di Geraldina Colotti
La torcia olimpica si avvicina a Rio in un clima di forti contestazioni. I Giochi iniziano domani, ma i movimenti popolari scandiscono il ritmo delle marce al grido di “Fuori il golpista Temer”. Accompagnano così la difesa della presidente Dilma Rousseff, sospesa dall’incarico il 12 maggio. Il processo d’impeachment è giunto alle battute finali. Sulla carta, la presidente potrebbe ancora essere reintegrata nell’incarico, se nel voto del 9 agosto riuscirà a portare dalla sua parte 6 senatori. Se invece andrà sotto, il Tribunal Supremo convocherà un’ultima sessione, che inizierà il 29 agosto e potrebbe durare 5 giorni. In quel caso, occorrerà il voto dei 2/3 dei senatori (54 su un totale di 81).
La porta appare sempre più stretta. Sono già cadute 2 delle 5 (pretestuose) accuse, e su quelle che restano pare arduo giustificare la destituzione. Eppure, martedì scorso il relatore del processo, Antonio Anastasia, ha presentato alla commissione di 21 senatori il suo rapporto, nel quale ha reiterato le accuse contro la presidente: «Voto per mantenere le accuse e per continuare il procedimento di destituzione», recita il testo di 441 pagine, e sostiene che «esistono piene ragioni» per l’impeachment.
Rousseff ha annunciato che questa settimana renderà pubblica una lettera aperta al Senato e al popolo brasiliano in cui s’impegna ad appoggiare un referendum per uscire dalla crisi politica mediante nuove elezioni: sempreché venga reintegrata nel suo ruolo. Un recente sondaggio di Datafolha indica che il 62% dei cittadini è d’accordo a tornare alle urne con nuove regole. L’approvazione di un referendum dipende però dalla decisione del Congresso, e Rousseff non potrebbe agire per decreto. Una strada difficile da percorrere, quindi. «Solo una consultazione popolare può ricomporre la democrazia», ha detto Dilma chiedendo il sostegno della piazza: «Contro un golpe di queste proporzioni occorre una mobilitazione più grande», ha aggiunto. Poi ha espresso la volontà di presentarsi di persona in Senato per la difesa finale, «qualora esistano le condizioni». Intanto, ha affermato che spera in una risposta favorevole del presidente del Tribunal Supremo, Ricardo Lewandowski, un progressista.
Intanto, il governo Temer cerca consensi internazionali nel campo neoliberista che lo ha messo in sella, in linea con gli indirizzi conservatori adottati da Mauricio Macri in Argentina. Per il ministro degli Esteri a interim, José Serra, il Mercosur è «una zavorra» di cui liberarsi per spostare a favore di Washington le nuove alleanze progressiste del continente. Per questo, cerca di impedire il passaggio del testimone al Venezuela, a cui tocca di diritto la presidenza pro-tempore dell’organismo. Pur non essendo il suo un governo votato dalle urne, Serra pretende dare lezioni di democrazia e propone che una commissione di ambasciatori conduca il Mercosur fino alla fine del 2016, bypassando il semestre di presidenza pro tempore del Venezuela.
L’idea di un mandato provvisorio – ha detto Serra – gli è stata proposta da Macri, a cui si aggiunge il Paraguay (a sua volta uscito da un golpe istituzionale contro l’ex presidente Fernando Lugo). Evo Morales, il cui paese è membro associato del Mercosur ha denunciato invece «un altro attacco alla nostra integrazione economica da parte degli strumenti del capitalismo». Temer spera di liberarsi di Rousseff per accreditarsi al G20 di Shangai il 4-5 settembre e guidare il cambio di indirizzo fino al 2018. Intanto, ha organizzato una riunione dei capi di stato in occasione dei giochi: a cui sarà presente Ban Ki-moon, uno dei portatori della torcia olimpica.
Fonte: Il manifesto
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