di Francesco Erspamer
Matteo Renzi non mente e inganna perché gli conviene, come per esempio faceva Silvio Berlusconi. Certo, spesso ne trae anche lui dei vantaggi immediati, ma non è la ragione principale della sua inaffidabilità. Renzi mente e inganna per creare una società, un popolo che non capisca e neppure sospetti la differenza fra i fatti e le bugie, fra la realtà e le fantasie. Che viva di virtualità, ossia delle cazzate spacciate dalle multinazionali dell’intrattenimento e dell’informazione, come una droga. Ci sta riuscendo.
Emblematico un suo intervento di ieri contro Virginia Raggi che con il no alle Olimpiadi “si è presa il diritto di negare un sogno ai bambini e ai ragazzi che avrebbero avuto quel diritto e quel sogno”. Testuale. Lasciamo stare il linguaggio (che Renzi parli bene è un’altra delle balle messe in circolazione dai media di regime, come un tempo Mussolini che sciava come un campione o giocava a calcio): quale sarebbe il diritto che avrebbero avuto i ragazzi e i bambini? quello di negarlo loro, il sogno? C’è anche che non è chiaro a chi si riferisca: ai ragazzi di oggi, che nel 2024 saranno adulti e avranno altri sogni e altre esigenze, o ai ragazzi del 2024, che proprio non possiamo sapere cosa sogneranno? E sorvoliamo infine sul fatto, irrilevante per Renzi, che contro le Olimpiadi abbiano votato i due terzi dei romani, preferendo Raggi al renziano di turno, l’improponibile ma fedelissimo Giacchetti. La cosa più angosciante che la frase di Renzi rivela è che abbiamo un premier che fa politica con le favole: c’è un paese in ginocchio, in cui i giovani non trovano lavoro e molti neppure studianoperché hanno perso la speranza di una vita migliore (abbiamo la più alta percentuale europea di NEET, “Not engaged in Education, Employment or Training”, peggio della Grecia, della Romania, della Bulgaria), e lui investirebbe miliardi per far sognare i ragazzi, fra otto anni. Anzi no: la cosa più angosciante è che un intero partito, i giornalisti quasi al completo, decine di intellettuali e milioni di italiani gli diano ascolto, preferendo stordirsi al suono delle confuse fandonie di un mediocre imbonitore piuttosto che impegnarsi nella faticosa ed esaltante impresa di ricostruire il paese.
È la via italiana al liberismo: che in America e in Gran Bretagna passò attraverso la deregulation economica e che in Italia il Pd, in ritardo di un ventennio, cerca di raggiungere attraverso la deregolamentazione morale e culturale. Per questo il primo passo era necessariamente l’acquisizione di un controllo totale dell’informazione: e non per manipolare o censurare le notizie non gradite, come faceva il fascismo; no, il renzismo punta al gossip, alla superficialità, al qualunquismo, alla libera cazzata, in modo che nulla abbia più valore, tutto venga considerato equivalente, realtà e illusione, il vero e il falso, ciò che è certo e ciò che viene soltanto promesso o immaginato, la vita concreta di milioni di famiglie e i bisogni indotti dalla pubblicità in improbabili adolescenti.
Si può fare qualcosa? Altroché: basta dire no. Al referendum ma anche ai venditori di fumo dei giornali e telegiornali, quotidianamente. Non possiamo più considerarli innocenti fino a prova contraria: la prova contraria non la troveremmo mai. Si può solo condannarli pregiudizialmente, sospendendo la fiducia nei loro confronti, come si deve fare quando si ha a che fare con un baro. Come il grande Montale, poeta di un’Italia migliore a cui dobbiamo provare a tornare, scrisse negli anni cupi di un altro regime, quello fascista, la resistenza e il riscatto cominciano sempre con un rifiuto delle false, facili promesse: “Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che NON siamo, ciò che NON vogliamo”.
Fonte: La Voce di New York
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