La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 18 aprile 2016

Umani e cervelli

di Adriano Prosperi
Si potrebbe cominciare così: un fantasma si aggira nel mondo, il cervello. E se ci appropriamo di un inizio celebre è perché quello di cui parliamo è un fenomeno che riassume in sé la più radicale svolta rispetto all’epoca e all’orientamento del Manifesto di Marx ed Engels. Allora l’attenzione era tutta rivolta ai cambiamenti in atto nei rapporti tra le classi e gli autori del ‘Manifesto’ intendevano lanciare un invito alla lotta contro la divisione sociale introdotta dalla rivoluzione industriale come rivoluzione borghese. Oggi l’attenzione prevalente ha cambiato direzione, ha voltato le spalle ai rapporti sociali e alla storia e si è concentrata sul cervello come sede dell’identità personale, luogo in cui tutto l’individuo si riassume e si concentra. Tutto il resto, dal corpo ai rapporti con l’ambiente e con gli altri esseri umani, è passato in seconda linea. Difficile fare anche solo un elenco approssimativo degli studi e delle riflessioni che vengono dedicati al cervello.
Come mostra Marco Pacioni in questo libro, tante scienze diverse affollano il campo: genetica, cibernetica, biochimica, biologia molecolare e altro ancora. Si parla ormai correntemente di neuroscienze. Interi dipartimenti universitari sono dedicati a questa branca del sapere. E ovviamente non potevano mancare i filosofi e i teologi, attirati dalle prospettive aperte dalle scienze e dalle metafisiche della vita. Al posto dell’essere vivente si è impiantato il neurovivente, al posto della vita concreta dell’individuo esposto alle occasioni del contesto c’è un’ astrazione organica e mentale: l’attività cerebrale come quintessenza della vita, qualcosa che funziona a prescindere da tutto il resto, indifferente e immodificabile dalle circostanze della vita. In questa concezione c'è coincidenza tra mentale e cerebrale. L'uomo e la donna, scrive Pacioni, " sono predeterminati, predestinati e come tali possono sviluppare soltanto ciò che hanno nel loro patrimonio genetico e cerebrale".Il libero arbitrio sparisce da questa macchina umana che procede secondo ciò che è iscritto nella scatola nera del suo cervello. Non c'è spazio per la responsabilità personale intesa in senso non solo giuridico ma morale. Inutile ricordare che anche in sede legale "brains are not held responsible, acting people are". Viene cancellata la decisiva scoperta illuministica delle implicazioni morali che reca con sé la previsione anticipata dell'effetto delle proprie azioni . Il fenomeno appare tanto più singolare se si pensa che proprio dagli studi sul cervello è emersa la scoperta dell’importanza dei neuroni specchio nel processo della comunicazione con altri esseri viventi. Eppure, osserva Marco Pacioni, mentre i neuroni specchio “ ci fanno comprendere che l’umano (e l’animale) è in una rete interna ed esterna complessa” e ci offrono “ unatraccia che ci consente di capire la costellazione che gli esseri umani formano e intessono”, si tende piuttosto a considerarli come “mera causa neurobiologica dell’etica e della politica”. E l'effetto degli avanzamenti delle scienze mediche e biologiche sembra riassumersi nella scoperta che mentre ci illudiamo di scegliere liberamente qualcosa noi obbediamo in realtà a "una predisposizione genetica e anatomica".
Intanto si profila sempre più l’esito finale di questa concentrazione sul cervello: la separazione della vita umana da se stessa. Leggendo questo libro è venuta in mente a chi scrive una vicenda avvenuta nel 2013 ma affiorata sulla stampa internazionale solo in giorni recenti. L’ha raccontata sul New Yok Times un articolo di Amy Harmon, riportato da Repubblica il 14 settembre 2015. La riferiamo senza poter garantire che si tratti di un evento reale: verità e invenzione che sia, si tratta comunque di una storia significativa. Dunque, l’episodio è questo: in una mattina del gennaio 2013 c’è in un ospedale americano Kim Suozzi, una ragazza di 23 anni che sta morendo di cancro. Sono gli ultimi momenti. Il fidanzato della ragazza , il ventitreenne Josh Schisler, allerta un’équipe di ibernatori di una ditta specializzata che depongono il corpo della ragazza in una vasca di ghiaccio , ne congelano la testa, prelevano il cervello, lo raffreddano con azoto liquido e lo mettono in un contenitore alla temperatura di -200 gradi. L’azienda si chiama Alcor Life Extension Foundation. Ponete attenzione al suo nome: la ditta Alcor promette l’estensione della vita, una specie di viaggio fantascientifico in un indefinibile tempo sospeso per raggiungere un’epoca futura in cui i progressi della medicina permettano di scongelare e far rinascere l’organismo surgelato. E’una pratica costosa: per Kim Suozzi occorrevano 80.000 dollari, ma un appello via Internet li aveva messi insieme facilmente. Tanta è la gente che crede in questa – come chiamarla? – sospensione della vita. Sembra che la ditta Alcor abbia già trattato in modo analogo altre 140 persone. La pratica del congelamento fu avviata nel 1967 per un malato, James Bedford, che voleva far conservare il suo corpo fino a quando la scienza avesse trovato il rimedio per trattare il suo male.Un dettaglio importante: Kim Suozzi aveva studiato neuroscienze all’università. E fu anche per questo e non solo per ragioni di costo che, rispetto alle altre persone, ricorse alla crioconservazione non per l’intero suo corpo ma solo per il suo cervello. Per lei il cervello riassumeva in sé tutta la vita che valeva la pena di tutelare.
Su questo caso si è scatenato in Internet un dibattito vivacissimo. Gli interrogativi più ricorrenti sono stati quelli sulla possibilità di conservare davvero insieme alle cellule del cervello i ricordi, i sentimenti, le conoscenze, infine il senso stesso di identità della persona che lo aveva posseduto . Altri, più attirati dalla robotica, si sono chiesti come sarà possibile a tempo debito dotare quel cervello di un corpo che gli obbedisca e gli renda di nuovo possibile il collegamento col mondo: si è immaginato per esempio un robot dove inserire non il cervello organico ma una scheda elettronica contenente il riversamento di tutto il suo contenuto neuronale. In generale, sembra evidente che ci sarà bisogno di una protesi corporea. E qui si aprono orizzonti che mostrano come Frankenstein, il Golem di Praga e tutte le fantasie letterarie del romanticismo “nero” siano sempre attuali. Dove poi le speculazioni si infittiscono è sul se e sul come quel cervello riuscirà a instaurare rapporti col mondo dove si troverà a vivere la sua seconda vita. Al fondo di tutte queste domande e di tutte le soluzioni tecniche immaginate c’è la stessa convinzione : l’essere vivente è quello che ha un rapporto con se stesso e con la realtà esterna attraverso il corpo. Da qui muovono le tante ipotesi che sono state fatte sul modo in cui quel cervello congelato potrebbe forse in un lontano futuro tornare a funzionare. E’qui che ci si affaccia sul vuoto: l’intera costruzione concentrata sul cervello si scopre malata di solipsismo e priva di fondamenta. Ma ammesso che tutte le difficoltà di impianto e di funzionamento vengano risolte , come sarà quel mondo del futuro dove l’organo vivente ibernato dovrebbe tornare a vivere? Forse allora non ci saranno più corpi umani, con tutto il loro carico di fragilità e malattie. Sarà un mondo dove i cervelli, liberi dal peso dei corpi, potranno esplicare tutte le loro immense potenzialità: pura intelligenza, durata immortale di vita. Eccolo, il desiderio antico che si rivela nella sua natura di proiezione fantastica: quello dell’immortalità concessa a un’essenza cerebrale, a un individuo diventato puro spirito. Attraverso la mediazione del cervello riappare nel cuore di una società secolarizzata un’entità da sempre centrale nelle religioni: l’anima.

Per gentile concessione dell'editore Mimesis proponiamo un o stralcio dalla prefazione di Adriano Prosperi al saggio di Marco Pacioni Neuroviventi, arrivato nei giorn scorsi in libreria.

Fonte: Alfabeta2 

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