La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 13 ottobre 2016

Stagnazione secolare, o peggio?

di Immanuel Wallerstein 
Gli studiosi dell'economia globale si stanno occupando di qualcosa che hanno difficoltà a spiegare. Perché i prezzi delle azioni continuano a salire, quando invece quella cosa che viene chiamata "crescita" ristagna? Secondo la teoria economica egemone, non dovrebbe essere così. Se non c'è crescita, i prezzi di mercato dovrebbero cadere, in modo da stimolare la crescita. Poi quando questa si dovesse ristabilire, allora i prezzi di mercato dovrebbero crescere di nuovo. Quelli che credono in tale teoria, affermano che l'anomalia sarebbe un'aberrazione momentanea. Alcuni addirittura negano che sia reale.
Ma altri considerano quest'anomalia un'importante sfida alla teoria ufficiale. E cercano di rivedere la teoria in modo da tenere in conto il fatto che ora tutto questo si chiama "stagnazione secolare". Fra questi critici troviamo pensatori come Amarya Sen, Joseph Stiglitz, Paul Krugman e Stephen Roach.
Anche se ciascuno di questi pensatori ha una linea di argomentazione distinta, tutti loro condividono alcune idee. Tutti loro sono convinti che le politiche statali abbiano un ampio impatto sulla realtà. Tutti ritengono che la situazione attuale non è sana per l'economia nel suo insieme ed ha contribuito ad un significativo aumento delle disuguaglianze di reddito. Tutti credono che si dovrebbe cercare di mobilitare l'opinione pubblica per fare pressione sui governi e spingerli ad agire in maniera differente. E tutti credono che, sebbene l'attuale situazione - anomala e non sana - possa continuare ancora per qualche tempo, esistano politiche statali appropriate che consentirebbero di tornare ad un'economia meno diseguale e malsana.
In sintesi - ed è su questo che intendo argomentare - nessuno di questi critici è pronto a fare un passo avanti ed accettare l'argomento secondo cui il sistema capitalista in quanto tale è entrato in una fase di inevitabile declino. Questo significa che non esiste alcuna politica governativa in grado di restaurare il funzionamento del capitalismo come sistema valido.
Non molto tempo fa, "stagnazione secolare" era un termine usato da molti analisti per descrivere, in primo luogo, lo stato dell'economia giapponese a partire dagli inizi degli anni 1990. Ma a partire dal 2008, l'uso del concetto è stato allargato a diverse aeree - membri della zona euro come Grecia, Italia e Irlanda; paesi produttori di petrolio come la Russia, il Venezuela ed il Brasile; di recente, anche agli Stati Uniti; e, potenzialmente, ad economie prima considerate forti, come quelle della Cina e della Germania.
Uno dei problemi affrontati da coloro che cercano di comprendere quel che avviene, attiene al fatto che analisti differenti usano differenti geografie e calendari. Alcuni considerano la situazione paese per paese, mentre alti vedono l'economia globale come un tutto. Alcuni collocano l'inizio della "stagnazione secolare" nel 2008, altri negli anni 1990, altri ancora alla fine degli anni 1960, ed alcuni ancora prima.
Voglio di nuovo proporre un altro modo di vedere la "stagnazione secolare". L'economia globale capitalista esiste in parti del mondo a partire dal 16° secolo. Chiamo questo sistema-mondo moderno. Tale sistema si è ampliato geograficamente in maniera costante, finché alla fine ha abbracciato tutto il pianeta a partire dalla metà del 19° secolo. Ha avuto successo a partire dal suo principio di orientamento, l'accumulazione infinita di capitale. Vale a dire, accumulare capitale con lo scopo di accumulare ancora più capitale.
Il sistema-mondo moderno, come tutti i sistemi, fluttua. Dispone anche di meccanismi che ne limitano le fluttuazioni e lo spingono di nuovo verso un equilibrio. È come un ciclo di alti e bassi. L'unico problema è che i bassi non tornano al limite inferiore precedente, ma ad un punto più alto. Questo avviene perché, in un modello istituzionale complesso, c'è una resistenza ad andare verso il basso. La forma reale del ritmo ciclico è di due passi avanti e un passo indietro. Pertanto, il punto di equilibrio si muove di conseguenza. Oltre ai ritmi ciclici, ci sono le tendenze secolari.
Se si esamina l'ascissa delle tendenze, si vede che queste si muovono in direzione di un asintoto del 100% - che, naturalmente, non possono superare. Da qualche parte prima di questo punto (diciamo, intorno all'80%), le curve cominciano a fluttuare in maniera selvaggia. È questo il segnale del fatto che ci troviamo dentro la crisi strutturale del sistema. Si biforca, il che significa che ci sono due differenti, quasi opposti, modi per scegliere il sistema o i sistemi successivi. L'unica cosa che non è possibile è far sì che l'attuale sistema torni a funzionare secondo il suo precedente modo normale.
In quanto, mentre prima di quel punto, grandi sforzi per trasformare il sistema portavano a piccoli cambiamenti, ora è vero il contrario. Ogni piccolo sforzo per cambiare il sistema ha un grande impatto. La mia opinione è che il sistema-mondo moderno è entrato in questa crisi strutturale intorno al 1970 e vi rimarrà per altri venti o quarant'anni. Se vogliamo promuovere azioni efficaci, dobbiamo tener conto di due differenti temporalità, il breve termine (al massimo tre anni) e il medio termine.
Nel breve termine, quel che possiamo fare è ridurre al minimo la sofferenza di coloro che vengono colpiti nel modo più crudele dall'attuale disuguaglianza e concentrazione di ricchezze. Le persone in carne ed ossa vivono a breve termine e hanno bisogno di qualche sollievo immediato. Tali misure, tuttavia, non cambieranno il sistema. I cambiamenti possono avvenire solo a medio termine, e sono in grado di far sì che un altro tipo di sistema successivo al capitalismo abbia la forza sufficiente per far tendere la biforcazione a suo favore.
È qui che si corre il rischio di non andare abbastanza lontano nell'analisi critica del sistema. Solo se uno vede chiaramente che non esiste via d'uscita dalla stagnazione persistente può diventare di fatto abbastanza forte per vincere la battaglia morale e politica. Uno dei lati della biforcazione porta a sostituire il capitalismo con un altro sistema che sarà altrettanto cattivo, o peggiore, nel mantenere le caratteristiche cruciali della gerarchia, dello sfruttamento e della polarizzazione. L'altro lato cerca un nuovo sistema che sarà relativamente egualitario e relativamente democratico.
Nei prossimi anni, ci potranno essere miglioramenti che sembreranno indicare che il sistema sta di nuovo funzionando. Anche il livello di occupazione nel sistema, nel suo complesso, potrà crescere. Ma tale crescita non può durare a lungo perché la situazione è troppo caotica. Ed il caos paralizza sia gli imprenditori più potenti che la gente comune e impedisce loro di spendere il capitale rimasto in modi che li metterebbe a rischio di perderlo, e quindi metterebbe a rischio la loro sopravvivenza.
Ci troviamo nel mezzo di una corsa selvaggia e assai odiosa. Se vogliamo comportarci in maniera ragionevole, il primo requisito è la chiarezza di analisi, seguita da una scelta morale, e da un giudizio politico. La questione è che abbiamo superato il punto in cui non c'è più modo che il capitalismo in quanto sistema storico possa sopravvivere.

Articolo pubblicato su OutrasPalavras
Fonte: blackblog francosenia

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