono consolidati i punti che nel verbale di sintesi del 28 settembre erano già oggetto di intesa: cumulo gratuito, quattordicesima, no tax-area, normativa sugli usuranti, cancellazione delle penalizzazioni”. Fin qui tutto ok. Ma la riunione, chiosa la Cgil, verteva sui due temi “sospesi”: lavoratori precoci e Ape agevolata.
“Sui precoci – tira le somme il sindacato – se i testi finali corrisponderanno, diamo un giudizio positivo per il recupero del lavoro di cura come requisito della platea, pur nel limite generale dell’intervento. Sull’Ape agevolata invece il governo ha cambiato le carte in tavola”. Con il requisito contributivo di 30 o 36 anni. Quanto di più lontano dalla discussione fatta fino a ieri, incentrata su un anticipo pensionistico agevolato con 20 anni di contributi. “Se penso alle donne che hanno grande discontinuità contributiva – osserva sul punto Camusso – se penso al Mezzogiorno, vuol dire aver inventato all’ultimo giro dei criteri per escludere le persone”.
Fermo restando il principio – già di per sé discusso – secondo cui i futuri pensionati di mestieri non “gravosi” dovrebbero indebitarsi con le banche per 20 anni, dovendo sottoscrivere anche una polizza assicurativa, con un taglio della pensione oscillante tra il 4,5% ed il 4,6% per ogni anno di anticipo (abbassato il quasi usuraio 7% di partenza), anche dalle categorie dei lavori “gravosi”, che ora comprende tra gli altri gli operai dell’edilizia, le maestre d’asilo, gli infermieri, i macchinisti e i camionisti, arrivano prese di posizione critiche: “Per un operaio edile – fanno sapere Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil – 35-36 anni di contributi per l’Ape agevolata sono troppi. Così come 30 anni se disoccupati. Gli edili quasi mai raggiungono la pensione di anzianità con questa contribuzione”.
Si fa sentire anche il commissario (ed ex edile) della Cgil napoletana Walter Schiavella: “Per i lavoratori gravosi e discontinui dell’intero Mezzogiorno sarebbe una beffa: quanti muratori o infermieri, quanti braccianti od operai hanno 36 anni di contributi in lavori spesso già precari e discontinui ovunque, e ancor più nel Mezzogiorno? Pochi. E per quei pochi rischia di scattare il tetto di reddito (oltre i 1.350 euro lordi c’è la penalizzazione) come ulteriore tagliola”.
Anche se il testo definitivo che sarà introdotto nella legge di bilancio non è stato reso pubblico, e su questo la Cgil muove altre critiche, Renzi &c. muovono sul piano simbolico assicurando che l’anticipo pensionistico, con o senza penalizzazioni, entrerà in vigore dal Primo Maggio prossimo. Fra le tante critiche (da Sì e Prc a M5S, da Fi alla Lega), una sintesi arriva da Giorgio Airaudo: “L’Ape punge solo i lavoratori: la legge Fornero non viene modificata, e con il sistema del prestito si aiutano solo le banche e le assicurazioni”.
Fonte: il manifesto
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