di Nicola Vallinoto
Il vertice europeo con la Turchia di lunedì 7 marzo ha dispiegato i suoi effetti a meno di 24 ore dalla sua conclusione. Alla mezzanotte di martedì 8 marzo Slovenia, Croazia e Serbia hanno chiuso le frontiere interrompendo la rotta balcanica e sancendo la fine del canale umanitario che si era aperto nel cuore dell'Europa e che aveva visto passare migliaia di persone in fuga dalle guerre.
Nell'accordo tra UE e Turchia hanno vinto il cinismo e l'egoismo dei governi nazionali. Sebbene i dettagli dell'accordo verranno definiti nel Consiglio europeo di metà marzo le linee generali sono state già delineate. Appare chiaro che l'UE pagherà la Turchia per fare il lavoro 'sporco' con l'installazione di enormi “campi di concentramento” fuori dai confini europei. Sei sono i miliardi di euro chiesti dalla Turchia per questa operazione e il bello è che i leader europei non hanno ancora chiesto in cambio alcuna garanzia per i diritti umani e la libertà di stampa.
L'UE non è in grado di dare una risposta al problema dei flussi migratori e preferisce esportare la propria incapacità fuori dai propri confini. Il vertice con la Turchia ha sancito la visione egoista dei paesi di Visegrad: la chiusura della rotta balcanica richiesta da alcuni paesi ora diventa una scelta condivisa dai 28 paesi riuniti nel Consiglio europeo. La prima conseguenza di tale decisione è la trasformazione della Grecia in un enorme campo dove stazioneranno decine di migliaia di profughi e migranti. Mentre già oggi in Grecia sono bloccati 40.000 migranti nessuna decisione è stata presa per aumentare la dislocazione dei profughi in Europa. E nessun provvedimento verrà preso per costringere i governi ad attuare il piano della Commissione da loro stessi approvato. Tale piano prevedeva la dislocazione di 160.000 richiedenti asilo. Ad oggi ne sono stati collocati appena un migliaio.
Una seconda decisione riguarda il rimpatrio di massa dalla Grecia alla Turchia dei migranti irregolari. La decisione è stata condannata da più parti. L’agenzia dell’Onu per i rifugiati l'ha definita una operazione illecita. Vincent Cochetel, direttore dell’agenzia in Europa, ha dichiarato che “le espulsioni collettive di stranieri sono proibite in base alla Convenzione europea dei Diritti Umani, quindi un accordo che equivarrebbe ad accettare il respingimento di stranieri verso un paese terzo non è compatibile con le leggi europee, né con le leggi internazionali.” (1)
L'Unione europea non può sospendere la convenzione di Ginevra, lo stato di rifugiato non può essere negato a chi lo chiede e le espulsioni collettive sono vietate. Questo ci viene detto dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE negli articoli 18 e 19.
Il vertice tra l'UE e la Turchia ha fatto gettare la maschera dei governi nazionali. La Merkel, nonostante le aperture dei mesi scorsi, ha accettato la richiesta dei paesi dell'Est di chiudere il corridoio balcanico. Renzi, nonostante le parole ai media, non ha battuto i pugni sul tavolo per ottenere garanzie dalla Turchia per il rispetto dei diritti umani e la libertà di stampa. Hollande, nonostante la Francia si presenti come un paese difensore dei diritti umani, non ha voluto allungare la mano alla Merkel per accogliere i profughi. Basti pensare che la Francia ha accettato di ospitare solo 30.000 rifugiati in due anni: lo stesso numero di profughi arrivati in Germania in due giorni e mezzo nel momento più acuto della crisi, come ci ricorda l'eurodeputato Philippe Lamberts(2). Al Parlamento europeo si sono levate molte voci critiche nei confronti dell'accordo con la Turchia. Tra queste citiamo quella del belga Guy Verhofstadt che, in modo sarcastico, ha sottolineato che “è come se gli americani chiedessero ai messicani di gestire le loro frontiere”. E continua: “Quello che stiamo facendo è dare le chiavi di entrata in Europa al successore dell’Impero Ottomano, al sultano Erdogan” e, ha aggiunto, “sarà Erdogan a selezionare su base individuale chi è un rifugiato politico e chi no”(3).
Insomma al vertice tra la UE e la Turchia hanno stravinto l'egoismo, il cinismo e la chiusura nazionalista. I governi non hanno offerto nessuno spazio alla solidarietà verso persone che chiedono aiuto all'Europa.
Come è facile immaginare non ci sono muri né fili spinati che potranno fermare la forza della disperazione di centinaia di migliaia di persone in fuga da guerre e fame. Chiusa la rotta balcanica profughi e migranti troveranno nuovi sbocchi. Le vie alternative sono già state individuate e percorse: un corridoio passa dalla Russia per arrivare fino alla Norvegia. Un altro coinvolge la nostra penisola, passa dalla Grecia e l'Albania per arrivare in Puglia dove si sposteranno migliaia di profughi come già successo una ventina di anni fa con la migrazione degli albanesi.
L'artista e attivista cinese Ai Wei Wei ha visitato il campo profughi di Idomeni dove 14.000 rifugiati attendono di poter riprendere il loro cammino verso l'Europa dopo la chiusura delle frontiere da parte della Macedonia. Wei Wei, che sta producendo un documentario sulla crisi dei migranti, ha affermato che "non si può credere che una cosa del genere succeda nel 21esimo secolo" e che succeda nel continente europeo, aggiungiamo noi. L'artista cinese mette il dito nella piaga: come è possibile che tutto questo accada in Europa, la culla dei diritti umani? E' una domanda alla quale ogni singolo cittadino europeo deve rispondere. Non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia a meno di non voler tornare a precedenti storici poco edificanti per il nostro continente. Ciò a cui stiamo assistendo non è solo la disgregazione del progetto politico di integrazione dell'Europa ma è anche e soprattutto la dissoluzione della sua stessa anima che evapora miseramente lungo la rotta balcanica. Anima che pensiamo si trovi nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea a partire dai suoi primi articoli sulla dignità umana, il diritto alla vita e il diritto d'asilo.
Le risposte per superare la crisi ci sono e non c'entrano nulla con il rimpatrio di massa e l'intervento della Nato richiamato prontamente dalle decisioni del Consiglio europeo con la Turchia.
Intanto da un punto di vista prettamente economico e sociale il continente europeo sta invecchiando velocemente e ha bisogno disperato di milioni di giovani e di forza lavoro. In un recente rapporto del ministero dell'Economia si evince che in Italia il saldo tra versamenti all'Inps e prestazioni ricevute dagli immigrati è di 5 miliardi di euro. Grazie a questi contributi 600.000 italiani ricevono la pensione. Lo stesso discorso vale anche per gli altri paesi UE.
Per mantenere un equilibrio tra il numero dei lavoratori e quello dei pensionati l’Europa necessita dell’apporto di un numero crescente di giovani, che può venire solo dall’immigrazione. Secondo una previsione della Commissione europea(4), mentre oggi in Europa ci sono circa quattro persone in età lavorativa per ogni pensionato, nel 2060 ce ne saranno solo due. Secondo un calcolo di un giornalista di Bloomberg(5) l’Unione Europea avrà bisogno di circa 42 milioni di immigrati entro il 2020 e di circa 257 milioni entro il 2060 per mantenere gli anziani del Vecchio continente.
Quindi nel breve periodo la scelta migliore non è quella di pagare la Turchia per organizzare enormi “campi di concentramento” ma di usare quei soldi per accogliere i profughi e organizzare il loro arrivo tramite corridoi umanitari come stanno facendo la Comunità di S.Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e la Tavola Valdese con un progetto pilota, primo nel suo genere in Europa, che vuole evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo ed impedire lo sfruttamento dei trafficanti di uomini che si approfittano di chi fugge dalla guerre. Lunedì 29 febbraio sono arrivati i primi 93 profughi siriani direttamente in aereo: un esempio da seguire a livello europeo.
Nel medio e lungo termine l'Europa deve fare due cose: una interna e una esterna. La prima riguarda la democratizzazione delle sue istituzioni necessaria a riconquistare il consenso dei cittadini europei verso l'idea europea in calo continuo come vediamo a ogni elezione europea ed anche nazionale. Per fare ciò occorre ritornare al grande progetto della Federazione europea pensato e lanciato da Ventotene durante la seconda guerra mondiale. La seconda, non meno importante della prima, riguarda il contributo europeo per combattere il terrorismo e pacificare il Mediterraneo. Per fare ciò l'Europa deve farsi promotrice di una conferenza per la sicurezza e la cooperazione nel Mediterraneo – sul modello della conferenza di Helsinki che avviò la distensione tra Est e Ovest – con la partecipazione di tutti gli Stati della regione e delle grandi potenze. Solo la conquista della pace nel Mediterraneo può creare le condizioni per l'arresto dell'imponente flusso migratorio, per un piano di sviluppo per l'Africa e il Medio Oriente, per la formazione di un mercato euromediterraneo e per la ripresa della primavera araba.
(4) The ageing report 2015, European Commission, http://europa.eu/epc/pdf/ageing_report_2015_en.pdf
Fonte: Europa in movimento
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