di Roberto Ciccarelli
Nel 1998 un gruppo di intermittenti dello spettacolo decise di dare una risposta a una domanda ricorrente tra gli artisti in Belgio: come ottenere un livello dignitoso di protezione sociale quando si percepiscono redditi irregolari, soggetti a ritardi? Un problema che riguarda, ieri come oggi, le professioni dello spettacolo e quelle autonome o precarie. È nata così Smart che oggi conta 75 mila soci, 12 sedi in Belgio e nove società gemelle in altrettanti stati europei: Francia, Svezia, Italia, Spagna, Germania, Olanda, Austria, Ungheria.
A gennaio si concluderà il processo di trasformazione di questa impresa sociale in cooperativa al quale ha partecipato un migliaio di persone. Smart è una delle forme del mutualismo di nuova generazione: eroga ai soci servizi di formazione e strumenti amministrativi, giuridici, fiscali e finanziari per semplificare e legalizzare la loro attività professionale.
A gennaio si concluderà il processo di trasformazione di questa impresa sociale in cooperativa al quale ha partecipato un migliaio di persone. Smart è una delle forme del mutualismo di nuova generazione: eroga ai soci servizi di formazione e strumenti amministrativi, giuridici, fiscali e finanziari per semplificare e legalizzare la loro attività professionale.
A differenza del modello dell’auto-imprenditore che spinge il lavoratore autonomo a considerarsi un’impresa e non come un lavoratore, Smart assume il ruolo di datore di lavoro nei confronti dei soci che diventano impiegati di un’impresa condivisa e per questo accedono alla protezione sociale.
Negli anni è stato elaborato, e perfezionato, un meccanismo basato sul principio della mutualizzazione: grazie all’aumento del fatturato dei soci (sul quale Smart preleva il 6,5%, in Italia l’8,5%) si finanzia un fondo di solidarietà che permette di sostenere i lavoratori sia nel caso di interruzione dell’attività o di diminuzione del reddito, o in quello di creazione di nuovi servizi. In una fase in cui la cosiddetta «uberizzazione» del lavoro si sta espandendo, la durata del lavoro è sempre più determinata e frammentata e le condizioni di accesso alle tutele sociali e previdenziali tendono a restringersi sempre di più, questo modello creato dagli artisti, e oggi esteso a molti altri lavori come quello dei «bikers» di Take Eat Easy, si presenta come un’alternativa.
Agli esponenti di Smart, è stato rimproverato di contribuire alla precarizzazione del lavoro e di sostituire il Welfare con il loro modello. L’accusa viene respinta perché l’esistenza di una cooperativa, che continuerà a funzionare su base democratica, non sostituisce il pubblico ma costituisce un esempio per modificare il Welfare in senso universalistico, alla luce di una trasformazione generale del lavoro. Smart costituisce anche un’autodifesa, elemento determinante nella storia del mutualismo, in attesa di una riforma di tale portata.
Su questi temi il dibattito è ampio e se ne sta discutendo anche a New York dove, in questo fine settimana, si è svolta un’importante conferenza sul «platform cooperativism», la nuova cooperazione sulle piattaforme digitali, animata dal ricercatore Trebor Scholz.
Giunta al terzo anno di vita Smart Italia può contare su 490 soci, prevalentemente artisti di teatro, cinema, musica e danza. Con l’associazione Acta ha anche siglato un accordo per gestire le committenze complesse dei freelance. «Il fondo di garanzia fornisce liquità a tasso zero per pagare i soci. È un mutualismo di secondo livello che permette ai soci belgi di aiutare gli italiani a tutelare i loro diritti – sostiene Giulio Stumpo di Smart Italia – La trasformazione in cooperativa sarà una sfida per creare una nuova economia partecipativa e democratica in Europa».
Fonte: il manifesto
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