di Giulia Lizzi
All’interno di una realtà in cui spostarsi, inteso sia mentalmente che fisicamente, è all’ordine del giorno, il tema dei flussi migratori è uno dei più delicati da trattare in quanto è difficile approcciarsi ad esso in modo oggettivo e razionale. Parlando degli immigrati, spesso le ideologie e talvolta i preconcetti del singolo individuo prevalgono sui dati oggettivi e statisticamente dimostrati. Molte volte, sentendo parlare della crisi migratoria, vengono analizzate le cause che portano milioni di persone ad intraprendere i “viaggi della speranza” e la percezione che dei profughi hanno gli abitanti dei cosiddetti paesi ospitanti. D’altro canto, poche volte sono state diffuse e capite con consapevolezza indagini relative ai vantaggi e agli svantaggi che gli immigrati hanno sui sistemi economici dei paesi in cui approdano.
Molte ricerche sono state condotte a proposito, una delle quali riguarda nello specifico l’Italia, una delle nazioni d’ingresso più coinvolte nei processi migratori.
Secondo il Rapporto Annuale sull’Economia dell’Immigrazione, uno studio realizzato dalla Fondazione Leone Moressa e patrocinato dall’OIM Roma e dal Ministero degli Affari Esteri, gli stranieri sono una risorsa soprattutto per il Nord Est, in cui le imprese da loro condotte producono il 6,4% del PIL del territorio. Nello studio della fondazione si legge testualmente che “nel 2014, nonostante la crisi, gli immigrati hanno mantenuto un livello di occupazione elevato rispetto alla popolazione generale italiana. I lavoratori stranieri, che rappresentano oggi circa il 10% di tutti i lavoratori in Italia, contribuiscono per un valore aggiunto pari all’8,8% della ricchezza nazionale totale”. Come se non bastasse, InfoCamere, società che gestisce archivi pubblici camerali tra cui il Registro Delle Imprese, ha evidenziato come le imprese nate per iniziativa di cittadini extracomunitari siano in costante aumento, con riscontri positivi sull’economia nazionale.
Secondo il Rapporto Annuale sull’Economia dell’Immigrazione, uno studio realizzato dalla Fondazione Leone Moressa e patrocinato dall’OIM Roma e dal Ministero degli Affari Esteri, gli stranieri sono una risorsa soprattutto per il Nord Est, in cui le imprese da loro condotte producono il 6,4% del PIL del territorio. Nello studio della fondazione si legge testualmente che “nel 2014, nonostante la crisi, gli immigrati hanno mantenuto un livello di occupazione elevato rispetto alla popolazione generale italiana. I lavoratori stranieri, che rappresentano oggi circa il 10% di tutti i lavoratori in Italia, contribuiscono per un valore aggiunto pari all’8,8% della ricchezza nazionale totale”. Come se non bastasse, InfoCamere, società che gestisce archivi pubblici camerali tra cui il Registro Delle Imprese, ha evidenziato come le imprese nate per iniziativa di cittadini extracomunitari siano in costante aumento, con riscontri positivi sull’economia nazionale.
Non solo nel panorama italiano, ma anche e soprattutto in quello europeo, diversi studi hanno dimostrato gli effetti positivi delle recenti migrazioni. A pronunciarsi è stato in primis il Fondo Monetario, che si riferisce dell’arrivo dei rifugiati e al boom delle migrazioni come a una vera e propria “iniezione di forza lavoro”. Secondo l’FMI, nello specifico, le migrazioni attuali contribuiranno il prossimo anno lo 0,13% al tasso di crescita del PIL delle 28 nazioni dell’UE.
L’agenzia Bloomberg, multinazionale americana operativa nei mass media, ha annunciato che “entro il 2020 ci vorranno 42 milioni nuovi europei per sostenere il sistema pensionistico e di welfare del Vecchio Continente”. Ed è proprio questo ciò che ci interessa ed è più facile da intuire: se la popolazione della maggior parte dei paesi europei, Germania in capo alla lista, continua a diventare “superaged”, ci sarà sempre più bisogno di nuova forza lavoro per contrastare il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione. Un’efficace politica d’immigrazione potrebbe dunque contribuire a sfruttare positivamente l’aumento della manodopera qualificata tipica dei flussi degli ultimi anni.
L’OCSE, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico, ha spiegato come negli ultimi dieci anni gli immigrati abbiano riempito il 70% di tutti i nuovi posti di lavoro creati in Europa. Inoltre, sempre secondo l’organizzazione, “gli immigrati pagano più tasse e contributi previdenziali di quanto non ricevano dal welfare nazionale, questi ultimi nella forma di sussidi di disoccupazione, pensioni, o altre prestazioni sanitarie”. Ed è proprio questo ciò che gli studiosi chiamano surplus dell’immigrazione, ovvero la situazione per cui l’arrivo di immigrati favorisce da una parte la domanda di beni e servizi, e dall’altra aumenta il numero di lavoratori richiesti e assunti dalle aziende. Alla fine dei conti dunque, i flussi migratori sono associati nel lungo periodo ad una maggiore crescita economica.
A questo punto, la riflessione si sposta inevitabilmente sull’operato del sistema politico e su quanto i governi dei singoli stati siano disposti ad investire, perché abbiamo spiegato che di investimento si tratta, nel processo di assimilazione culturale e lavorativa degli immigrati. Così, il sistema economico entra in stretta relazione con quello sociale e politico, che si sa, più che su studi e dati reali, è spesso guidato da percezioni emotive tutt’altro che razionali o economiche. E forse il vero peccato è siamo tutti caduti nella stessa trappola, noi compresi dall’inizio di questo articolo, di considerare gli immigrati come problema o risorsa, e non come semplici esseri umani.
Fonte: Sconfinare.net
Originale: http://www.sconfinare.net/?p=29195
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