di Tiziana Barillà
Falsità ideologica e riciclaggio. Non ha nemmeno finito di pronunciare la frase con cui annunciava la sua candidatura alle presidenziali del 2018, che l’ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva si è visto arrivare addosso lo scandalo. Le accuse della procura di San Paolo si collocano all’interno nell’ambito della maxi inchiesta brasiliana, battezzata “Lava Jato”, per frode contro la compagnia petrolifera di stato Petrobras. Tra i 16 denunciati, oltre a Lula, ci sono anche la moglie e uno dei figli, Fabio Luis, ritenuti beneficiari di un immobile di lusso (216 mq su tre livelli) a Guarujà, sul litorale di San Paolo. I magistrati sospettano che l’immobile sia stato acquistato da Lula con tangenti pagate dall’azienda petrolifera statale Petrobras e che la proprietà sia stata occultata con un prestanome. Lula nega, continuando a smentire di essere mai stato proprietario dell’appartamento. E urla al golpe, dicendosi vittima di accuse che hanno solo motivazioni politiche.
L’apice della tensione è stato raggiunto all’alba del 4 marzo, quando la polizia brasiliana ha fatto irruzione a casa dell’ex presidente: dopo la perquisizione, lo ha prelevato e lungamente interrogato. Tre ore di interrogatorio, dopo di che Lula è stato rilasciato. Poi, ieri, la richiesta di custodia cautelare da parte del procuratore Cassio Coserino. «La verità è che Lula aveva visitato la proprietà in questione, aveva dato soldi e, poi, se li è fatti restituire perché non era più convinto. Quella casa quindi non è di sua proprietà», ha dichiarato il suo avvocato. La proprietà è della OAS, una gigantesca impresa di costruzioni accusata di aver pagato tangenti nello scandalo Petrobras. «È necessario che le inchieste proseguano perché alla fine venga sanzionato chi deve essere sanzionato», ha commentato la presidenta Dilma Rousseff, ricordando che «bisogna sempre esigere il rispetto della legge e dei diritti di tutti gli indagati». Mentre si attende di capire se sarà di nuovo portato nelle prossime ore a Curitiba per essere interrogato dallo stesso giudice Sergio Moro. Per le strade di San Paolo si susseguono i tafferugli tra manifestanti a favore e contro Lula.
In Brasile – e non solo – cresce il sentore che Lula sia vittima di una campagna denigratoria, al solo scopo di «far deragliare la sua candidatura nel 2018 e di fermare il progetto popolare-democratico avviato nel 2003 in Brasile». I sindacati brasiliani hanno lanciato una campagna internazionale – #LulaValeALuta – in sostegno di Lula, su chimata dell’Unione Cut e dell’International Trade Union Confederation.
Il testo del Manifesto pro Lula
Il testo del Manifesto pro Lula
Sin dall’inizio del sentiero contro la dittatura militare di fine 70 e per la ridemocratizzazione del Brasile, il nome di Luiz Inácio Lula da Silva è diventato un esempio di determinazione, un simbolo della lotta e della giustizia per la classe operaia e, soprattutto, per i più poveri.
Alla guida di scioperi storici, che hanno minato le fondamenta del regime militare, e affrontando le persecuzioni e gli abusi della polizia, Lula ha sempre dimostrato discernimento e serenità nell’andare avanti, traendo il meglio di ciascuno e di tutti per costruire un nuovo tempo, contribuendo alla fondazione della Cut, del Pt e alla lotta per le libertà democratiche.
Gli anni passavano e il leader metallurgico, divenuto presidente della Repubblica, ha messo in piedi due governi considerati da tutti i punti di riferimento della crescita economica, con la valorizzazione del lavoro e la redistribuzione del reddito.
Avanzando rapidamente i miglioramenti sociali, il Pil brasiliano ha raggiunto il settimo posto nel mondo. L’aumento reale del salario minimo durante il governo Lula è stato del 53,6%, oltre 15 milioni di nuovi posti di lavoro sono stati creati e 40 milioni di brasiliani sono stati sottratti alla povertà.
Durante il suo governo, più di 6 milioni di lavoratori domestici – storicamente emarginati nella nostra società – hanno avuto riconosciuti i propri diritti.
Con determinazione, Lula ha investito sull’integrazione latinoamericana, sul rafforzamento dei legami con i Paesi africani e sul consolidamento di relazioni internazionali più eque, accogliendo a braccia aperte i rifugiati, rafforzando l’autodeterminazione dei popoli, attivando relazioni efficaci senza dispotismo e sottomissione, tenendo ferma la bandiera della comprensione e della convivenza pacifica in un mondo in guerra.
Di fronte a questi fatti, denunciamo la sordida e spensierata campagna mossa dai settori conservatori che usano il potere giudiziario e i media per perseguitare l’ex presidente e la sua famiglia. Sono gli stessi che hanno sostenuto la dittatura e ogni sorta di governo contro la sovranità e la democrazia, e adesso vogliono macchiare la sua rilevante figura per far deragliare la sua presenza nella scena politica nazionale e attuare la regressione neoliberale, privatistica e di esclusione.
Poiché abbiamo fiducia nell’esemplare sentiero di Lula e sappiamo che i suoi beni sono completamente compatibili con i suoi guadagni, alziamo la nostra voce affinché i golpisti non abbiano più chanche.
Fonte: Left
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