La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 6 giugno 2016

Sono libero, la minoranza Pd sa dire solo Nì. Intervista a Pippo Civati

Intervista a Giuseppe Civati di Francesco Cancellato
È il 6 maggio del 2015 quando Giuseppe Civati detto Pippo decide di lasciare il Partito Democratico e fondare Possibile. Finalmente, dicono sia i sostenitori, sia gli avversari, estenuati entrambi da mesi di polemiche, distinguo, voti contrari a provvedimenti del governo. Sbaglia, rimbrottano invece quelli della (delle) minoranza (minoranze) del Pd: «Civati è un solista, ha sempre fatto così, per noi è più importante restare dentro il partito per costruire un’alternativa» ci spiega uno di loro.
Civati, chi aveva ragione? Tu o loro?
"Non rimpiango la scelta di aver lasciato il Pd. Mi sento coerente e libero. Criticare il referendum e votare si per scuderia di partito non mi piace. La minoranza Pd sostiene il governo, non ha mai votato in dissenso, non ha una linea politica dichiarata.
Nonostante questo, succedono cose come lo scontro, violentissimo, tra Cuperlo e Franceschini. La gente si chiede come mai. Ora è difficile, per loro, giustificare un No alle urne. È la politica di chi dice Nì, la politica degli atteggiamenti e dei distinguo."
Quella per cui sei stato accusato quando ancora eri nel Pd? Ricordi la battuta di Spinoza di quel periodo? «Pare che Civati stia per fondare un suo gruppo. I Two Direction»…
"Avevano ragione, dovevo risolvere la questione molto prima. Ho aspettato troppo, perché speravo ci fosse la volontà di costruire un’alternativa all’interno."
E invece…
"Invece non si capisce nulla, né dentro né fuor il Pd. I tuoi interlocutori a volte sono all’opposizione a volte sostengono l’alleato di turno di Renzi. Dura fare un alternativa con Giuliano Pisapia, che un giorno vuole costruire un’alternativa a sinistra e il giorno dopo sostiene Beppe Sala."
A proposito di amministrative, voi di Possibile non ci siete…
"Non ha senso esserci."
Come mai?
"Perché si sta riducendo tutto a una dialettica su Renzi che non spiega nulla e riempie le pagine di giornale. Non spiega cosa succede alle amministrative, che sembrano essere una propaggine del referendum sulla riforma costituzionale. Che a sua volta è stato trasformato in una specie di anticipazione delle prossime elezioni politiche. A loro volta, un referendum su Renzi."
Parliamone, allora, di cosa succede. 
"Parliamo di economia. Di riforme che dovevano essere “epocali” e si sono rivelate sterili, montagne che hanno partorito topolini. Tutte a debito, peraltro."
Beh, da sinistra ti dovrebbero piacere le riforme a debito, no?
"Insomma. Se vuoi fare il keynesiano, fallo bene."
Spiega...
"Ci sono solo bonus. Zero progressività, zero investimenti strutturali. La strategia economica vive di sensazione, di brevissimo termine. Se fai debito per togliere a me la tassa sulla prima casa, è una stupidata. In più, non si riduce la spesa pubblica improduttiva, che era uno dei mantra della rivoluzione renziana."
Nel frattempo, le banche affondano...
"Sì ma questa è una sottovalutazione che precede l’arrivo di Renzi. Si diceva fosse un sistema bancario al di sopra di ogni sospetto, rischio e pericolo. Ora mi pare sia tutto lì, visibile. Semmai c’è un altro tema: che le scelte fatte per mettere una pezza penalizzano sempre il debitore, il consumatore, chi è in difficoltà. A rientrare in gioco, invece, è sempre chi ha grandi capitali o ottimi amici. Consob e Bankitalia sono stati imbarazzanti, nel loro venir meno a tutelare trasparenza e vigilanza del sistema. Altrettanto enorme è stata la benché minima assenza di assunzione di responsabilità."
Ma è davvero colpa della Bce, come dice il governatore di Bankitalia Ignazio Visco?
"No. E in generale, credo che cercare alibi in Europa sia un giochino che ha poco senso, ormai. A volte le indicazioni europee sono chiare e sensate, perché ci fanno rientrare in uno standard economiche sostenibili. Se scelgono una strada sbagliata, tu hai il dovere di proporre ricette migliori. Non inondare il paese dei bonus, che sono peggio delle ricette europee. L’Europa siamo noi, ma ce ne dimentichiamo troppo spesso."
Quale Europa?
"Mi piace il nuovo movimento di Yanis Varoufakis, DiEM 25. È rientrato in una logica europea, ha smesso di dire di voler uscire dall’Europa e lavora per cambiarla. E nel farlo spinge su questioni chiave: trasparenza dei processi decisionali e una nuova ricetta economica. Tutti i movimenti transanzionali europei sono importanti, comunque: Nuit Debout, Podemos."
Ecco: come mai ci sono altrove e non qui?
"Perché qui questa tensione, questa domanda di politica non trova rappresentanza."
Ci sono i Cinque Stelle…
"Sono diventati un grande partito di centro, un altro Partito della Nazione. Non hanno ricette economiche, né sociali. Non è nemmeno colpa loro: è che il sistema si è addormentato. Le larghe intese hanno costruito la forma di un singolo partito e della sua nemesi..."
Colpa di Renzi?
"No, è il lungo tramonto dell’epoca di Berlusconi. Renzi si è trovato come l’uomo vitruviano, al centro del cerchio delle larghe intese e di un sistema politico che tende a fare quadrato intorno a lui."
E voi di Possibile, invece? 
"Per noi è fondamentale la campagna referendaria. Noi ci andiamo senza rete e senza paracadute. Se va bene, si va avanti. Altrimenti dovremo aprire una riflessione. La missione è confrontarsi con una proposta programmatica alternativa che stiamo elaborando. Siamo piccoli e marginali, certo, ma è l’unico modo per riportare il dibattito ai temi."
Ce la farete?
"​C’è molta partecipazione e attenzione, e questo mi fa piacere. Il referendum non è l’Armageddon, ma è l’occasione per discutere un idea di futuro, contrapposta ad un’altra. Non dobbiamo lasciar dire a Renzi che noi rappresentiamo il passato." 

Fonte: Linkiesta 

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