La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 9 aprile 2017

La bufala di Trump

di Piero Maestri
Per provare a comprendere e commentare quanto sta avvenendo negli ultimi giorni in Siria pensiamo possa essere utile partire da due dati incontrovertibili: in primo luogo, negli ultimi due anni i bombardamenti aerei condotti dalle forze del regime e dall'aviazione russa hanno provocato decine di migliaia di morti, sopratutto civili, in zone raramente controllate da Daesh; d'altra parte è un dato altrettanto inconfutabile che il 95% circa dei morti di questi sei anni di conflitto in Siria sono stati provocati dal regime di Assad e dai suoi alleati (russi, iraniani, Hetzbollah e milizie irachene).
In secondo luogo, quello di due giorni fa da parte delle forze statunitensi è il bombardamento numero 7.900 circa: dopo questi raid avvenuti contro obbiettivi vari, le cui vittime sono sopratutto civili e sporadicamente postazioni di Daesh, si tratta del primo raid statunitense in Siria che abbia come obbiettivo una istallazione militare di Assad, lontana da qualunque centro abitato e con risultati definiti "fallimentari" dalle forze russe (in un gioco di mosse e contromosse propagandistiche evidente).
Non dimentichiamoci anche che in questo periodo le forze statunitensi e alleate non hanno mancato di bombardare regioni dell'Iraq, con l'ennesimo carico di morti civili, come sempre nel nome della "guerra al terrorismo"; così come sono stati fatti attacchi aerei come copertura delle operazioni delle forze curde contro postazioni di Daesh.
L'indignazione a scoppio ritardato o strabica, in gran parte in malafede, è un'arma spuntata e certamente non aiuta né la comprensione del conflitto in corso, né tantomeno aiuta a costruire iniziative contro la guerra e per la libertà e la giustizia in Siria.
L'attacco missilistico statunitense avviene dopo alcuni giorni dall'ennesimo crimine compiuto dalla forze del regime siriano che ha provocato la morte di almeno un centinaio di persone a Khan Shyouk, vicino a Idlib. Riguardo a questo crimine del regime di al-Assad, non c'è bisogno di scomodare la psicanalisi per comprendere o peggio ancora negare la scelta dell'utilizzo di armi chimiche e non convenzionali (perché l'uso di barili bomba non è poi meglio di bombardamenti chimici). Banalizzare la questione domandandosi "pensate che Assad sia così folle da bombardare il suo stesso popolo?", oppure "perché avrebbe dovuto farlo?" è un modo per spostare l'attenzione da una realtà evidente a chi voglia davvero vederla: da una parte le armi chimiche e non convenzionali sono state usate in molti casi e con diverse modalità (dai gas italiani in Etiopia a quelli di Saddam contro i curdi; dal bombardamento Nato delle fabbriche chimiche jugoslave all'uso di uranio impoverito in Iraq e non solo, al largo impiego di fosforo bianco nei bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza... e così via); d'altro canto l'uso di armi chimiche è solamente la punta dell'iceberg dei bombardamenti terroristici compiuti dal regime e dall'alleato russo contro la popolazione siriana.
La scelta di usare o meno armi chimiche non dipende dalla "malvagità" o dalla "follia", ma dalla possibilità di farlo all'interno del contesto di un conflitto che non segue la rotta che sembrava ormai decisa dopo la "liberazione" di Aleppo.
Nelle ultime settimane si sono moltiplicate le perdite e i problemi per le forze del regime in seguito ad una ripresa dell'offensiva delle forze dell'Esercito siriano libero e altre forze islamiste. Il regime di Al-Assad ha bisogno di consolidare il suo controllo del paese, colpire le aree dove è stata concentrata parte della popolazione evacuata dalle zone riconquistate dal regime e allo stesso tempo mandare un messaggio ad alleati e "nemici", testandone la reazione. Non un'azione disperata, ma sicuramente il segno che non tutto va come vorrebbero gli strateghi di Damasco (e Mosca).
Il bombardamento statunitense della base aerea di Shayrat, voluto da Trump e dai suoi consiglieri militari non ci pare rappresenti un cambio a 180° della strategia statunitense in Siria e medioriente, per quanto abbia superato i limiti che si era data l'amministrazione Obama (anche come forma di propaganda di una presidenza in difficoltà su molti fronti politici e istituzionali). Sia per le modalità con cui è avvenuto, che per le immediate rassicurazioni in merito a un attacco definito sporadico e che si "spera di non dover ripetere", e ancora per il momento particolare di un'operazione fatta durante la visita del presidente cinese Xi Jinping negli Usa, è lecito pensare più ad un messaggio trasversale che all'inizio di una escalation.
Trump ha voluto avvertire la Russia e la Cina che nella vicenda siriana gli Usa sono ben presenti e che di loro devono tenere conto per qualsiasi soluzione politico-militare della regione. E soprattutto che questa modalità di condurre le trattative da parte statunitense potrebbe riproporsi in altri scenari - per cui Russia e Cina devono modulare le loro azioni su tale consapevolezza (con la dichiarata preferenza di Trump di affrontare le varie questioni in maniera separata e bilaterale).
Quindi un attacco "bufala", non perché non sia avvenuto, ma perché non sembra essere motivato con gli argomenti utilizzati invece dalla propaganda dell'amministrazione...
La reazione tutto sommato moderata della Russia e della Cina non pare essere motivata dal timore di un'escalation che si vuole evitare, quanto dalla consapevolezza che di un messaggio politico si tratti e che a quello si deve rispondere. I comunicati cinesi di queste ore ribadiscono in questo senso la consueta politica estera cinese: volontà di arrivare a soluzioni negoziate ad alto livello tra Cina e Usa; non interferenza negli affari politici di un altro paese (privilegiando l'intervento economico e diplomatico); attenzione a ciò che accade nei mari della Cina per evitare di farsi schiacciare e quindi per proteggere il proprio commercio internazionale.
Tutto questo non ci pare lo scenario di una nuova guerra fredda, quanto di una competizione tra forze globali che usano i diversi mezzi a loro disposizione (politici, economici e militari) in dosi differenti ma all'interno di una impossibile egemonia unilaterale (altro che "torna il gendarme mondiale" come titola con malcelata eccitazione autoerotica Vittorio Zucconi).
Riguardo a coloro che avevano salutato l'elezione di Trump come un segnale della sconfitta della "globalizzazione" e dei padroni del mondo e le multinazionali, non vale più di tanto la pena soffermarci: si tratta di posizioni ridicole (pensiamo alla vignetta di Apicella, molto apprezzata dagli "antimperialisti" nostrani), che si accompagnano a quelle di chi vede nel duo Putin-Assad una sacrosanta resistenza all'imperialismo Usa...
Ma non è sulla base di queste posizioni ridicole che gran parte di quello che fu il (defunto) movimento per la pace ha raggiunto il più profondo abisso di degrado morale e politico. Questo è dovuto alla totale assenza di iniziative e mobilitazioni riguardo al conflitto siriano, non fosse altro che per sostenere le esperienze della società civile in opposizione ad Assad. Svegliarsi oggi con roboanti comunicati contro l'attacco statunitense è decisamente immorale e politicamente indecente. Molto meglio continuare a rimanere in silenzio...
Per questo non ci interessano nemmeno le solite grida "dove sono i pacifisti?". Per noi questa è ormai una categoria inutile e inesistente, che non riesce a raccontare le mille iniziative di questi anni - piccole, magari isolate, senza particolare visibilità o risonanza mediatica o politica - che hanno tenuto in vita gruppi siriani e chi li ha sostenuti, schierandosi decisamente con le ragioni della rivoluzione siriana senza in alcun modo sostenere i gruppi jihadisti e contro la guerra criminale del regime e dei suoi alleati.
Una posizione a cui da sempre abbiamo provato a dare il nostro contributo politico e di idee, e che ci vedrà schierati anche in questi giorni.
Per schierarsi oggi con decisione contro la politica militare statunitense - che non solo non aiuterà il popolo siriano (e tantomeno i gruppi che ancora provano a resistere e praticare forme di autogoverno...) sulla cui pelle verranno fatti nuovi accordi e spartizioni, ma provocherà altri lutti e contribuirà a rendere ancora più difficile ogni soluzione politica e di pace - è necessario essere molto chiari sull'opposizione alla politica criminale di Assad e dei suoi alleati, sostenendo tutti i gruppi dell'opposizione democratica siriana.

Fonte: communianet.org

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