La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 2 agosto 2016

Referendum, le bugie di Renzi

di Andrea Fabozzi
«Spero che il referendum si faccia il 2 ottobre», ha detto Matteo Renzi all’inizio di giugno in tv (Rai2). «Fosse per me lo farei subito», ha chiarito un mese dopo, sempre in diretta (Sky). Al contrario, il presidente del Consiglio sta cercando di spostare «la madre di tutte le battaglie» (definizione ancora sua) il più tardi possibile. Che è molto tardi, in teoria si può arrivare fino al 18 dicembre. Per non aprire le urne proprio sotto l’albero di Natale, al presidente del Consiglio andrebbe bene, adesso, l’ultima domenica di novembre, il 27. Quasi due mesi dopo i precedenti annunci. Cerca però di presentare questo rinvio come conseguenza naturale dei tempi tecnici e dell’incrocio con la legge di stabilità. Non si può votare durante la sessione di bilancio, spiegano Renzi e i suoi.
«A ottobre ci divertiremo», diceva il presidente del Consiglio quando ancora immaginava che il Sì potesse vincere facilmente il referendum costituzionale. Ora, non prevedendo più risate, sta cercando di azzerare la campagna elettorale per farla ripartire su basi completamente diverse dopo l’estate e soprattutto dopo una legge di stabilità che dovrebbe concedere nuove mance elettorali. Ora sostiene di non aver mai voluto personalizzare il voto sulla Costituzione, eppure è stato sempre lui a dire che «può votare no solo chi mi odia»
Se davvero le sue preoccupazioni fossero di ordine istituzionale, per evitare l’incrocio tra il referendum e la sessione di bilancio ci sarebbe tutto il tempo di votare prima che il parlamento cominci ad esaminare i conti. È vero, la legge impone al governo di presentare la stabilità alle camere (quest’anno si comincerà da Montecitorio) entro il 15 ottobre (e prima ancora i documenti andranno inviati a Bruxelles). Ma il governo Renzi l’anno scorso ha fatto arrivare la legge di stabilità in senato solo il 25 ottobre. Fino ad allora nemmeno le commissioni hanno visto un cifra. A ottobre 2016 ci sono dunque ben tre domeniche in cui si potrebbe andare a votare per il referendum prima che la manovra, con le sue annunciate elargizioni, impegni il parlamento: il 9, il 16 e il 23 di quel mese.
La legge concede al governo la possibilità di rimandare il consiglio dei ministri (che convoca il referendum) fino a 60 giorni dopo la comunicazione della Cassazione che le richieste di referendum sono regolari. La possibilità, non l’obbligo. Quanto alla comunicazione della Cassazione, questa sarebbe già arrivata non fosse per le firme che il Pd ha presentato in extremis. I giudici stanno discutendo se è il caso di sottoporle a immediata verifica o se si può soprassedere. Ne parleranno ancora dopodomani, giovedì. Se decidessero di procedere con la verifica delle firme, potrebbero ufficializzare il loro via libera al più tardi il 14 agosto. Anche allora se Renzi volesse essere di parola – «fosse per me voterei subito» – potrebbe convocare il consiglio dei ministri in tempi brevi, entro la fine di agosto, per votare prima della sessione di bilancio.
Ma giovedì i giudici della Cassazione potrebbero anche chiudere la questione, decidendo che non ha senso aspettare il conteggio delle firme dal momento che le richieste di referendum presentate dai parlamentari sono state già accolte. E così, convenienze governative a parte, il referendum potrebbe essere indetto per ottobre (dal presidente della Repubblica, che firma un decreto del governo) già la prossima settimana. Non c’è nulla di tecnico dietro la decisione di Renzi di allungare la campagna elettorale.

Fonte: il manifesto 

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