di Raffaele Lungarella e Francesco Vella
La Banca d’Italia ha censito 25,5 miliardi di euro di crediti deteriorati concessi alle famiglie per l’acquisto di abitazioni. Di essi, 15,5 miliardi sono classificati come sofferenze mentre per altri 8 miliardi i mutuatari possono diventare inadempienti in futuro. Se consideriamo dati non riferiti ai soli acquisti di abitazioni, vediamo che per 6 miliardi di euro dell’intero importo delle sofferenze, il valore medio del debito è di 7.500 euro, per 8 miliardi di 44mila mila euro e per altri 8 miliardi di 88mila euro. Non è allora irrealistico stimare a 50mila euro il valore medio del debito non pagato per l’acquisto di abitazioni. Sono, quindi, circa 300mila le famiglie la cui casa è stata pignorata o rischia di esserlo.
I fondi d’investimento sono disposti ad acquistare i crediti deteriorati pagandoli intorno al 20 per cento del valore di libro, una percentuale pari alla metà di quella alla quale le banche sperano di poterli vendere senza accusare ulteriori gravi perdite. Se riuscissero a vendere al 40 per cento le sofferenze per l’acquisto di abitazioni, le banche potrebbero incassare 6 miliardi di euro. Ognuna delle famiglie che ha smesso di pagare il mutuo rischia di perdere la casa per una sofferenza che vale per la banca 20mila euro, una cifra relativamente modesta per una conseguenza così drammatica.
Un’alternativa all’esecuzione immobiliare
Il rischio che molte famiglie corrono di perdere l’abitazione si potrebbe ridurre attraverso la costituzione di un fondo d’investimento, sul modello di Atlante (o bad bank di settore, sull’esempio della Sareb spagnola), che recuperi l’investimento fatto per l’acquisto delle sofferenze non attraverso le procedure di esecuzione immobiliare bensì adattando allo specifico contesto il leasing abitativo, disciplinato dalla legge di stabilità 2016. Abbiamo già ipotizzato il ricorso a questo strumento per evitare ai mutuatari più deboli le conseguenze del decreto legislativo 72/2016.
In breve, il fondo dovrebbe diventare proprietario della quota di ogni singola abitazione che corrisponde alla percentuale dell’importo della sofferenza pagato alla banca sul valore stimato dell’immobile. La quota acquisita viene data in leasing al nucleo familiare che già lo abita e possiede la restante parte della proprietà (che resta soggetta a pignoramento, in caso di inadempienza del contratto di leasing). Il leasing potrebbe avere una durata decennale.
Poiché l’importo dell’operazione è relativamente basso, i canoni del leasing sono molto più sostenibili delle rate del mutuo. Per le famiglie l’operazione può essere resa ancora più agevole applicando le agevolazioni previste dalla legge di stabilità. È possibile, infatti, detrarre dall’Irpef il 19 per cento dell’importo sia dei canoni (fino a 8mila euro l’anno) pagati per tutta la durata del contratto sia della rata finale di riscatto (massimo 20mila euro). Se si prevede il pagamento di una quota consistente dell’importo complessivo (relativamente modesto, è bene ricordarlo) proprio con l’ultima rata, si dà tempo al proprietario di rafforzare la sua condizione economica e si riduce l’importo dei canoni periodici.
A beneficiare dell’opportunità dovrebbero essere i proprietari di abitazioni principali.
Un fondo per il leasing salva-case
Della promozione del fondo d’investimento potrebbe essere incaricata la Cassa depositi prestiti, che potrebbe intervenire direttamente con il Fia (Fondo investimenti per l’abitare), costituito insieme a Stato e fondazioni bancarie, per operare nel settore dell’edilizia residenziale sociale. La dotazione del fondo, pari a 6 miliardi di euro, può essere raccolta con l’emissione di titoli che abbiano le caratteristiche richieste per essere coperti dalla garanzia statale, negoziata con la Commissione europea.
La probabilità che, alla fine, anche solo una quota dell’importo totale delle garanzie possa pesare sul bilancio dello Stato è molto bassa. Anche se un certo numero di beneficiari dell’operazione non dovesse farcela a onorare il contratto di leasing, resta sempre la possibilità di far valere le ipoteche poste sugli immobili, che sono generalmente d’importo superiore al debito non pagato. I titoli possono essere offerti a investitori professionali: fondi di pensioni, casse di previdenza di ordini professionali, compagnie di assicurazioni, fondazioni bancarie. L’operazione potrebbe rappresentare, oltre che un buon affare a basso rischio per i sottoscrittori delle obbligazioni, anche la salvezza per decine di migliaia di famiglie.
Fonte: lavoce.info
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