di Giuseppe Sedia
La Commissione di Venezia boccia la Polonia sulla riforma del Tribunale costituzionale. All’inizio dello scorso febbraio alcuni delegati della commissione si erano recati a Varsavia su invito del ministro degli Esteri polacco Witold Waszczykowski per valutare una possibile violazione delle regole dello stato di diritto in Polonia. Il verdetto della Commissione guidata da Gianni Buquicchio è stato adottato in sessione plenaria dopo ore di estenuanti trattative nella Scuola Grande di San Giovanni Evangelista.
Una decisione che condanna, in primo luogo luogo, l’operato del partito di destra Diritto e giustizia (PiS), fondato dai fratelli Kaczynski, ma anche quello del precedente governo di centro-destra, targato Piattaforma civica (Po). Esito questo che sembrava già scritto la settimana scorsa quando il quotidiano Gazeta Wyborcza aveva pubblicato alcuni frammenti della bozza. Il PiS si era poi appigliato a questa fuga di notizie, giudicata inopportuna dalla stessa commissione, per chiedere invano un rinvio del verdetto a giugno.
Quasi certo dell’esito, lo stesso Waszczykowski non si è nemmeno recato a Venezia. Si tratta di una batosta già annunciata per il PiS, consapevole ormai di essersi dato la zappa sui piedi, chiedendo il parere di un organo che può contare tra i suoi membri anche gli Stati uniti, tradizionalmente alleati del PiS. Alla decisione della Commissione di Venezia dovrebbe seguire una risoluzione simbolica del Consiglio d’Europa.
I falchi del partito sanno bene che con il deteriorarsi del rapporto tra Washington e Varsavia sarà difficile chiedere una maggiore presenza Nato in territorio polacco o stracciare l’obbligo di visto per i propri connazionali che si recano negli Usa. L’unico a sorridere del progressivo isolamento diplomatico della Polonia potrebbe essere Putin.
Intanto il conflitto tra i poteri dello stato ha raggiunto livelli intollerabili. «I membri della corte possono incontrarsi quando vogliono e ordinare un espresso o un biscottino», aveva commentato il numero due alla Giustizia Patryk Jaki in merito alla convocazione del Tribunale costituzionale che si era riunito mercoledì scorso per deliberare sulla riforma del proprio organo.
In particolare, il tribunale ha espresso un parere negativo sul provvedimento che richiede la presenza di almeno 13 membri su 15 in aula e una maggioranza di due terzi nelle decisioni della corte. I magistrati hanno contestato l’assenza di una vacatio legis sul provvedimento votato in tempi record dal PiS. Forti preoccupazioni sono state espresse anche sull’obbligo di programmare lo svolgimento delle singole udienze secondo criteri meramente cronologici.
«Il tribunale non ha il diritto di deliberare su un provvedimento del governo», ha continuato a ripetere come un mantra nei giorni scorsi il ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro. È la seconda volta in pochi mesi che il PiS decide di non pubblicare una sentenza della corte sulla gazzetta ufficiale. Lo scorso dicembre il governo della premier Beata Szydlo si era rifiutato di stampare un verdetto che richiedeva la reintegrazione di tre membri della corte eletti durante il governo del Po.
La credibilità del governo polacco è destinata a vacillare ancora di più in sede Ue, visto che Bruxelles si prepara a tornare alla carica ad aprile per proporre con più decisione le sue raccomandazioni al governo di Varsavia. Anche sulla riforma votata dal PiS che garantisce al Ministero del tesoro un potere incontrollato sui media pubblici.
Fonte: il manifesto
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