di Immacolata Leone
Il referendum costituzionale è alle porte e la gara di velocità ha preso ritmi serrati a forza di ccolpi bassi di questo governo che cerca voti ovunque, dovunque e comunque, costi quel che costi, appunto. Un governo che ci è toccato sopportare da tre anni a questa parte, senza neanche una cosa buona fatta. Tre anni persi. sprecati e buttati nel water, che mica potevamo permettercelo. Una politica insignificante, impotente,e corrotta, sostenuta dagli attuali politici senza uno straccio di programma, solo quello di ambire a rimanere in carica,predicando la mancanza di alternative al loro sistema, per cui alla fine elogiando solo se stessi e promuovendo il conformismo.
Chi ha sentito sulla propria pelle il peso della crisi, non fa salti di gioia nel vedere che tra gli eletti che urlano per il SI non ci siano personalità di alto profilo, ma personcine che compongono l'intima e feroce faziosità che regna nel Pd, partito marchio che consorzia una variegata gamma di professionisti della gestione amministrativa, molto agguerriti nel difendere ognuno il proprio pianerottolo di casa. Mostrandoci il volto arrogante e altezzoso di chi antepone alle idee e al progetto politico il più comodo mercanteggiamento del "campare alla giornata". E' uno spettacolo indecente, quasi buffo, che solo la superbia più bieca può giustificare, a dispetto di una scarna vittoria ottenuta a tavolino, per assenza degli avversari. Il PD chiuso nella roccaforte del profitto, sembra colto da demenza, accontentandosi di slogan, di formule retoriche, di critiche sommarie e di sterile demagogia.
Ci troviamo di fronte ad un’accelerazione senza precedenti della fuoriuscita dalla democrazia, che sta radicalmente trasformando i rapporti tra governati e governanti e tra cittadini e società. Questi cambiamenti mirano a rafforzare l’offensiva oligarchica sia contro i diritti sociali ed economici, sia contro i diritti civili e politici, attraverso un processo di omologazione delle istituzioni pubbliche alle esigenze delle imprese e del mercato.
Toccare la Costituzione con la scusa di aiutare il popolino ha un che di presa per i fondelli. Questo governo ha abbracciato il totalitarismo neoliberista rimanendo insensibile alla disgregazione della qualità della vita dei ceti più deboli, dei poveri, degli emarginati, dei giovani, fino a lambire ed investire anche le certezze e i privilegi dei ceti medi. La radicalizzazione dello scontro sulla Costituzione non riguarda tanto i giuristi, quanto la nostra vita, i nostri diritti e le nostre condizioni sociali. Il voto del 4 dicembre si presenta perciò come la più classica delle battaglie: cioè una lotta di classe tra interessi contrapposti, sintetizzabile nella scelta tra democrazia e oligarchia, tra sovranità di élite e sovranità di popolo. Si ripropongono, cioè, in termini sociali, tutti i drammi che credevamo di aver seppellito con la Resistenza, e con la conquista della democrazia costituzionale, contro il regime nazionalfascista.
Perchè la logica del neocapitalismo finanziario è predatoria, e per certi aspetti va oltre il vecchio fascismo, nella pretesa di estendere il proprio dominio sul mondo del lavoro, sulla sovranità statale, sulle libertà collettive, sui diritti politici, sulle identità nazionali.
Quindi, non è certo per inefficienza della nostra Costituzione se le diseguaglianze continuano a crescere, se i sacrifici richiesti si moltiplicano, se la crescita è bloccata, se la disoccupazione aumenta, se il debito pubblico è inarrestabile, ma delle oligarchie politico-economiche italiane e internazionali.
Sono loro che hanno imposto un prezzo alla crisi, facendo pagare ai lavoratori e ai pensionati il salvataggio di un sistema finanziario tutto imperniato sulla finanza speculativa e sulle banche. In realtà, un gigantesco esproprio di ricchezza è stato imposto anche al popolo italiano, per colmare un fallimento che noi non abbiamo mai determinato.
E il governo Renzi, zelante servitore del neoliberismo, è il naturale erede di questo progetto che viene da lontano. Dopo aver demolito lo stato sociale, si apprestano, ora, a demolire le garanzie costituzionali, facendo credere che sia la Costituzione la causa dei nostri fallimenti e dei nostri mali. E utilizzano, ipocritamente, la paura, l’insicurezza e la crisi come armi di guerra. Loro si fanno padroni dei nostri interrogativi e dei nostri risentimenti, gli istigatori dei nostri smarrimenti, incapaci come sono di comprendere che proprio i loro governi sono i nostri primi fabbricatori di disperazione.
Nel cuore dei loro progetti riformatori vi è, quindi, fin dall’origine, un tratto antidemocratico fondamentale: il rifiuto, cioè, di identificare la democrazia con la “sovranità popolare”. La capacità dello Stato di garantire le libertà politiche e i diritti sociali, appare allora come l’unico fondamento della democrazia, che si intende a sua volta come “democrazia sociale” o come “democrazia di massa”. La sovranità del popolo non può significare altro se non la sottomissione dei governanti alla volontà e ai valori della maggioranza popolare che li ha eletti.
Per il 4 dicembre sarà fondamentale una forte partecipazione popolare al voto, che ponga un freno, con il NO, agli effetti disastrosi di una politica tutta sbilanciata a difesa degli interessi economici e finanziari delle èlite dominanti.
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