di Anna Lombroso
E ci sono quelli che: “ma tanto io vado in vacanza in Alto Adige”, come se il mare non fosse un bene comune ma un grande liquido in riva al quale stendere il telo e aprire la sdraio, possibilmente proprio nelle domeniche del voto. E ci sono quelli che: “ma così si perdono posti di valoro”, magari quelli generosamente offerti dal Jobs Act, o quelli nelle camere a gas dell’Ilva, nei forni della Thyssen.
E ci sono quelli che: “ci preoccupiamo del nostro ambiente, ma poi perforiamo, inquiniamo, sfruttiamo altri paesi”, come se ci fosse un imperativo morale che impedisce di volere, scegliere e agire per impedire gli effetti naturali dei vecchi e nuovi imperialismi in tutti i “terzi mondi” esterni ed interni. E ci sono quelli che: “ma tanto non serve a niente, avete visto cosa è successo con l’acqua”, come se proprio questa considerazione amarissima non dovesse sollecitare a svolgere opera di vigilanza e azione di contrasto a scelte imposte tramite decretazione, voti di fiducia, plebisciti da un premier mai eletto e da un parlamento incostituzionale.
E ci sono quelli che: “è una cerimonia inutile e costosa, imposto da anime belle a nostre spese”, come se fosse casuale stabilire una data differente per le consultazioni alle porte, e come se fosse gratuito l’altro referendum, quello di ottobre, accreditato come incoronazione del piccolo napoleone.
E ci sono quelli che: “ma il quesito è mal posto, non si capisce, nel dubbio sto a casa”, come se non fosse diventato il più efficace test di verifica fare il contrario di quello che vuole obbligarci a sostenere il bullo a Palazzo Chigi, autore su suggerimento ma con protervia aggiuntiva, di alcuni dei più infami provvedimenti di cancellazione di democrazia, istruzione, territorio, lavoro, legalità, libera informazione.
E ci sono quelli che: “non voglio prestarmi a questo gioco infernale di contrapposizioni ideologiche, quando in realtà il problema è tecnico”, come se tecnica, tecnologia e scienza fossero isole romite e inviolabili dalle pressioni del profitto, del mercato, dello sfruttamento e come se non vivessimo nella colonia dove si sperimenta inimicizia, rifiuto, sospetto e conflitto per consolidare disuguaglianze e differenze.
Voglio tranquillizzarli tutti. Non è vero che siete quelli che hanno scelto l’apatia, gli indifferenti, i demotivati, gli indolenti, gli accidiosi. Al contrario, ieri avete votato eccome, vi siete espressi eccome, paradossalmente avete detto si, quasi come noi, eleggendo per la prima volta Renzi Premier, dandogli la vostra preferenza e il vostro consenso. Lo spaccone ha offerto alla maggioranza silenziosa il coraggio di essere attiva stando ferma, di dargli appoggio senza dirlo e senza mostrarlo, senza nemmeno fare la fatica di andare al seggio e senza neppure quella di dover pensare.
Vi dobbiamo un ringraziamento, da una parte ci siete voi con lui, dall’altra ci siamo noi e non siamo pochi. Da una parte ci sono i suoi figuranti immaginari, operai del Pd? E ingegneri laureati in filosofia, e lobby del petrolio, e brand della corruzione, e business del commercio di interessi opachi, e azionariati che giocano al casinò della finanza, dall’altra ci siamo noi cittadini. Da una parte c’è l’assoggettamento, la paura di un ignoto magari difficile ma forse buono, in favore di un conosciuto gramo e irresponsabile, dall’altra la seppure confusa aspirazione ad altro. Da una parte c’è chi crede alla legge della necessità, dell’ineluttabilità, della rinuncia ragionevole, dall’altra chi ha dentro la vergogna di piegarsi e la dignità di dire no, anche attraverso un si, che altri hanno incautamente reso simbolico.
Ve ne dobbiamo anche un altro di ringraziamento: ancora una volta vi siete rivelati e ci permettete di non dovere dire “noi”, accomunandoci a voi, di non dover spartire come un male e un carico comune le vostre responsabilità, a cominciare dall’incapacità di vivere e esprimere la libertà, perché è proprio vero che ci è stata regalata, che è duro mantenerla, che è arduo estenderla, che quindi non è roba per voi.
Fonte: Il Simplicissimus
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