di Geraldina Colotti
Lesbia Yaneth Urquia aveva 49 anni. Lascia due figlie e un figlio e un’ondata di rabbia e rimpianto. Era un’ambientalista del Copinh, il Consejo Civico de Organisaciones Populares e Indigenas de Honduras, la stessa organizzazione a cui apparteneva Berta Caceres, uccisa 4 mesi fa. Lesbia Yaneth, una riconosciuta leader comunitaria è stata ammazzata nella città di Marcala, ai confini con il Salvador, nel dipartimento di La Paz. I sicari le hanno spaccato la testa a colpi di machete. Il corpo dell’ambientalista, che era uscita da casa per fare un giro in bicicletta, è stato ritrovato in una discarica.
Come di consueto, il governo cerca di accreditare la tesi della lite in famiglia o di un’ aggressione a scopo di rapina (la bici da corsa) o di estorsione. Il Copinh, invece, accusa i militari e le imprese multinazionali, contro cui Lesbia, come Berta, era entrata in conflitto.
“La morte di Lesbia Yaneth costituisce un femminicidio politico che cerca di far tacere le voci delle donne che con coraggio e valore difendono i propri diritti contro il sistema patriarcale, razzista e capitalista”, dice il comunicato del Copinh. Dal 3 marzo, quando venne ammazzata Berta Caceres, il Copinh chiede giustizia per l’attivista, che pochi mesi prima aveva ricevuto il Premio Goldman, il massimo riconoscimento mondiale per i difensori dell’ambiente. Urquia organizzava la resistenza indigena e contadina contro la costruzione di un’impresa idroelettrica nel dipartimento di La Paz.
Domani è prevista una consultazione popolare promossa dal popolo lenka e dal Centro Hondureno para la Promocion del Desarrollo Comunitario (Cehprodec) in merito al progetto idroelettrico che il governo ha autorizzato all’impresa della vicepresidente del Congresso, Gladys Aurora Lopez, e del marito Arnold Castro. Lunedì scorso, nella città di Marcala si era svolta una iniziativa pubblica appoggiata dalle Nazioni unite: per informare i popoli indigeni e afrodiscendenti sul diritto a essere consultati per i progetti di sfruttamento dei propri territori. Lopez e Castro avevano chiesto al presidente honduregno Juan Hernandez di sospendere la consultazione di domani che – secondo alcune rivelazioni giornalistiche di fonte Onu – aveva infastidito molto la vicepresidente del Congresso.
L’uccisione di Lesbia viene quindi interpretata dagli attivisti come un avvertimento dei poteri forti in vista della consultazione di domani. “Riteniamo responsabili diretti di questo assassinio – scrive il Copinh – il governo di Juan Hernandez, le forze militari e poliziesche e tutte quelle istituzioni di governo che devono proteggere le difensore e i difensori dei diritti umani e dei beni comuni, e parimenti la signora Gladys Lopez e suo marito Arnold Castro per essere causa permanente di minaccia e conflitti dovuti alla costruzione di progetti idroelettrici nel dipartimento di La Paz”.
Come per l’omicidio di Berta Caceres, il Copinh ha organizzato una squadra multidisciplinare per indagare in modo autonomo su questo nuovo assassinio: che porta a 115 gli ambientalisti ammazzati in Honduras negli ultimi decenni. Per sindacalisti, ambientalisti e giornalisti la situazione è sempre più drammatica dopo il colpo di stato militare messo a segno contro l’allora presidente Manuel Zelaya, e istruito dagli Usa il 29 giugno del 2009.
Il liberale Zelaya stava per firmare un decreto per la restituzione delle terre ai contadini, e avrebbe voluto organizzare un referendum per l’adesione all’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli delle nostre Americhe, ideata da Cuba e Venezuela. In prospettiva, la decisione avrebbe svincolato l’Honduras dalla tutela dei grandi gruppi multinazionali e dalla presenza militare Usa, che ha nel paese la base di Palmerola – una delle più importanti in America latina, ulteriormente rafforzata nel 2015.
Dal 2009, il movimento di alternativa ha pagato prezzi salati, ma ha continuato a crescere e a rafforzarsi anche a livello elettorale. Alle presidenziali del 2013, nonostante brogli e violenze, Xiomara Castro (moglie di Zelaya), che ha rappresentato il Partito della Libertà, ha totalizzato il 29% contro il 34% del vincitore, l’attuale presidente di centro-destra, Juan Hernandez, del Partito nazionale. L’Honduras, secondo paese del Centroamerica più esteso dopo il Nicaragua, è tra i più poveri, corrotti, insicuri e diseguali della regione.
In questi giorni, migliaia di studenti universitari sono in agitazione contro gli alti costi e la militarizzazione degli atenei, e chiedono la liberazione dei compagni arrestati con pesanti accuse. Le misure repressive contro gli studenti sono state fortemente criticate anche dall’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni unite.
Fonte: Il manifesto
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