di Gianluca Graciolini
Come va Sindaco? Molto bene. Con questo siparietto a dir poco surreale, lo scorso 28 luglio, si era aperta la fugace visita del Presidente del Consiglio Renzi presso lo stabilimento Rocchetta di Gualdo Tadino. A distanza di soli due giorni da quella data, quel "molto bene" del sindaco Pd della città umbra epicentro di una interminabile crisi economica e sociale, è risuonato come una beffa gigantesca, di fronte all'ennesima ecatombe occupazionale preannunciata dai vertici aziendali di JP Industries. Va tutto molto bene: per 400 lavoratrici e lavoratori umbri e marchigiani si apre la procedura di mobilità, come anticamera di una disoccupazione senza speranza o dell'emigrazione, come condanna alla disperazione ed alla sofferenza sociale.
Da un Sindaco che solo qualche mese prima aveva chiuso per due giorni gli uffici comunali in protesta contro i pesantissimi tagli del governo ai trasferimenti agli Enti e ai servizi pubblici locali, ci saremmo aspettati un atteggiamento completamente diverso, più dignitoso e per niente supino, non accondiscendente verso le false narrazioni ottimistiche di cui Renzi si è dimostrato un così banale campione. Aveva lì, direttamente a portata di mano, la possibilità di rappresentare con fermezza le problematiche di un intero territorio, di pretendere con decisione risposte di politiche economiche e sociali completamente diverse dalla bolsa e stantia propaganda del giovane premier e non l'ha fatto. Aveva lì, a sua completa disposizione, il punching ball perfetto per menare fendenti di realtà, ma non un colpo è partito per rendicontare sul campo di un territorio allo stremo gli effetti mortali di politiche all'insegna dell'austerità e dell'assenza totale di una politica industriale per il Paese e non l'ha fatto. Non l'ha fatto lui, non la Presidente Marini, nè tutti gli altri parlamentari, politici ed amministratori umbri del Pd accorsi beatamente in massa alle passerelle umbre o marchigiane di Renzi.
Con l'annuncio dell'apertura delle procedure di messa in mobilità alla JP Industries si chiude invece, con un esito sciagurato ma del tutto prevedibile e da noi previsto, la lunga vertenza Merloni. Questo esito rappresenta una pietra tombale, sotto il profilo economico e sociale, per tutto il territorio della fascia appenninica umbra.
Queste lavoratrici e questi lavoratori andranno dunque ad infoltire l'esercito di disoccupati scaturito dalla chiusura della Merloni, per cui il fantomatico Accordo di programma, così come concepito, avviato e reiterato non ha sortito alcun effetto.
Questa vicenda rappresenta il fallimento senza appello delle cassandre del nulla del Pd, a tutti i livelli in cui le sue classi "dirigenti" esercitano un qualche tipo di funzione: politica, amministrativa e di governo, nazionale o regionale che sia.
La responsabilità di questo partito è enorme: i suoi ministri, i suoi parlamentari, i suoi consiglieri regionali, i suoi assessori regionali, la sua Presidente di Regione, in questi anni, ci hanno sempre detto che la questione Merloni era completamente sotto il loro controllo e che le misure adottate sarebbero state risolutive.
La realtà che ci sta ritornando indietro, da noi minuziosamente denunciata in tutti gli anni di lotta a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori, è di segno completamente avverso.
Il piano di licenziamenti alla JP va respinto con ogni mezzo, ma, ora che il re è del tutto nudo, serve un'azione veramente incisiva di politica industriale e serve ribaltare il tavolo delle politiche economiche e sociali in questo Paese. Da questo governo e dalle sue pedisseque appendici regionali e locali non ci aspettiamo più nulla che assomigli a tutto questo, a ciò che serve davvero. Renzi, Marini e compagnia vanno cacciati, anche per cambiare le sorti delle lavoratrici e dei lavoratori Jp, anche per restituire all'Umbria e ai suoi territori più umiliati un futuro di dignità e di riscatto sociale.
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