di Serena Chiodo
Due aggressioni razziste in pochi giorni. Entrambe nelle Marche: a San Benedetto del Tronto (ne abbiamo parlato qui), e a Fermo. Le vittime, cittadini di origine straniera. Gli aggressori, italiani, di giovane età stando alle testimonianze. Emmanuel, cittadino nigeriano di 36 anni, è stato aggredito nel primo pomeriggio del 5 luglio mentre passeggiava con la compagna, nel centro cittadino di Fermo. “Scimmia”, avrebbero urlato due uomini alla donna, strattonandola e lanciandole altre offese razziste. Emmanuel avrebbe reagito: ne sarebbe scaturita una rissa. L’uomo sarebbe stato colpito più volte anche con un paletto della segnaletica stradale e, una volta a terra, picchiato ripetutamente.
Soccorso dalle forze dell’ordine e dall’ambulanza, Emmanuel è stato ricoverato in condizioni disperate. “I medici stanno aspettando le ore 20 per dichiarare la morte celebrale”, ci ha spiegato nel pomeriggio di ieri al telefono Don Vinicio Albanesi, coordinatore del progetto di accoglienza gestito dalla Fondazione Caritas In Veritate, nell’ambito del quale Emmanuel e la compagna erano ospitati, da otto mesi, nel centro “Il seminario”.
Soccorso dalle forze dell’ordine e dall’ambulanza, Emmanuel è stato ricoverato in condizioni disperate. “I medici stanno aspettando le ore 20 per dichiarare la morte celebrale”, ci ha spiegato nel pomeriggio di ieri al telefono Don Vinicio Albanesi, coordinatore del progetto di accoglienza gestito dalla Fondazione Caritas In Veritate, nell’ambito del quale Emmanuel e la compagna erano ospitati, da otto mesi, nel centro “Il seminario”.
Scappati dalla Nigeria insieme alla compagna a causa delle violenze del gruppo terroristico Boko Haram, Emmanuel e la compagna hanno attraversato il Niger, la Libia, il mare. Per le percosse subite durante il viaggio, la donna, che al momento della traversata del Mediterraneo si trovava in stato di gravidanza, ha perso il bambino una volta arrivata in Italia. Nel nostro paese erano riusciti a raggiungere Fermo, dove proprio don Vinicio lo scorso gennaio li ha uniti in matrimonio: una funzione religiosa priva di effetti civili, poiché i due erano ancora in attesa del permesso di soggiorno. Questa è la storia di Emmanuel e della compagna che avevano cercato protezione nel nostro paese. Un diritto che la cieca violenza razzista ha loro strappato via.
“È stata una provocazione gratuita, a freddo – ha affermato don Vinicio in una conferenza stampa, in cui ha annunciato che la Fondazione Caritas In Veritate si costituirà parte civile “nella veste di realtà a cui i due ragazzi sono stati affidati”. Durante la conferenza stampa, don Albanesi ha fatto anche riferimento ad alcuni ordigni esplosivi lasciati davanti alle chiese di Fermo. “Ci sono piccoli gruppi di persone che si sentono di appartenere evidentemente alla razza ariana! Fanno capo anche alla tifoseria locale e secondo me si tratta dello stesso giro che ha posto le bombe davanti alle nostre chiese”, ha affermato Don Vinicio, confermandoci telefonicamente che da gennaio a marzo sono state rinvenute alcune bombe davanti alle parrocchie della città: episodi su cui sono state avviate delle indagini.
Sull’aggressione subita da Emmanuel e dalla compagna è stato aperto un fascicolo, mentre i due aggressori, che dalle prime informazioni sarebbero legati all’ambiente ultras di estrema destra, sono stati fermati e interrogati: uno dei due, 35enne, è stato denunciato a piede libero; l’altro sarebbe invece per ora stato sentito come testimone.
Per Chymiary, la compagna di Emmanuel, è stata diagnosticata una prognosi di cinque giorni. Non abbiamo saputo assicurare a lei e al suo compagno la protezione che cercavano. Emmanuel è morto. Il minimo che possiamo fare ora è non lasciare Chymiary sola: che le sia riconosciuta dal nostro paese subito la protezione che aveva richiesto; che questo ennesimo omicidio razzista sia punito.
Fonte: Cronache di ordinario razzismo
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