La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 25 ottobre 2016

Vi pare così difficile da capire? No

di Giuseppe Civati
Secondo i sostenitori del «sì» fanno ridere i sostenitori del «no». Che ovviamente piacerebbero tantissimo ai sostenitori del «sì» se solo votassero «sì». Stessa cosa varrebbe alla rovescia per alcuni sostenitori del «sì» che sarebbero oggetto di dileggio se votassero «no». Tipo Briatore vota «sì»: se votasse «no», tutti a dire e a ripetere come pappagalli di Baudelaire: «Civati sta con Briatore…!». Tipo Marchionne non vota (peccato), altrimenti sarebbe per un «sì» convintissimo. Per non dire di Pera. E meno male: vi immaginate cosa succederebbe se li trovassero a un convegno con Possibile? Giù risate.
Allora, per l’ennesima volta, ricapitoliamo: per il «no» si sono schierati tutti coloro che non fanno parte della maggioranza parlamentare che ha votato «sì».
Quindi non è strano che votino «no» anche al referendum, giusto? Oppure dovrebbero cambiare idea solo per essere simpatici a quelli del «sì»? Fateci capire.
In compenso ci sono molti soggetti che hanno votato «sì» in aula che voteranno «no» al referendum: parlamentari Pd, prima una piccola avanguardia, poi Bersani e Speranza e forse Cuperlo (dipende da come va la mitica commissione, però: la Costituzione può attendere ancora un pochino). Bindi non pervenuta. Peraltro dello stesso Prodi nulla si sa: fosse entusiasta della riforma qualcuno lo avrebbe percepito. Ma niente.
Per il «no» si è schierato nelle ultime ore Monti, abbandonato da tutti gli eletti con i suoi voti, schierati al governo e addirittura alle prese con un gruppo (che non ha i numeri, peraltro) con Denis Verdini.
Monti, un po’ come Bersani e Berlusconi, è stato mollato dai suoi. Una legislatura particolare: dalla Costituente alla Riconoscente.
In compenso sono rimasti con il «sì» Alfano & Bro., Formigoni e Sacconi, i verdiniani, i senatori vicini a Cosentino e altre chicche notevoli. Tosi, per esempio, che dalla devolution è passato all’involution. Giustamente i ministri, come Lorenzin. Ovvero i capi della destra, come Lupi.
Detto ciò, vale la pena di concludere con un criterio semplice:
La sinistra dentro e fuori il Pd non vota «sì», la destra si divide tra chi è rimasto con Berlusconi e chi è andato con Renzi.
A cui aggiungerei un elemento di valutazione politica:
A parte chi sta al governo e accede al giglio magico e ai suoi petali, sostenitori del «sì» non ce ne sono molti. Ma ovviamente il trasversalismo tanto propagandato non va più bene. Ma solo perché vota «no». Votasse «sì» tornerebbe a essere bellissimo.

Fonte: Possibile 

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