di Valentina Orazzini
Il governo francese ha presentato un progetto che cambierà completamente il mondo del lavoro e che avrà conseguenze disastrose sulle relazioni industriali.
Gli obiettivi sono chiari: più flessibilità, smantellamento della contrattazione collettiva e indebolimento delle organizzazioni sindacali.
Dall’annuncio del governo la Cgt e altre associazioni - prime tra tutte quelle studentesche che si sono già mobilitate in massa - hanno lanciato una petizione che ha raggiunto un milione di firme in una settimana aggiudicandosi già il record della petizione da sempre più firmata in quel paese. Il 9 marzo si è tenuta una giornata di mobilitazione – con centinaia di manifestazioni cui hanno partecipato milioni di persone – che sarà replicata il prossimo 31 marzo; un percorso di lotta che è già riuscito a ottenere un rinvio di due settimane della discussione parlamentare.
Disastrose le conseguenze per i lavoratori e nella società di questa riforma di legge: è chiaro che si tratta soltanto di un processo in continuità con altri paesi sotto misure di austerità che consiste nell’incrementare la competizione tra lavoratori in un contesto di già grave ineguaglianza.
Qui di seguito, in pillole, la riforma.
Aumento dell’orario di lavoro per gli impiegati
Già oggi la Francia è l’unico paese d’Europa con un “pacchetto lavoro” che consente che il lavoro sia definito su base settimanale e non quotidiano senza dare quindi reali protezioni da eccessivi carichi quotidiani o sulla durata prolungata dell’orario ed è il motivo per il quale la corte europea per i diritti umani ha emesso 4 sentenze contro la Francia cancellando 11 accordi di settore chiedendo al governo di assicurare il rispetto delle normative europee. Questo sistema che oggi copre il 50% degli impiegati e il 13,50% dei lavoratori comporta una media di 46,30 ore di lavoro settimanale con un grave impatto sulla salute e sulla vita personale.
Con la riforma prevista dal governo il sistema diverrebbe ancora più flessibile, le aziende con meno di 50 dipendenti non avrebbero bisogno di nessun accordo sindacale per applicare il “pacchetto lavoro”, le 11 ore obbligatorie di distanza tra un turno e l’altro rimarrebbero ma possono essere frazionate in contrasto con gli standard europei e il dirittto alla disconnessione. Inoltre le responsabilità del datore di lavoro su salute e sicurezza salterebbero non essendo più il datore di lavoro responsabile nel caso in cui il dipendente non decidesse di prendere il tempo di riposo quotidiano previsto.
Tempo di lavoro calcolato in 3 anni
Attualmente per non pagare gli straordinari dopo le 35h i datori di lavoro possono modulare il calcolo su un periodo più lungo, un anno con accordo sindacale (sopra le 1.607 ore per anno) e sul mese in caso non ci sia un accordo sindacale ( sopra le 151,60 ore).
Con la riforma, se il datore di lavoro avesse l’accordo del sindacato potrebbe estendere il periodo fino a 3 anni. In caso non ci sia accordo il calcolo sarebbe mensile a eccezione delle piccole medie imprese che potrebbero vedere la base di calcolo sulle 16 settimane
Lavoro a chiamata
La Francia era stata condannata dalla corte europea per i diritti umani che prevede che il tempo di attesa per il lavoro a chiamata non sia considerato orario di riposo.
Se passa la riforma il tempo di attesa potrebbe essere considerato tempo di riposo.
Apprendistato minorile
Oggi gli apprendisti minori di 18 anni non possono eccedere le 8 ore per giorno e le 35 per settimana a meno che non ci sia un accordo preventivo dell’ispettorato del lavoro.
Con la riforma gli apprendisti minorenni possono raggiungere le 10 ore di lavoro al giorno e le 40 settimanali con la sola decisione del datore di lavoro.
Il minimo diritto alla disconnessione rimandato al 1 luglio 2017
Il 75% degli impiegati sono attualmente connessi al loro lavoro anche fuori dal posto di lavoro e dell’orario stabilito, il 50% dei manager lavora durante il giorno di riposo e il 30% non si sconnette mai. La Cgt ha fatto una campagna durata 2 anni con l’introduzione nella contrattazione il diritto alla disconnessine per le aziende che usano strumenti digitali.
Con la riforma il diritto alla disconnessione è riconosciuto con standard minimi. Sarà parte delle negoziazioni collettive sulla qualità della vita lavorativa. Nelle aziende con più di 300 lavoratori la questione sarà introdotta nelle carte aziendali senza negoziazioni e senza obblighi e anche queste minime disposizioni non sarebbero effettive prima di luglio 2017.
Decentramento della contrattazione collettiva: gerarchia delle fonti
La legge nazionale è attualemente il fondamento al quale non si può andare in deroga se non con accordi di maggior favore.
Con la riforma la gerarchia è invertita e gli accordi aziendali prevarranno su quelli di settore anche quando saranno peggiorativi e su molti aspetti la legge non darà più standard generali ma rimanderà ad accordi di secondo livello.
Utilizzo del referendum
Fino a oggi un accordo è valido solo se firmato da organizzazioni sindacali che rappresentino almeno il 30% dei voti ricevuti nelle elezioni e da organizzazioni che siano rappresentative del 50% e gli accordi firmati hanno il carattere dell’ultrattività.
Da domani un accordo aziendale potrà essere firmato solo da un sindacato che rappresenti il 50% degli addetti. Se rappresenta solo il 30% allora può essergli richiesto di organizzare un referendum tra i lavoratori, se l’accordo viene votato allora è valido e le altre organizzazioni non potranno opporsi. In più l’accordo avrà una validità limitata - 5 anni - e alla fine del periodo dovrà essere rinegoziato.
Il livello di gruppo per bypassare gli accordi collettivi, di settore e aziendali.
Attualmente i livelli contrattuali riconosciuti dalla legge sono:
-quelli inter-professionali ( o intra-settoriali) che sono eventualmente trasposti in legge a livello nazionale
- di settore
- aziendali o di stabilimento
gli accordi di gruppo sono possibili ma senza precise regole di negoziazione e criteri di rappresentatività. Non possono sovradeterminare accordi di settore o aziendali.
Con la riforma tutti i livelli pianificati di contrattazione (senza eccezioni) potrebbero essere ricondotti a un livello di gruppo. Gli accordi rimpiazzerebbero tutti gli accordi aziendali. In questo modo viene offerta ai datori di lavoro la libertà di scegliere il livello di maggior favore per la contrattazione.
Ricatto occupazionale generalizzato
Oggi in caso di difficoltà economiche, il datore di lavoro può solo negoziare con il sindacato accordarsi per il mantenimento dell’occupazione a fronte di una riduzione del salario o dell’aumento dell’orario di lavoro per 5 anni. Se il lavoratore rifiuta l’applicazione di questo tipo d'accordo allora può forse essere licenziato per motivi economici. Il rischio per il datore di lavoro è di veder contestato il motivo economico in sede giudiziale e dover perciò pagare una pesante compensazione.
Con la riforma nuovi tipi di accordi possono essere conclusi con la finalità di mantenere la “preservazione del posto di lavoro” o per “sviluppo di lavoro”. Non sarà quindi più limitato alle motivazioni economiche e il datore di lavoro potrà ridurre le garanzie contrattuali (salario, orario). Se un lavoratore rifiutasse le modifiche contrattuali sarà licenziato per motivi personali. Questa nuova disposizione garantisce procedure più sicure per i datori di lavoro e sarebbero impossibili da contestare in sede giudiziale. E non rispetterebbe l’articolo 158 della convezione dell’Ilo.
Legalizzazione di licenziamenti ingiusti
Fino a oggi quando il tribunale per il lavoro giudica un licenziamento ingiusto senza reali motivi e serie cause condanna il datore di lavoro a pagare una compensazione al lavoratore. La compensazione è determinata rispetto al pregiudizio sul lavoratore, prende in considerazione l’età la situazione del lavoratore e la sua possibilità di trovare un altro lavoro e fissa un tetto minimo di 6 mesi di salario.
Da domani per tutti i lavoratori con meno di 5 anni di anzianità, la compensazione massima sarà di 6 mesi di salario, il massimo della sentenza sarà di 15 mesi per un lavoratore con più di 20 anni di anzianità limitando il ruolo della corte.
Esuberi economici con ancora più facilità
Attualmente un licenziamento per motivi economici è valido solo in caso di chiusura, riorganizzazione necessaria al mantenimento della competitività, cambiamenti tecnologici e motivi economici. Se l’azienda fa parte di un gruppo, la realtà di queste difficoltà sono verificate a livello di gruppo e non a livello locale.
Se la riforma del governo passerà, un calo nelle vendite o nel numero degli ordini di pochi mesi giustificherà un esubero economico. Di più la verifica delle condizioni del gruppo si limiterà al perimetro francese dell’azienda anche se il settore a livello di gruppo è molto profittevole al livello europeo e di gruppo.
Come si può vedere questo sarebbe un grande balzo indietro per il mondo del lavoro in Francia.
La organizzazioni sindacali francesi più rappresentative si oppongono alla riforma e la rigettano.
A oggi secondo i sondaggi il 70% dei cittadini francesi sono contrari.
Fonte: Fiom Cgil
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