Intervista a Stefano Rodotà di Angela Mauro
"Se Renzi cita spesso Calamandrei quale esempio cui rifarsi, allora si deve anche ricordare che Calamandrei diceva: ‘Quando si discute di temi costituzionali, i banchi del governo devono essere vuoti’ Ecco Renzi in questa campagna elettorale ha negato Calamandrei". A pochi giorni dal voto, Stefano Rodotà traccia un bilancio della campagna elettorale per il referendum costituzionale in questa intervista ad Huffington Post. Schierato sul no alla riforma Boschi, il professor Rodotà non fa sconti a Matteo Renzi, 'reo' di aver negato il pensiero di Piero Calamandrei, giurista fiorentino fondatore del Partito d'Azione e soprattutto uno dei padri della Costituzione del 1948, membro dell'assemblea costituente spesso citato ad esempio dal presidente del Consiglio.
Professore, tracciamo un bilancio di questa campagna referendaria ormai agli sgoccioli.
"I toni di questa campagna elettorale non sono stati sempre adeguati. Quando si discute di Costituzione e di diritti fondamentali, sostanzialmente dell’assetto istituzionale del Paese, si dovrebbe rispettare una regola non scritta: quella dell’adeguatezza. E’ qualcosa che riguarda anche l’atteggiamento del governo. Se si cita Calamandrei, allora bisognerebbe ricordare quella sua frase sui banchi vuoti del governo quando si discute di Costituzione. Vuol dire che quando si parla di Costituzione il governo non dovrebbe essere parte dell’indirizzo politico. Si dovrebbe invece cercare un terreno comune perché la Costituzione rimane ed è la regola per tutti. Il governo dovrebbe tenere un atteggiamento tale da non condizionare le scelte. Troppo tardi ma questo è un segnale più generale."
Di cosa?
"Viviamo in tempi in cui il senso delle istituzioni non è così elevato. C’è una presenza del governo e del presidente del Consiglio molto lontana da questo principio."
Con un governo così esposto, cosa può succedere dopo il voto? Se vince il no, i mercati prevedono l’apocalisse, il Financial Times scrive che 8 banche sono destinate a fallire…
"C’è stata una certa esasperazione in questa campagna elettorale. Io però credo molto nella democrazia che è fatta anche di conflitti molto forti. E guai se fossero introdotti criteri della serie ‘non esageriamo’. In democrazia si può esagerare, sempre nell’ambito di conflitti non violenti."
Pensa che lo scopo della riforma Boschi sia quello di abolire il conflitto dal gioco democratico a favore di un sistema più ‘decidente’?
"E’ questo il punto. Ma un sistema democratico deve mantenere le condizioni perché il conflitto democratico, non violento, resti un punto essenziale. Fu così anche nella discussione che ci fu nell’assemblea costituente. Tanto che allora il conflitto politico non bloccò i lavori dell’assemblea. E De Gasperi parlò solo una volta, dai banchi di deputato: non lo fece da presidente del Consiglio. E qui torno a Calamandrei. Quel senso delle istituzioni oggi non sempre lo ritrovo. Quindi, credo che tutte le previsioni di tipo catastrofico siano sbagliate: le vedo come un segno di non piena consapevolezza di cos’è un sistema democratico. Esso incorpora il conflitto, che viene considerato come qualcosa che fa andare avanti il sistema. Non è attraverso la vera o finta concordia che il sistema funziona."
Renzi dice che se cade il suo governo si torna ai governi tecnici. Agitare la paura di governi alla Monti è un buon punto della campagna del sì?
"Sono piuttosto allergico alla discussione sui governi tecnici e i governi politici perché ritengo che un gov sia sempre politico. Anche quello di Monti, voluto da Napolitano, è stato un governo straordinariamente politico, intervenuto in una situazione difficile. Tanto che Napolitano ritenne di dover dare preventiva legittimazione a Monti nominandolo senatore a vita. Questa distinzione ostentata tra politica e tecnica non aiuta la discussione. Dietro c’è una cattiva coscienza o ipocrisia."
C’è qualcosa da temere dalla vittoria del sì?
"Dobbiamo mettere nel conto che il sì sia un risultato possibile. Altrimenti viviamo in una logica di non democrazia. Io la metto da un punto di vista costituzionale. E vengo al motivo per cui sono contrario: è una riforma pessima. Si passa dall’attuale articolo 7 all’articolo 70: anche solo il linguaggio denota una mancanza di consapevolezza che si stanno indicando norme costituzionali. Se scrivendo la Costituzione, la scrivo con i criteri della legge ordinaria qualcosa non funzionerà. Sta succedendo ciò che successe con la riforma del Titolo v. Allora ci fu una forzatura, alla vigilia delle elezioni politiche perché Rutelli riteneva che quella riforma gli avrebbe consentito di ottenere il consenso leghista. Non si può trattare la Costituzione come un regolamento condominiale."
Anche la campagna elettorale italiana ha avuto i suoi attori esterni. Ieri, per fare solo un esempio, il ministro tedesco, falco dell’austerity, Schauble ha espresso il suo endorsement per il sì. Pensa possa avere un peso sul voto?
"Viviamo in un’età globale: è normale che soggetti che non appartengono allo stato nazione parlino. Perché le decisioni prese all’interno di uno Stato possono avere effetti in altri Stati. Insomma non è uno scandalo se Schauble dice la sua sul referendum italiano, come non lo è se lo dice Obama eccetera. Il mondo globale trascina con se queste conseguenze e non c’è niente di male. Al contrario, sarei sorpreso se gli altri paesi non guardassero a ciò che sta accadendo in Italia."
Abbiamo parlato molto degli attori della campagna del sì. Parliamo di quelli del no. Il M5s, suo grande sponsor alle elezioni per il presidente della Repubblica nel 2013, è stato colpito dallo scandalo delle firme false in piena campagna elettorale. Che idea si è fatto?
"Che non c’è giustificazione alcuna. Non si può dire è stato un errore. Le firme false sono un reato e dobbiamo cercare di non discutere di questi problemi facendo astrazione dal principio di legalità che non tollera eccezioni."
Cosa non ha funzionato nella campagna del no?
"Si sbaglia sempre, ma andava fatta. Il rischio dell’errore non deve indurre né al silenzio, né all’inazione. C’è stato qualche insulto che non doveva esserci, ambo le parti."
Senta, siamo agli sgoccioli di questa campagna. Altri tre giorni di iniziative e comizi, prima del silenzio elettorale di sabato. A proposito: sabato Renzi e anche Napolitano parleranno comunque ad un’iniziativa istituzionale sul Mediterraneo. E’ una violazione delle regole secondo lei?
"Non si può impedire un intervento al presidente del Consiglio, ma il problema è cosa dirà. Dovrebbe esserci del self-restraint da parte di chi ricopre ruoli diversi. Renzi dovrebbe preoccuparsi di tenere distinti i due ruoli di premier e segretario del Pd e non cambiare cappello a seconda di ciò che gli conviene. Insomma non dovrebbe usare la posizione istituzionale di presidente del Consiglio per agire come segretario di un partito."
Non resta che aspettare le urne domenica, quando l’Austria voterà per le presidenziali con un candidato di ultra-destra e a Cuba invece si svolgeranno i funerali di Fidel Castro. Segni dei tempi.
"Segni della globalizzazione, ovunque e comunque. Tutto ci riguarda, che succeda a Cuba o negli Usa. Basti pensare a come è stata usata la vittoria di Trump nel dibattito di tutti gli Stati…"
Trump vuole frenarla la globalizzazione…
"Ma la globalizzazione non aspetta che qualcuno la legittimi: va avanti per conto suo. Fin dai tempi di Diocleziano che introdusse il diritto di cittadinanza nell’impero romano.."
Fonte: Huffington Post
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