di Andrea Alba
Il Municipio di Barcellona ha ordinato che il Centro di Identificazione e di Espulsione (CIE) non venga mai più riaperto. Il centro, che era stato chiuso il 5 novembre dello scorso anno per degli interventi di ristrutturazione, non ha ottenuto le licenze necessarie da parte del Municipio guidato da Ada Colau per tornare a funzionare. È chiaro che sin da ora si aprirà un contenzioso tra il Ministero degli interni e il governo del Comune guidato da Barcelona en Comú. Il consiglio comunale ha intenzione di tenere aperta la disputa col Ministero degli interni fino alla chiusura definitiva del centro, avvalendosi anche del voto contrario del Parlamento della Catalonia, visto che entrambe le istituzioni hanno espresso contrarietà alla presenza del CIE.
Ada Colau avrebbe potuto dire, come hanno fatto sia in Spagna che in Italia, che la questione del CIE non era di competenza dell’amministrazione comunale. Ma la neosindaca si è sempre detta critica verso i CIE, anche prima di diventare prima cittadina di Barcellona, nella sua azione di lotta e di militante per il diritto alla casa. Un anno fa, appena eletta, prese parte ad una manifestazione di fronte al centro in cui si chiedeva, a gran voce, la chiusura di questa struttura disumana. E in quell’occasione promise che, avvalendosi dei mezzi a disposizione del consiglio comunale, avrebbe fatto di tutto per ottenere la chiusura del centro. I CIE spagnoli, esattamente come quelli italiani, sono non-luoghi in cui il Governo rinchiude gli stranieri che saranno espulsi e rimandati nei loro paesi di origine. Nel caso specifico del CIE di Barcellona, parliamo di un centro in cui, a detta di molte associazioni ed enti sociali, l’opacità, la mancanza di condizioni igienico-sanitarie e la mancanza del rispetto dei diritti umani sono la norma.
In questi centri si mescolano donne e uomini la cui colpa è solo quella di non avere documenti, assieme ad altri stranieri che hanno commesso reati comuni.
Così adesso, il governo della città catalana, amministrato da Barcellona en Comù e dal PSC, attraverso la requesizione della licenza, metterà i bastoni tra le ruote al ministero degli Interni per la riapertura del CIE, affermando il valore universale della libertà di movimento.
Fonte: Sinistra in Europa
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