di Grazia Francescato
Dopo il 17 c'è il 22. La risposta al mancato quorum di domenica arriverà nella 46esima Giornata della Terra, che cade appunto il prossimo 22 aprile e che è la data scelta,non a caso,dall'Onu per la ratifica dell'Accordo Cop21 di Parigi.
La firma ufficiale dei governi si dovrà obbligatoriamente tradurre in impegni concreti per garantire la conclamata transizione dall'era dei combustibili fossili a quella dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, indispensabile per tenere a bada l'impennata del cambiamento climatico. E a fare i compiti a casa saranno chiamati proprio tutti,compresi governi riluttanti come il nostro,finora in flagrante contraddizione rispetto alle promesse fatte a Parigi.
Dunque,la partita non si chiude affatto con la ghigliottina del mancato quorum che ha mutilato il referendum sulle trivelle. Certo,i numeri sono implacabili e il 32% per cento inchioda a una sconfitta che non può essere negata. Ma i 14,5 milioni di votanti e la valanga dei Sì costituiscono un patrimonio che nessuno può permettersi il lusso di sottovalutare . L'indicazione di rotta che emerge dalle urne è lampante: sì ad un diverso assetto energetico, pilastro di una conversione ecologica dell'economia e della società che è la vera posta in gioco di tutta la partita. Di quella giocata a livello locale,come di quella che si svolge nello scenario globale.
Il peso politico di questo voto non potrà dunque essere trascurato, tanto che lo stesso premier Renzi ha dovuto rispolverare la promessa di raggiungere,entro la fine della legislatura,il 50% dell'elettricità da fonti rinnovabili. Rimediando, si spera, alle scelte pro fossili sinora portate avanti dal governo che si sono tradotte in una battuta d'arresto nell'avanzata delle rinnovabili ,mettendo in pericolo il record che avevamo raggiunto (in cima alla classifica mondiale per il solare con l'8% dei consumi,seguiti da Grecia e Germania) con relativa perdita di migliaia di posti di lavoro.
Perdita su cui nessuno ha levato lamenti, tranne gli ambientalisti, i No-Triv e le associazioni di categoria. Il paradosso è che Renzi si offre di brindare con i lavoratori delle piattaforme che hanno conservato il posto di lavoro ( in realtà pochissimi,a dispetto dei numeri gonfiati forniti dal fronte dell'astensionismo) ma non si presta a bere l'amaro calice con quelli dell'eolico e del fotovoltaico che il posto lo hanno invece perso...
Un governo capace di guardare al futuro, e di prepararlo ,dovrebbe almeno essere consapevole che la transizione storica indicata a Parigi si può tradurre (e in parte sta già avvenendo) in un 'matrimonio tra ecologia ed economia' ,capace di mettere insieme le ragioni del lavoro e le ragioni dell'ambiente. Ormai sono centinaia gli studi che supportano questa tesi,a firma non solo di ecologisti ed affini,ma di economisti di rango (basti citare Sir Nicholas Stern,che già nel 2006 aveva rilevato come i costi dell'inerzia davanti al cambiamento climatico superavano di gran lunga quelli di far fronte al complesso fenomeno).
Da rottamare, appare ormai evidente,c'è dunque la politica "fossile" di questo governo,finora incapace di fare fronte ad una sfida di questa portata. Sfida che milioni di cittadini italiani dimostrano invece di aver capito, a dispetto della chiamata all'astensionismo,dell'informazione distorta e del'effettiva complessità della questione.
Questione che richiede appunto risposte complesse. La consultazione referendaria è stata solo un tassello di un ben più vasto mosaico. Per questo il 22 aprile è tanto più cruciale del 17.
Fonte: Huffington post - blog dell'Autrice
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