di Claudia Fanti
Che il Venezuela bolivariano attraversi una crisi senza precedenti sarebbe impossibile negarlo. Tra la crisi economica provocata dal crollo del prezzo del petrolio, la penuria cronica di beni di prima necessità, il costante aumento dei prezzi, l'insicurezza, la corruzione, il braccio di ferro sempre più estremo tra il governo del presidente Nicolás Maduro e l'Assemblea Nazionale controllata dalla destra (e ben decisa a ottenere la revoca del mandato presidenziale), lo stato d'emergenza decretato dal governo e gli onnipresenti tentativi di destabilizzazione orchestrati dagli Stati Uniti, tutto concorre all'idea di un Paese al collasso.
Ci sarà però una ragione se sono ancora in tanti, in Venezuela, a difendere la rivoluzione bolivariana, a distinguere le verità dalle mezze verità e dalle aperte menzogne che inondano la stampa di mezzo mondo, a respingere giudizi superficiali, a denunciare progetti di destabilizzazione.
Ci sarà però una ragione se sono ancora in tanti, in Venezuela, a difendere la rivoluzione bolivariana, a distinguere le verità dalle mezze verità e dalle aperte menzogne che inondano la stampa di mezzo mondo, a respingere giudizi superficiali, a denunciare progetti di destabilizzazione.
Ci sarà una ragione se religiose come quelle del Sacro Cuore di Gesù si prendono la briga di scrivere una nota in cui, in risposta alle notizie della stampa internazionale, denunciano l'accaparramento di alimenti da parte della classe imprenditoriale, la riduzione della produzione mirata a colpire il popolo che sostiene il governo, l'astio di un'oligarchia razzista e golpista smaniosa di recuperare a tutti i costi un potere di cui è rimasta priva per tanti anni. E confessano di sentirsi preoccupate, più che dalla mancanza di alcuni alimenti e di medicine, dalla «certezza che un eventuale trionfo dell'industria capitalista, per qualunque via», significherebbe «la perdita della maggiore quantità di sicurezza sociale, salariale ed educativa di cui abbiamo mai goduto» (v. Adista Documenti n. 24/16).
Ci sarà una ragione se una suora come Eugenia Russian - che, alla guida della Fondazione Latinoamericana per i Diritti Umani e lo Sviluppo Sociale (Fundalatin), di cui è presidente, non ha mai risparmiato critiche al governo bolivariano tutte le volte che è stato necessario - sottolinea come, malgrado tutte le difficoltà, i problemi e i limiti del processo, i grandi progetti sociali promossi dal governo siano stati tutti mantenuti; ricorda come la guerra economica scatenata dall'oligarchia non sia un'invenzione di Maduro; preferisce parlare, anziché di errori da parte del presidente, di nuove «opportunità di crescita» e denuncia in maniera netta manovre come quella del segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (Oea) Luis Almagro, il quale ha invocato la Carta democratica interamericana contro il Venezuela denunciando presunte minacce all’ordinamento democratico del Paese, con ciò pronunciandosi di fatto a favore di una sospensione di Caracas dall’organismo (peraltro irrealizzabile, considerando che necessiterebbe di due terzi dei voti). O come quella del presidente Barack Obama, che ha esteso per un altro anno il decreto esecutivo che considera il Venezuela «una minaccia straordinaria e inusuale alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti»: una posizione, commenta suor Russian, «che, se non fosse tanto pericolosa, risulterebbe risibile». Vi proponiamo l'intervista che ci ha concesso la religiosa.
Fonte: Adista News
Originale: http://www.adista.it/articolo/56450
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