La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 11 settembre 2016

Terza guerra mondiale e fondamentalismo islamico

di Alba Vastano
Dopo “Charlie Hebdo”, si parlò di 11 settembre europeo e Renzi diede subito la disponibilità per un intervento militare in Libia. La conferma la diede Hollande, dopo il 16 novembre dichiarando a Versailles “ La Francia è in guerra”. E come ogni guerra, evidenzia l’autore, “la prima vittima è la verità”. Come svelarla è “obiettivo complicato dal mutamento del quadro storico, a partire dal radicalismo islamico”. “La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione priva di spirito. E’ l’oppio dei popoli. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale.” Karl Marx
Karl Marx, più che mai attuale il suo pensiero. Nell’attuale disastro delle stragi terroristiche che colpiscono in modo strategicamente asimmetrico il Pianeta, mirando soprattutto ai Paesi in cui domina l’imperialismo occidentale, siamo tutti invitati a riflettere sull’aspetto fondante del fanatismo religioso, su qualsiasi versante esso esploda. L’Islam, inteso nella versione dell’integralismo islamico, è nell’occhio del ciclone, come elemento scatenante della guerra all’Occidente. Le religioni tutte, però da sempre,anche la cristiana che invita alla tolleranza e al perdono hanno fatto stragi di innocenti. La storia documenta i danni del fanatismo religioso in ogni “credo”. Liberarsi dalla dipendenza oppiacea, citata da Marx, che genera false aspettative fino ad essere la causa dominante persino di genocidi è un assunto che impegna i comunisti, ma che deve impegnare tutti i popoli.
Di questo, ma anche delle dinamiche scatenanti il fenomeno del terrorismo e la sua diffusione, ne parla Domenico Moro ricercatore, ex consulente della Commissione difesa della camera dei deputati, scrittore di saggi di politica ed economia, nel suo ultimo lavoro letterario “La terza guerra mondiale e il fondamentalismo islamico”.Un saggio di analisi approfondita sulla geopolitica e sull’economia mondiale, scritto in riferimento agli attacchi a “Charlie Hebdo” (gennaio 2015), di Parigi e Bruxelles (marzo 2016) con un occhio attento e critico sulla questione mediorientale.
L’autore evidenzia nel testo come la diffusione dell’estremismo islamico, sia in Europa che in Medioriente, “ è legato alla disgregazione del tessuto produttivo e sociale europeo sia al processo di destabilizzazione dell’area mediorientale e nord africana portato avanti dalle potenze imperialistiche occidentali”. Usa e Francia sono nella penna attenta del saggista che spiega anche, con approfondita analisi, come la competizione tra Usa ed Europa e Russia e Cina stia evolvendo in un’ asimmetrica e frammentata terza guerra mondiale. Dietro il nemico fondamentalista, il mostro da temere che sconvolge l’esistenza dei popoli occidentali sbandierato dai governi e dai media, c’è una vittima, la più grande forse. Quella che paga di più. È la verità. Sui rapporti tra Occidente e Islam Moro, con il suo saggio, tenta di sollevare il velo dell’ipocrisia mostrando qual è la realtà dei fatti.
Le conseguenze disastrose della distruzione degli stati laici
Dopo l’attacco a “Charlie Hebdo” il terrorismo assume quella tragica consistenza colpendo la Francia più volte e poi Bruxelles, (ndr, e poi di nuovo il 14 luglio a Nizza e più volte in Germania).Una nuova fase della guerra al terrore, iniziata da Bush, si apre, dopo l’11 settembre 2001. Cita l’autore come, dopo “Charlie Hebdo”, si parlò di 11 settembre europeo e Renzi diede subito la disponibilità per un intervento militare in Libia. La conferma la diede Hollande, dopo il 16 novembre dichiarando a Versailles “La Francia è in guerra”. E come ogni guerra, evidenzia l’autore, “la prima vittima è la verità”. Come svelarla è “obiettivo complicato dal mutamento del quadro storico, a partire dal radicalismo musulmano”.
Come si è diffuso l’estremismo islamico? Moro lo ricollega alla destabilizzazione dell’area mediorientale e nord africana per mano dei poteri imperialisti, in particolare di Usa e Francia. Non da meno l’Italia ha le sue responsabilità nel processo di destabilizzazione delle aree citate. Scrive l’autore “già negli anni ’80 i servizi segreti italiani favorirono e sostennero l’estremismo islamico nel Nord Africa contro i regimi laici che si volevano abbattere o ridimensionare”. A supportare questa dichiarazione, nel saggio c’è un chiaro riferimento alla testimonianza rilasciata alla rivista “Limes”,nel luglio 2007, da Nino Arconte, ex agente del Sismi. Viene rivelato nella pubblicazione il ruolo dell’intelligence militare italiana nell’operazione “Akbar Maghreb” per destituire Bourghiba, presidente della Tunisia e sostituirlo conBen Alì. Un intreccio complesso di relazioni .economico- politiche fra Italia e Tunisia che vedono anche l’ex premierCraxi trovare “un buon rifugio” in Tunisia sotto l’egida appunto di Ben Alì. Si affaccia in questo panorama anche la cupa ombra di Andreotti, allora ministro degli esteri (1985/1987).
Il ruolo della religione, dell’Islam e del radicalismo islamico nell’epoca della globalizzazione
L’Islam ha ormai ruolo internazionale, non si può quindi prescindere dall’analisi del ruolo della religione islamica. I media ne parlano in tutti i canali di comunicazione e se ne dibatte come se fosse “un qualcosa di dato una volta per tutte “, come se esistesse “una natura dell’Islam sempre identica a se stessa, dal Medioevo a oggi e in ogni Paese e tipologia di società”.
E non si tiene conto invece che le religioni hanno una dinamica nel corso del tempo che ne consente la trasformazione e “si declinano a seconda delle aree geografiche in cui si diffondono”. Una contraddizione con il loro prevalente aspetto metafisico si evidenzia nel loro radicarsi, dovuto all’adattamento “ai rapporti sociali e di produzione e nella capacità di offrire risposte ai problemi della vita”. La Chiesa Cattolica ne rappresenta uno dei massimi esempi. In due millenni, infatti, è riuscita indenne ad attraversare sistemi sociali infinitamente diversi, passando dal feudalesimo all’odierno capitalismo globalizzato. Pur tuttavia le tipicità di ogni religione permangono e le rendono assolutamente specifiche.
Marx ne aveva già colto il senso. Ancor prima della “sua” critica della società, infatti, si dedicò proprio alla critica delle religioni, superando l’idea meccanicistica e illuminista. Compresa l’origine della religione si supera la religione stessa con la critica della ragione e se ne deduce che “Non è Dio ad aver creato l’uomo, ma è l’uomo ad aver creato Dio a sua immagine e somiglianza” (Ludwig Andreas Feuerbach). E così Marx “L’uomo non è un’entità astratta posta al di fuori del mondo. L’uomo è il mondo dell’uomo, lo Stato, la società. Questo stato, questa società producono la religione. Una coscienza capovolta del mondo, perché essi sono il mondo capovolto”. La tesi finale a questo assunto materialistico è che l’uomo può comprendere la natura delle religioni, solo quando se ne emancipa comprendendo la natura del mondo ed emancipandosi sul piano sociale.
Ne scrive Moro ricordando anche come la celebre affermazione di Marx “la religione è l’oppio dei popoli” abbia un valore intrinseco molto più ricco di contenuti di quanto la “vulgata” comune voglia far intendere. La religione offre, come l’oppio, sollievo alle ferite in guerra, così come lenisce “le sofferenze di una umanità oppressa e umiliata”. È un’esigenza spontanea che risponde a bisogni psichici ed emotivi sulla base di esperienze vitali e materiali. Ma resta un’illusione del raggiungimento della felicità, legata a condizioni di infelicità. Per superare questo stato illusorio e superare quindi le religioni bisogna trasformare la società.
Tornando all’Islam, l’autore analizza le cause dell’ascesa del radicalismo islamico e dell’affermazione delle sue correnti fondamentaliste e jihadiste. Questo fenomeno viene spesso ricondotto, nell’opinione comune a una “natura ottusa e arretrata delle società arabe, se non alla natura violenta e intollerante dell’Islam , secondo il clichè alla Fallaci”. L’autore lo riferisce, invece, ad “un fenomeno storico e mondiale ben più ampio, che si declina in modo diverso a seconda dei contesti sociali e delle eredità storiche”. Il fenomeno dell’ascesa del radicalismo islamico, interessa oggi non solo i Paesi mediorientali, ma anche l’Occidente.
Perché il fenomeno della religione si presenta nelle forme attuali del fondamentalismo? Perché il dio è tornato in quanto lo Stato è sparito dalla società occidentale ed è sopraggiunta l’incertezza della modernità. Tale fenomeno sopraggiunto che investe tutto l’Occidente è riconducibile al fenomeno della globalizzazione dell’economia che riporta anche “alla riduzione delle funzioni dello stato nazione”. Nel testo l’autore cita in modo assolutamente calzante, in proposito, un’affermazione di Manlio Graziano “Nei Paesi avanzati il ritorno della religione sta procedendo ad un ritmo inversamente proporzionale alla credibilità dello Stato. Meno lo Stato è in grado di offrire un orizzonte di senso e di servizi sociali, più le religioni tendono a reinvestire la sfera pubblica”.
Il ruolo dell’imperialismo e la sua tendenza alla guerra
Analizzato il ruolo delle religioni, i due fenomeni che, secondo l’autore, caratterizzano “la nuova fase storica” sono “lacrisi strutturale della produzione capitalistica e la mondializzazione dell’economia”. Crisi definita dagli economisti come “stagnazione dell’economia”. Una crisi che si è rivelata planetaria e che ha accentuato il fenomeno della crescita diseguale, che rafforza il capitalismo. “Si determina quindi una spinta a modificare i rapporti di forza economici –spiegal’autore- e con essi quelli politici e militari”. A questi rapporti di forza l’Asse atlantico (Usa –Europa) e il Giappone si oppongono con gli strumenti con cui sono dominanti: finanza, tecnologia, informazione e forza militare. La controparte è formata da due colossi come la Cina e la Russia che insieme potrebbero far crollare l’egemonia Usa. La Cina sta gettando un occhio importante all’Africa “che Usa ed Europa considerano una sorta di giardino di casa propria”.
Nella zona medio orientale e Africa del Nord gli interessi delle potenze imperialiste sono esponenziali. È qui, com’è noto, che ci sono le riserve di petrolio e di gas di maggior estrazione e non meno dei tracciati degli oleodotti e dei gasdotti. “L’obiettivo delle potenze imperialiste- spiegaMoro- non è tanto quello di esercitare un controllo per sfruttare le risorse, ma può essere soprattutto quello di sottrarre un’area al controllo dei concorrenti”. Lo dimostrano le invasioni in quei territori negli ultimi anni, come l’invasione Usa del 2003, quando Saddam Hussein privilegiò le multinazionali russe ed europee. L’attacco all’Hezbollah in Libano e alla Siria di Assad è mirato ad indebolire Russia e Iran, per colpire la Cina, legatissima all’Iran.
E così anche l’attivismo della Francia in Africa (Libia, Costa d’avorio e Mali) e il comando Usa “Africom” rientrano nel piano di contrasto alla Cina per impedire che prenda accordi con i governi per l’acquisto delle materie prime dell’Africa. Sono in atto, quindi guerre economiche e “proxy war”, guerre per procura “combattute da altri per conto delle potenze maggiori in lotta tra loro. Questi altri possono andare dagli Stati clienti (Arabia Saudita, ecc.), alle compagnie militari private, alle milizie di minoranze etniche ribelli ai gruppi settari islamici, fino ai jihadisti. Gli stati falliti certo non falliscono da sé, ma vengono fatti fallire attraverso l’ingerenza occidentale. Certamente, come abbiamo più volte sottolineato in precedenza, esistono specificità religiose, etniche e socioeconomiche di questi paesi che rappresentano un terreno fertile di contraddizioni e conflitti). Tuttavia, senza l’intervento dell’imperialismo occidentale, sia in forme dirette sia in forme indirette, ben difficilmente quelle contraddizioni avrebbero determinato da sole la deflagrazione di molti stati”.
Il saggio di Moro pone moltissimi interrogativi, ma offre anche soluzioni come l’auspicato ritorno ad un nuovo internazionalismo “che riattualizzi l’internazionalismo del passato, adeguandolo alla mutata situazione”. Vuol dire anche lottare contro gli organismi sovrannazionali come la Bce, la Commissione europea e i meccanismi della valuta unica stabilita dai Trattati europei. Una lotta internazionalista contro il capitalismo, “una lotta per la pace e per l’affermazione di rapporti fra Paesi e nazioni che siano improntati al reciproco rispetto ed alla mutua collaborazione”.
Un saggio importante che solleva spesso il velo dell’ipocrisia e fa luce su scottanti verità, sommerse da false interpretazioni sulle religioni e dai giochi di potere dell’imperialismo.

Fonte: La Città futura 

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