di Green Report
Dopo la preghiera comune del 31 luglio di cattolici e musulmani nelle chiese di mezza Europa, è ancora più chiaro che aveva ragione lo psicanalista Roland Gori quando il 21 luglio, intevistato da Pauline Graulle suPolitis, diceva che il presidente francese François Hollande aveva sbagliato, dopo la strage di Nizza, a dichiarare guerra a uno Stato Islamico/Daesh francese/europeo che probabilmente non esiste, se non nella cooptazione mediatica di “cani sciolti” e o in cellule disperate che niente hanno a che fare davvero con i milioni di musulmani francesi o europei, così come con i terrorismi politici europei avevano poco a che fare con le masse.
Secondo Gori, bisognerebbe essere molto più prudenti e i media hanno una grossa responsabilità nel diffondere false convinzioni: «Participano alla star académisation dei passaggi e dell’atto criminale, per certi versi immotivati – nel senso quasi psichiatrico del termine – realizzati da personalità più o meno patologiche che non hanno nessun rapporto personale con le loro vittime». Qusto non vuol dire che tutti questi atti siano commessi da psicopatici o psicotici, «Alcuni sono autenticamente politici, altri appartengono al fanatismo “religioso”, altri ancora alle reti “mafiose” che hanno fatto del terrorismo l’occasione per nuovi affari redditizzi».
Secondo Gori, bisognerebbe essere molto più prudenti e i media hanno una grossa responsabilità nel diffondere false convinzioni: «Participano alla star académisation dei passaggi e dell’atto criminale, per certi versi immotivati – nel senso quasi psichiatrico del termine – realizzati da personalità più o meno patologiche che non hanno nessun rapporto personale con le loro vittime». Qusto non vuol dire che tutti questi atti siano commessi da psicopatici o psicotici, «Alcuni sono autenticamente politici, altri appartengono al fanatismo “religioso”, altri ancora alle reti “mafiose” che hanno fatto del terrorismo l’occasione per nuovi affari redditizzi».
Insomma, i massacri di Chalie Hebdo, dell’ipercasher e del Bataclan sono rivestiti dell’ideologia reazionaria del fondamentalismo islamista, la strage di Nizza o gli atacchi di giovani fuori di testa a un treno in Baviera o a un povero prete in una chiesa nel nord della Francia sono un’altra cosa, anche se alla fine palano tutti al “ventre molle” dell’Europa, destabilizzano, esasperano e favoriscono le tensioni inetercomunitarie,
Gori dice che «L’ideologia è spesso un “macchinario” che permette a buona parte del mondo di “funzionare” e di colmare il vuoto dell’esistenza. Non basta sopprimere i “macchinari” per far scomparire l’uso che ne facciamo. Ma ci sono delle macchine più pericolose delle altre, è di quelle che ci dobbiamo preoccupare prioritariamente per sapere quali bisogni le hanno fatte nascere e perché oggi trovano il “personale” per farle girare. «Alora che fare?», chiede Politis. «Trattare politicamente il problema e non reagire immediatamente all’emozione – risponde Gori – Andando nella direzione dell’emozione, della vox populi, Hollande firma le dimissioni della politica e questo è molto grave. La politica non è seguire le ondate dell’opinione pubblica terrorizzata, ma chiarire, autarla a pensare queste tragedie».
Per Gori, «Il Daesh utilizza le armi dell’avversario: i media, i video, i siti dei giovani… E’ la sua forza, ma anche la sua debolezza, perchè questo porta i terroristi a rivendicare degli atti provenienti da personalità poco “ortodosse” e che quindi agiscono in contraddizione con i loro valori portanti. L’arcipelago “terrorista” trae la sua forza dallo sparpagliamento, dalla sua moblità, dal suo carattere proteiforme e opportunista, ma col tempo potrebbe diventare la sua debolezza. Come ogni arcipelago, rischia la dispersione, la frammentazione, l’erosione. Andate a spiegare alle popolazioni martirizzate dal Daesh – a volte amministrate con rigore e abilità, sempre con opportunismo affaristico e crudeltà estrema – che a Mossoul si gettano gli omosessuali dai balconi e che a Nizza li si trasforma in “soldati del Califfato”! Che ascoltare musica è sacrilego a Raqqa e necessario ai “soldati” per preparare la propaganda di arruolamento dei giovani! Tutte le ideologie finiscono per screditarsi per il fatto che i loro responsabili più accesi non agiscono come dicono e non dicono come agiscono. Inutile appellarsi alla ragione per «de-radicalizzare» (ho orrore di questa parola)… Bisogna mostrare ed ancora mostrare le contraddizioni. E non dimenticare, come diceva Marx, che “Essere radicaleè prendere le cose alla radice”. Allora siamo radicali!!
Per descrivere il Daesh Gori ha parlato spesso di “teofascismo” e difende con forza questa tesi: «Credo che i teofascismi siano i mostri che abbiamo fabbricato. Il nostro modello di civiltà è oggi in panne. La buona notizia è che la visione neoliberista dell’umano è agonizzante, moralmente in rovina, che non è più credibile. La cattiva notizia è che la sua agonia dura. E’ la definizione che Gramsci dava della crisi: è quando “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri”. Ci siamo. L’ideologia neoliberale dell’uomo “imprenditore”universale, guidato dalla sua ragione tecnica e dal suo interesse economico, regolato dal mercato e dal diritto occidentale globalizzato, non ha più presa tra le masse. Questo vecchio mondo le ha impoverite e le fa soffrire ogni giorno di più. Questo neoliberismo si mantiene solo con le strutture isttuzionali del potere, con gli affari interconnessi in maniera sistemica, con le politiche dei governi acquisiti a questa causa. Ma i popoli non lo vogliono più. Come alla fine del XIX secolo, come tra le due Guerre, oggi rinascono dei “movimenti” di massa nazionalisti, populisti, razzisti… che cercano disperatamente un’alternativa al mondo “liberal-universale dei diritti umani dell’uomo-del progresso- della ragione” di questa “religione del mercato” agli interessi della quale si sottomettono i cittadini e i popoli. Ma loro non la vogliono più. Oggi siamo governati, come diceva Camus, da macchine e fantasmi. In questo chiaroscuro, sorgono tutte le angosce. Angosce del caos, dell’annientamento reciproco, degli incendi universali. Sorgono anche tutte le miserie, economiche, simboliche, dl declassamento, dell’invisibilità. Infine, tutte le passioni generate dall’dio e dalla paura. Dove Hollande ha ragione, è che c’è un rischio di dislocazione. Non solo della società francese, ma in diverse regioni del mondo e in particolare dell’Europa. E’ da aqueste faglie sismiche che emergono il Daesh, i populismi, i razzismi, il FN (Front National, ndr) e consimili…».
La Graulle fa notare a Gori che così mette tutto sullo stesso piano, ma lo psicanalista risponde: «Vediamo emergere dei movimenti violenti, abbigliati da religione o dei marcatori comunitari o etnici, che captano la collera e la disperazione delle masse di fronte a questa crisi della gestione neoliberista del mondo. E’ sia una crisi delle pratiche neoliberali che vivono di un’economia subprime, che dei valori ormai in caduta libera di un capitalismo felice. La gente non è più “credente” in questa “religione del mercato” e le si chiede si restarne «praticante» e di accettare di soffrire l’austerità per meritare il paradiso promesso dalla tecnocrazia. Risultato: abbiamo la Brexit, della quale anche quelli che l’hanno promossa non sanno che fare! Ho detto spesso che questa emergenza del teofascismo può somigliare a quel che è potuto succedere alla fine del XIX secolo e tra gli anni ’20 e ’30 con l’emergere dei fascismi, del nazismo, dei totalitarismi, quando, di fronte alla crisi dei valori e delle pratiche liberali, le masse si sono trovate di fronte ad unasituazione politica senza solozione politica possibile. In quel momento, di fronte alle masse inerti e abbandonate, sono emersi dei movimenti di massa, guidati da minoranze audaci, violente, organizzate, capaci, in nome del nazionalismo, del razzismo, dei valori populisti più sfrenati, di controllare e inquadrare degli individui disorientati, degli individui massa. In quel che Hannah Arendt chiama il “deserto”, tutto quello che poteva legare gli esseri umani tra loro – la religione, la politica, la cultura, l’amicizia – si vedeva minacciato dalle crisi, economiche e simboliche. In questo vuoto, sicuramente diverso e relativo secondo le epoche, l’angoscia del futuro e del divenire ha portato a cercare dei ripari e delle identificazioni funzionali con i camerati di Partito che gli apparati organizzano in maniera abile e drastica. Queste rivoluzioni conservatrici sono nate dalle contraddizioni tra le idee liberali prodotte dai Lumi (fede nella ragione critica e nel progresso, emancipazione attraverso il commercio, riduzione della miseria attverso a tecnica e l’industria…) e le pratiche dei governi “liberali” borghesi (le inuguaglianze sociali,, l’infeudamento del commercio, la disoccupazione di massa, la disaffezione degli individui a dai loro legami familiari…)».
Gori dice che la destra neoliberista, come quella di Sarkozy in Francia, ha scelto come risposta la logica sicuritaria, ma ripropone comunque l’austerità che gli europei non vogliono più e questo concorre a far avanzare il peggio della politica, come quella del Daesh e delle destre estreme, che le destre neliberiste hanno scatenato. L’unica alternativa vera sarebbe cambiare il sistema economico politico, ma Gori avverte che non ci sono soluzioni immediate: «Non abbiamo il kit per cambiare civiltà. Ancora una volta, cerchiamo sempre troppo velecemente delle soluzioni di fronte a dei problemi multidimensionali che hanno una tempralità complessa. Bisogna pensare a delle misure con temporalità differenziate: può darsi che le misure sicuritarie siano necessarie, non lo sò, non correrei mai il rischio di dichiararle inutili per scela ideologica. La situazione è grave, molto più di quel che si dice. Ma se sono sicuro di una cosa è che le misure di vigilanza sono insufficienti. Non basteranno, se queste misure non sono accompagnate da un’altra cosa: delle misure autenticamente politiche, sociali e culturali. Restando al solo livello della vigilanza e della protezione sicuritaria, finiremo per cadere nella trappola del nostro nemico, cambiando insiodiosamente civilizzazione e modi di vivere. E poi non bisogna che il Daesh ci nasconda gli altri pericoli: la crescita del FN, la tentazione delle estreme, l’impaurito ritiro in noi stessi. E che il problema Daesh ci impedisca di vedere che il più grande problema è che non riusciamo a trovare un’alternativa politica che ci permetta di trasformare le frustrazioni e le collere dei cittadini in forza politica?.
«La sinistra ne è oggi capace?» domanda Politis, e la risposta è secca: «Per il momento no. Non è capace di offrire un progetto politico credibile a delle masse in collera e disperate». Per Gori «Di nuovo, ci troviamo di fronte a una crisi politica che paradossalmente le nostre istituzioni e i nostri politici si rifiutano di trattare con misure politiche, che affrontano come problemi tecnici senza cambiare logica. Risultato: impedendo il trattamento politico di una crisi politica, si precipita il popolo nelle braccia di tutti quelli che somigliano a una politica perché sono anti-sistèma! Il paragone non è esatto, ma questa situazione somiglia, se non mi si fraintende, a quel che Simone Weil descriveva della situazione della Germania nel 1932-33. Le masse cercavano altrove quel che non trovavano nei partiti tradizionali delle democrazie liberali, dei punti di appoggio per uscire dalla loro disperazione. Che sia nella nozione della comunità religiosa o etnica, o altro, la rinascita politica di queste nozoni si spiega con le fratture del sistema che condurranno, alla fine, alla sua dislocazione».
Ma così la questione religiosa ridiventa paraossalmente politica… fa notare la Graulle. E Gori fa a sua vola notare che la rinascita dell’Islamismo politico e terroristico è avvenuta sulle rovine dei nazionalismi arabo-musulmani e che quel che è più interessante e che «In mancanza di ideologie politiche identificate, il movente religioso si fa propaganda “con l’atto”, come dicevano prima gli anarchici. Le idologie avevano la tendenza a rimpiazzare le religioni, oggi le motivazioni religiose tendon a ricoprire delle ideologie. Ma le pratiche tendono a mantenersi, è sempre violenza contro coscienza, umanesimo contro barbarie, Lumi contro tenebre… ma il chiaroscuro annebbia le piste. Si cerca disperatamente il sole!»
Per Gori il lavoro che dobbiamo fare è quello di smascherare la questione politica che si nasconde dietro la religone, il comunitarismo. Questo vuol dire che «Bisogna firmare il certificato di morte del neoliberismo, urgentemente, in stato di emergenza. Che, per esempio, bisogna assolutamente ripensare la funzione dell’arte come cura o educazione, o della giustizia, della funzione politica della cultura e dell’informazione. Abbiamo avuto il “patto di stabilità”, poi “il patto per la sicurezza”, oggi occore “il patto di umanità” e, alla maniera di Zweig, approcciarsi alla libertà meno come un abitudine e più come “un bene sacro”. Concretamente, questo implica, per esempio, di favorire la “fraternità europea” cassando la tecnocrazia di Bruxelles e i suoi trattati, che mettono i popoli in concorrenza e in servitù. C’è bisogno di una “disintossicazione morale dell’Europa” diceva Zweig. A rischio di far disperare i popoli che la compongono. Se i nostri governi non sono capaci di mettere un termine a questa tecnocrazia, vedranno salire l’estrema destra in Europa e le teocrazioe altrove nel mondo».
Ma la politica sembra aver disertato il campo che era suo: prima a vantaggio della religione del mercato, oggi a profitto della società dello spettacolo. «Gli uomini politici cercano di vendere nei loro discorsi dei prodotti che permettono loro di acquisire il massino delle quote del mercato dell’opinione pubblica. Facendo questo, aggravano la crisi. Non sono credibili. “Gestiscono” le opinioni e mantengono, senza controbilanciarli, i poteri delle oligarchie e dell’economia. Dopo le emozioni terribili di queste settimane, come volete che possiamo credere sia al governo che all’opposizione? Ci manca una parola politica autentica, che possa realizzare un progetto alternativo alla miriade di movimenti autoritari, estremisti, terroristi. In breve, manca una parola politica consistente che possa contrastare la propaganda dei mostri nati dalla crisi. Ci manca un discorso vero, il fuoco sacro della politica, che entusiasma e fa venire la voglia di battersi come di sognare, di amarsi come di opporsi senza distruggersi».
Altrimenti quello che potrà avvenire è già successo, lo abbiamio già visto: «Alla fine del XIX secolo, tra il 1885 e il 1914 – spiega ancora una volta Gori – l’emergere di movimenti nazionalisti, populisti, antisemiti in Francia e in Europa spingevano sul riflusso dei valori dei Lumi, del progresso, del razionalismo. Il declino di questi valori del liberalismo filosofico favorisce l’emergere di mostri politici, come il fascismo e il nazismo. La filosofa Simone Weil spiega che, nel 1932-33, la Germania si è trovata di fronte a una crisi politica terribile e che ha vietato alla gente di risolvere questa crisi. Oggi, il divieto è minore degli ostacoli. La censura è indiretta, insidiosa, ma esiste: i nostri computer inibiscono la capacità politica di inventare delle aternative. Negli anni ’30, l’alternativa politica mostruosa è stata Hitler e il fascismo… Oggi abbiamo qualcosa di analogo col Daesh: una propaganda incoerente, un “acchiappa.tutti” ideologico, dei sentimenti confusi, una rapsodia che gioca su tutto lo spartito delle frustrazioni e del malcontento»
Ma è davvero possibile fare un’anologia tra Hitler e il Daesh? «Quel che ha fatto Hitler, inquadrando le masse e dando loro dei capri espiatori per i loro sentimenti di collera e di umiliazione, è stato dar loro delle ragioni fallaci per vivere e morire per delle illusioni di paccottiglia – dice Gori – Questo non impedisce che delle forze minoritarie, sorte dalle tenebre, possano portare alla violenza e all’annientamento. Nessuna, o quasi, delle misure sociali promesse dai nazisti sono state mantenute, il regime proprietario e le oligarchie industriali e finanziarie si sono mantenute e accresciute. Le classi sociali che avevano creduto di evitare il declino sono state parassitate. Ci sono stati milioni di morti, una nuova industria del terrore che ha reso più che mai l’umano superfluo e obsoloscente, materia prima delle tecniche di produzione. Dopo la guerra, ha soffiato un vento umanistico. Ora ha ceduto. Oggi, sentiamo di nuovo la collera e la disperazione degli oppressi. Finiremo per spegnere il sole e le stelle perché non ci versano dei dividendi, amava ricordare il mio amico Bernard Maris, citando John Keynes. Fino a quando lasceremo fare?»
La nuova politica per evitare una nuova svolta reazionaria e teofascista per Gori può fondarsi solo sulla reinvenzione dell’umanesimo: «Un’impostazione etico-politica che punta a fare “l’ontologia del presente”, come diceva Michel Foucault, per cercare di vedere quel che, in questo presente, brilla come un pericolo che la storia può illuminare. Questa è la sfida della modernità che dobbiamo affrontare: mettere l’umano al centro, in maniera concreta, particolare, non in maniera universale, ridotta alla monotonia, non in maniera omogenizzata. Oggi bisogna rileggere Stefan Zweig, soprattutto il suo libro Il Brasile , terra di futuro, dove spiega come la creazione di una cultura può nascere dalla creolizzazione dell’insieme delle particolarità culturali che la compongono. E’ l’eterogeno che rende forte. La creazione di una vera identità culturale passa per il crogiuolo di una cutura che fa fondere l’insieme – per delle leghe sottili – anche se i componenti sono umani. La politica è questa pluralità con la quale confrontarsi, non perché se ne ha bisogno come “forza lavoro” da sfruttare, ma perché è così che si crea un popolo, la sua forza e la sua storia. Dobbiamo far passare il messaggio della disintossicazione morale dell’’Europa, che deve passare attraverso la Repubblica delle Lettere, attraverso la fraternità delle culture, degli scambi, delle esperienze sensibili. Zweig ha detto che dovremmo insegnare a ogni nazione la sua storia, meno quella dei suoi conflitti con le altre nazioni, ma piuttosto quel che ognuna di loro deve oggi alle altre per quel che è. Si tratterebbe di insegnare meno le nostre vittorie e le nostre disfatte dei nostri debiti con le altre culture. Sta a noi appropriarci alla nostra maniera di quel che gli altri ci hanno apportato e che che abbiamo creato, che abbiamo, che, come scriveva Camus, “Dà una forma al nostro destino”».
Fonte: Green Report
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