La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 21 marzo 2016

Luther Blisset è vivo

di Roberto Ciccarelli 
Luther Blisset non è un’avanguardia artistica o politica. Ha fatto appello al desiderio di una vita singolare. Di solito l’avanguardia si mette alla testa delle masse, fonda partiti e misura la vita con un goniometro: qui c’è la sinistra, dall’altra parte c’è la destra. E finisce con il vestire l’abito del profeta del nulla. Luther Blisset non ha mai creduto alle parole e ai profeti. Non ha mai atteso l’Evento, ha fatto la parodia degli eventi. Il suo non era disincanto, ma l’evocazione di una cospirazione diffusa che sollecitava i miscredenti a credere almeno in una vita. Quella di tutti, quindi anche la propria. 
Seppuku
Lo racconta lui stesso – o meglio, la sua manifestazione romana – quindici anni dopo il “seppuku” realizzato poche ore prima dell’inizio del secondo millennio. Il suicidio era stato programmato nel 1994 quando a Bologna il primo nucleo del nome multiplo decise che il quinquennio successivo sarebbe stato dedicato alla “guerra psichica”. 
Lo fu anche per il nodo romano che ha prodotto un libro amaro, esilarante, duro con se stesso, i prossimi, i venturi e l’epoca arida. Si racconta il Luther Blisset Project a Roma 1994-1999 (Raveup Books). La testa del Luther bolognese fu tagliata da Wu Ming che in cinese significa “senza nome”. Il Luther romano disse che anche il suo nome non era esistito. E continua a moltiplicarsi. Perché, in fondo, Luther Blisset è una pratica. Non è proprietà di nessuno.
Qualunque
Luther Blisset è una singolarità qualunque. Giorgio Agamben riprese questo antico concetto nellaComunità che viene del 1990 e mi piace pensare che l’abbia adottato dopo il dialogo radiofonico con Luther Blisset su Radio città futura. Il nastro, ovviamente, è introvabile, ma nel libro c’è una traccia che porta a questa conclusione. 
Non tutti possono diventare singolarità qualunque, né possono usare questo nome. Un fascista che organizza una beffa non può chiamarsi “Luther Blisset”. Non è blissettiana la notizia falsa razzista, omofoba, di cui è piena la fogna della rete. L’esodo dall’identità non lascia sguarnito il nome. Il nome esprime una posizione inconciliabile con l’uso indiscriminato del linguaggio. Perché Luther Blisset è nato? Perché odiava il postmoderno. 
“L'essere che viene: né individuale, né universale, ma qualunque – scrive Agamben. – Singolare, ma senza identità. Definito, ma solo nello spazio vuoto dell'esempio. E, tuttavia, non generico né indifferente”.
Cinismi
Agamben riferiva il “qualunque” all’affermazione dell’Idea. Credo, invece, che Luther Blisset sia nato per affermare un uso quotidiano della verità. Questo materialismo emerge nel libro che raccoglie materiali e atti di processi del memorabile quinquennio romano. In una delle testimonianze raccolte emerge il riferimento chiave: ai filosofi cinici. La carica sovversiva, mai riconciliata, insofferente di Luther Blisset trova qui la sua verosimile origine. 
I cinici sono stati i primi teorici della provocazione, dello scandalo, della virulenta e inclassificabile denuncia di un modello di vita completamente diverso. Avvertivano la polis – la “metropoli” nel lessico del Luther Blisset romano – di un pericolo. Si esprimevano attraverso aneddoti e fatterelli, non miti o vicende epiche che creano la “Storia”. 
È la filosofia cinica il costante riferimento delle “singolarità qualunque”: le beffe, i detournement, la successiva teoria della guerrilla marketing, la continua provocazione, le feste sugli autobus e gli attacchi psichici contro l’anagrafe, l’essere punk e bruciare in pubblico la propria carta d’identità, gli insulti e le risse provocate ad arte vanno intesi come un appello disperato e ingegnoso a sperimentare un modello di vera vita e a cercare un mondo nuovo nel regno del falso: dove tutto è recita e messo a valore nel mondo dei capitalisti personali.
Parresia
L’elemento cinico è ricorrente nelle avanguardie artistiche del Novecento. C’è nei racconti dellohumor noir dei surrealisti, in alcuni momenti nella permalosa e confusa vicenda dei situazionisti. Torna anche in Luther Blisset che coltiva molte pratiche dei situazionisti – ad esempio la “deriva psicogeografica” – ma finisce per abbandonare quell’antico tracciato: le loro pratiche sono diventate parte del sistema a cui sfuggivano. 
La provocazione è accompagnata sempre dalla pratica della parresia: “La libera e coraggiosa attività di alcuni che si fanno avanti, prendono parola, cercano di persuadere, dirigono gli altri – scriveva Foucault – con tutti i rischi che ciò comporta”. A Luther Blisset non basta dire “questo è vero” perché qualcuno ci creda. Anzi. Nella società dello spettacolo, dove la vita è ridotta al simulacro, quando indichi un oggetto con un gesto ostensivo puoi essere certo che tutti intenderanno qualcos’altro. 
Luther usa il linguaggio dominante e crea un’evidente anomalia, rende reale l’incredibile. Non ha un linguaggio, lo ricombina dentro la macchina per portarla fuori strada. Il suo è un intrattenimento infinito, ogni oggetto si presta a questo uso. L’obiettivo è fare rinascere il meraviglioso dalla banalità o dalla violenza. Così la vita diventa quella che è: esemplare.
L’atto parresiastico di Luther Blisset produce un discorso vero all’interno del falso. Questo discorso è alla radice stessa della società dello spettacolo. Se questa società può essere governata è perché esiste un discorso vero ridotto al regime del falso. Se per Guy Debord il falso era un momento del vero nella società dello spettacolo integrato, per Luther Blisset il falso è un momento della lotta politica. 
LB non è morto
Quello di Luther Blisset non è un discorso sul soggetto politico, ma sulla soggettività. Il suo stile è ispirato alla dialettica negativa di Adorno, ma mira a costruire anche un’altra vita. Può diventare parte della megamacchina, stimolandone l’esigenza di innovarsi e cambiare, ma produce anche un “fuori”.
Ecco un esempio recente: l’incredibile beffa internazionale a Ryan Air. In un momento in cui l’Europa ha richiuso le frontiere ai fuggiaschi dalle guerre in Medioriente, nel 2015 è stata diffusa la notizia che Ryan Air apre le sue rotte verso il nord Europa ai profughi privi di visto e si accolla anche le sanzioni previste per le compagnie che disattendono la direttiva europea.
A partire dalla Germania, dove la maggioranza dei profughi è diretta, la notizia è diventata vera e i giornali e le Tv se ne sono occupate. Il titolo di Ryan Air ha fatto anche un balzo in borsa. Dopo la smentita, e la rivendicazione di Luther Blisset, qualcuno ha scritto sui social: «Nessuno ha mai creduto che foste così umani». 
«L’operazione era iscritta in un modello di comunicazione che è quello tipico di Ryan Air, basato sulla provocazione e sull'attualità – ha raccontato Luther Blisset – quindi la notizia era masticabile. In più non c'erano aspetti negativi riguardanti Ryan Air. Ma l'obiettivo di questa azione, che in qualche modo festeggia il nostro ventennale, è stato raggiunto: sospendiamo per un attimo la realtà e vediamo quale altro mondo è possibile».

Fonte: doppiozero.com

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