di Libera Università Roma
Nel nostro soggiorno a Parigi, abbiamo passato un giorno intero all'Università «Paris 8 - Saint Denis». In quanto studenti, ci sembrava necessario capire che ruolo stessero giocando i nostri «colleghi» francesi all'interno del movimento, che tipo di relazione stessero avendo con le lotte protagoniste della battaglia contro laLoi Travaille che sta infiammando la Francia. Ancora di più, ci piaceva farlo nell'università dove hanno insegnato Foucault e Deleuze, il luogo dove si è sperimentato, dopo il '68, un modo di produzione del sapere aperto, orizzontale, libero, in cui studenti e professori potessero crescere insieme, senza gerarchie.
Appena arrivati, abbiamo immediatamente percepito quanto lo stato d'emergenza si faccia sentire pesantemente nei luoghi della formazione: perquisizioni all'ingresso dell'università e securitè presente in modo massiccio in ogni angolo dell'ateneo.
Un dato da non tralasciare: come ci hanno detto gli student* che abbiamo incontrato, queste limitazioni della libertà personale (nonchè dell'autonomia dell'università) sono state una delle molle principali che hanno fatto scattare la mobilitazione.
Un dato da non tralasciare: come ci hanno detto gli student* che abbiamo incontrato, queste limitazioni della libertà personale (nonchè dell'autonomia dell'università) sono state una delle molle principali che hanno fatto scattare la mobilitazione.
Dentro l'università si respira un'aria completamente diversa: si sente di trovarsi in un luogo in mobilitazione permanente, dove la creatività, la liberazione del sapere e l'organizzazione studentesca hanno preso il posto dell'organizzazione «normale» della vita universitaria, che pure prosegue (le facoltà, tranne quella di Filosofia, non sono bloccate al momento, le lezioni continuano). Su ogni muro, infatti, campeggiano scritte di ogni tipo (dagli slogan del movimento, alle rivendicazioni studentesche, a forme di creatività libera ed ironica), in ogni facoltà fioriscono aule autogestite, in cui studiare insieme, autoformandosi, e immaginare proposte di azione per i giorni successivi, da discutere poi in assemblea generale.
Qui si parla delle prossime mosse da attuare, sia a livello universitario che cittadino che nazionale, in connessione con le altre anime del movimento. In quella a cui abbiamo partecipato noi (presenti circa 200 persone tra student* e professor*), ad esempio, è stato deciso di bloccare le elezioni che si sarebbero tenute questa settimana, in quanto non rappresentative della stragrande maggioranza degli student* (vota circa l'8% degli aventi diritto, più o meno come alla Sapienza...).
Dopo essere intervenuti e aver portato solidarietà al movimento, abbiamo fatto un giro per l'università, accompagnati da una studentessa bolognese in Erasmus a Parigi (siamo tutt* migrant*!). Ancora aule occupate (a filosofia si studiava un testo di Deleuze, a cinema si parlava di come i film potessero raccontare e influenzare i movimenti, a partire dal successo di «Merci Patron», film simbolo della Nuit Debout) e muri parlanti rendono le facoltà vive, attive. La stessa vitalità l'abbiamo ritrovata nel corteo interno a cui abbiamo partecipato, non prima di aver mangiato uno scadente hot dog da un simpaticissimo venditore arabo tifoso del PSG e di Marco Verratti. Un corteo colorato e comunicativo, ma determinato che prima è andato nelle aule a richiedere il voto unico a 15 (su 20), così da consentire a chi volesse di partecipare alle mobilitazioni senza perdere gli esami, per poi girare a lungo per le facoltà, ingrossandosi parecchio, fino ad arrivare davanti alla presidenza per contestare il rettore, responsabile di una stretta repressiva nei confronti del movimento.
La giornata, già di per sè lunga ed emozionante, ha avuto il suo culmine con l'assemblea pubblica di lancio del corteo del giorno dopo, in cui, sotto uno striscione che recitava «Nè carne da padrone, nè carne da manganello. Contrattacco!», oltre a molti studenti dei licei di periferia e di altre università, sono intervenuti lavoratori di ogni genere, rendendo visibile quella convergenza delle lotte che è la bandiera e la forza di questa mobilitazione. Ci teniamo a ricordare tra gli altri, per l'alto valore simbolico, l'intervento dei portuali di Le Havre, che hanno detto «ogni volta che uno studente sarà arrestato, bloccheremo il porto». Quando si dice la solidarietà! E tutti gli interventi erano sullo stesso tono, solidale e complice nella lotta. Anche noi abbiamo dato il nostro contributo, rimarcando che, vista l'analogia dei problemi giovanili a livello europeo (precarietà, bassi salari, poca possibilità di partecipare alle decisioni), anche le lotte devono convergere, per essere più efficaci possibili.
Finita l'assemblea, abbiamo avuto modo di parlare con una studentessa di Paris 1 (la Sorbona), che ci ha raccontato, tra le altre cose (pubblicheremo l'intervista integrale a breve), di voler tentare di collegare le università con la Nuit Debout facendo le lezioni in piazza, mentre gli studenti di Paris 8 ci hanno detto di voler organizzare eventi simili nel quartiere di Saint Denis, adiacente all''ateneo, una vera e propria banlieu, lasciata nella povertà e nella marginalità dalle politiche governative. Ci sembra un modo straordinario e innovativo di ripensare il ruolo sociale dell'università: sempre immersa nella città e nei suoi problemi, sempre volta a mettere a disposizione i saperi che produce per cercare delle soluzioni in grado di garantire il benessere a tutta la comunità.
Con la sensazione di aver imparato molto di più in quel giorno che in tanti noiosi esami studiati su testi di 25 anni fa, al crepuscolo lasciamo l'università, promettendo agli studenti che ci avevano accompagnato di rivederci il giorno dopo, al corteo. Sapevamo però che la giornata non era ancora finita: a Republique le assemblee delle commissioni continuavano, e poi era in programma una festa in piazza. C'era ancora da passare una Notte In Piedi, e non avevamo alcuna intenzione di perdercela.
Articolo e foto tratte dal sito della LUR
Fonte: dinamopress.it
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