di Sergio Cararo
Milano. Centinaia di delegati, attivisti e lavoratori aderenti all’Usb, hanno affollato domenica mattina il tendone installato nella zona di Porta Romana-Vigentina. Il “benvenuto” che la federazione lombarda della Usb riserva ai, lavoratori giunti da tutta Italia per la loro assemblea nazionale, non è affatto di circostanza. “Benvenuti nella ex Stalingrado d’Italia” oggi diventata altro. Le grandi fabbriche come la Tbb che ancora da il nome alla fermata della metropolitana, sono chiuse da anni. Il loro posto è stato preso da centri commerciali, uffici e talvolta dall’abbandono e dal degrado, magari rimpiazzato da spazi sociali occupati e poi sgomberati dalle autorità per tornare ad essere abbandonati. Il benvenuto della Usb lombarda sottolinea l’importanza di uno dei passaggi che hanno portato alla rottura con la componente più conservativa dell’Usb che ha lasciato l’organizzazione: oggi il sindacato non può vivere o vincere solo dentro i luoghi di lavoro.
Ricomporre le esigenze e i vari segmenti frammentati della classe lavoratrice è un passaggio reso obbligato dalla fase storica e dalla destrutturazione intervenuta nel mondo del lavoro. Sia la ricca, appassionata e appassionante introduzione di Guido Lutrario che tanti altri interventi, richiameranno questo aggiornamento come elemento distintivo di un sindacato di classe e conflittuale come l’Usb. L’assemblea è stata chiamata per presentare la Piattaforma generale con cui l’Usb intende stare in campo nella prossima fase, una piattaforma che mette al centro il “pubblico” come unico fattore capace di fare leva per invertire e rovesciare la tendenza dominante alla privatizzazione. Non solo difesa e rilancio del welfare ma anche nazionalizzazione delle aziende strategiche. Lutrario lancia l’allarme sul Testo Unico sui Servizi Pubblici Locali varato dal governo Renzi tramite la riforma Madia, che spiana la strada alla definitiva privatizzazione di ogni aspetto della vita e dell’organizzazione della società italiana, incluso il ripristino di quell’obbligo per legge di prevedere la remunerazione per i soggetti privati chiamati a gestire i servizi pubblici che era stata esclusa dalla vittoria del referendum sull’acqua e i servizi nel 2011. Si accenna alla scadenza strategica del referendum/plebiscito contro-costituzionale di ottobre come una battaglia da giocarsi a tutti i livelli anche come sindacato.
Ricomporre le esigenze e i vari segmenti frammentati della classe lavoratrice è un passaggio reso obbligato dalla fase storica e dalla destrutturazione intervenuta nel mondo del lavoro. Sia la ricca, appassionata e appassionante introduzione di Guido Lutrario che tanti altri interventi, richiameranno questo aggiornamento come elemento distintivo di un sindacato di classe e conflittuale come l’Usb. L’assemblea è stata chiamata per presentare la Piattaforma generale con cui l’Usb intende stare in campo nella prossima fase, una piattaforma che mette al centro il “pubblico” come unico fattore capace di fare leva per invertire e rovesciare la tendenza dominante alla privatizzazione. Non solo difesa e rilancio del welfare ma anche nazionalizzazione delle aziende strategiche. Lutrario lancia l’allarme sul Testo Unico sui Servizi Pubblici Locali varato dal governo Renzi tramite la riforma Madia, che spiana la strada alla definitiva privatizzazione di ogni aspetto della vita e dell’organizzazione della società italiana, incluso il ripristino di quell’obbligo per legge di prevedere la remunerazione per i soggetti privati chiamati a gestire i servizi pubblici che era stata esclusa dalla vittoria del referendum sull’acqua e i servizi nel 2011. Si accenna alla scadenza strategica del referendum/plebiscito contro-costituzionale di ottobre come una battaglia da giocarsi a tutti i livelli anche come sindacato.
L’introduzione insiste nell’indicare i tre protagonisti di una ipotesi sindacale di classe e conflittuale che l’Usb si candida a voler mettere in campo: i lavoratori pubblici che hanno una doppia responsabilità, quella di difendere le conquiste sindacali e, insieme, di essere agenti dell’alleanza con gli utenti a difesa del welfare e dei servizi; la nuova classe operaia che presenta caratteristiche dirompenti come l’ingresso di centinaia di migliaia di immigrati nelle fabbriche, nella logistica o nella distribuzione che, come gli immigrati meridionali arrivati in fabbrica contaminarono la vecchia classe operaia dando vita all’autunno caldo, oggi rappresentano la possibilità di affermare diritti ed esigenze capaci di ripercuotersi positivamente su chi in questi trenta anni c ha subito sconfitte su sconfitte. Infine il territorio inteso sia come luogo fisico che come dimensione aggregativa per chi ha un rapporto estremamente intermittente con i luoghi di lavoro, è disoccupato o è portare di esigenze popolari – come quella abitativa o del reddito o dell’accesso ai servizi – che hanno valore generale. “Chi in questi anni non ha compreso questo passaggio, ci ha costretto a camminare con il freno a mano tirato. Adesso il freno a mano non c’è più e possiamo finalmente fare un salto in avanti”. Il riferimento a chi se ne è andato fondando un altro sindacato è chiaro, privo di ogni rancore ma esplicito, eppure produce tra chi è in sala effettivamente la sensazione che adesso l’Usb possa giocarsi al meglio il proprio progetto generale.
Lo si percepisce dalla giovane età di chi interviene e di molti delegati e lavoratori presenti in sala. Un ricambio generazionale che trasmette obiettivamente energia e presenta tutta la complessità ed estensione di un sindacato che è diventato “cosa vera”. Dal lavoratore della sanità privata lombarda alla giovane maestra d’asilo che, insieme a quelle che sono state chiamate “le madonne di loreto” per tre giorni si sono arrampicate sulle impalcature di un cantiere nel centro di Roma; si sentono interventi della giovane commessa di Zara, testimone della incredibile crescita di conflitti anche nel commercio e nei negozi dei marchi di lusso, interventi dalla e sulla scuola ma anche dalla Piaggio di Pontendera dove alcuni delegati hanno lasciato la Fiom per aderire alla Usb. Una storia questa raccontata con grande sincerità anche da Francesco Rizzo dell’Ilva di Taranto, per anni dirigente della Fiom, in crisi con il sindacato e che ha ritrovato nell’Usb le ragioni fondanti di un sindacato di classe- Partiti in due, all’Ilva adesso l’Usb ha mille iscritti tra gli operai ed a Taranto si va estendo e crescendo in tante altre categorie. Atteso e acclamato l’intervento di Mohammed, egiziano e lavoratore nel comparto della logistica, protagonista della durissima lotta alla Gls di Piacenza: “I padroni usano gli immigrati per abbassare i vostri diritti” dice guardando in faccia i lavoratori “italiani”. L’invito all’unità e alla ricomposizione del fronte sociale di lotta è qualcosa che va ben oltre la semplice categoria della solidarietà. Lo sottolinea benissimo Abubakar Somahouro facendo venire giù dagli applausi l’intero tendone. Colpisce poi sentire un vigile del fuoco parlare esplicitamente di lotta di classe in quella che, definisce lui stesso, è “l’unica categoria dentro un ministero come quello degli Interni che si oppone al concetto di repressione”. Sottolineando con orgoglio che “Ci temono perché sanno che godiamo del rispetto dell’opinione pubblica”.
C’è spazio poi per la rinnovata federazione di Livorno, impegnato sul fronte dei disoccupati e degli sfratti, decisamente favorevole ad una sindacato che sappia agire anche sul territorio, ci sono i portuali di Trieste e i lavoratori della Publiacqua di Firenze che furono tra i pionieri del movimento per l’acqua pubblica. Se l’apertura aveva visto il saluto del segretario della Federazione Sindacale Mondiale, il dirigente del Pame greco Mavrikos e una relazione sull’attività internazionale dell’Usb dentro la Fsm, le conclusioni che vengono tirate da Pierpaolo Leonardi (oggi segretario internazionale del pubblico impiego) affrontano sia i temi internazionali che quelli interni, mettendo in sintonia la giornata internazionale contro le privatizzazioni convocata dalla Fsm per il 4 aprile con le iniziative che città per città verranno messe in campo. C’è anche spazio per l’orgoglio di organizzazione sia nelle conclusioni che in molti interventi, dopo una rottura per molti aspetti è inevitabile, ma osservando la quantità e la qualità dei lavoratori e dei delegati Usb che affollano il tendone di viale Isonzo a Milano, si ha l’impressione che se in Italia c’è un progetto sindacale capace di agire a tutto campo e di lavorare alla ricomposizione di un blocco sociale antagonista, l’Usb appare al momento il sindacato più attrezzato per farlo sul piano dell’analisi e della rappresentatività. Insomma l’Usb vista a Milano appare come una “cosa” vera con grandi potenzialità e non solo rappresentazione o residualità.
Fonte: Contropiano
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