di Contropiano
Qual è il metodo migliore per distruggere ciò che resta della scuola pubblica? Il governo Renzi ha scelto la strada più comoda: la creazione di caos supplementare, moltiplicantesi nel tempo e nelle norme. Con questo sistema non si tocca ufficialmente molto, ma si rende il tutto ingovernabile. Se ne è avuta una prova diretta con i trasferimenti dei docenti, affidati a un algoritmo apparentemente scritto da un pazzo. Ma nelle pieghe del caos si possono infilare senza che risaltino troppo anche una serie di trappole miranti a scremare drasticamente il personale delle scuola, per lunghi anni reclutato nei modi più diversi in assenza di regolari concorsi e a fronte di vuoti d'organico sempre eccezionali.
Un'altra norma taglia-personale è stata partorita con una circolare del ministero dell'istruzione (Miur), la numero 24306 del 1° settembre 2016. Motivazione ufficiale: fornire criteri generali unici a livello nazionale per la nomine dei supplenti annuali, sia docenti che personale Ata, a copertura dei posti non ancora assegnati per via dei ritardi accumulati con le operazioni di immissione in ruolo dei docenti. Scopo non dichiarato: licenziare definitivamente tutti i supplenti che hanno accumulato 36 mesi continuativi di lavoro, in modo da non superare i limiti di legge italiani e europei che ne determinerebbero l'assunzione in via definitiva.
Si tratta di una novità prevista direttamente dalla legge 107 del 2015, ovvero dalla riforma della cosiddetta “buonascuola” di Renzi, riguardo alle supplenze assegnate con scadenza al 31 agosto dell'anno successivo a quelle di assegnazione.
Dov'è la differenza? Che fino al 2015 le supplenze annuali venivano assegnate entro il 31 agosto, dunque gli insegnanti conoscevano in anticipo la sede di lavoro (e potevano addirittura organizzarsi per raggiungerla!) e le famiglie potevano mandare i figli a scuola certi che avrebbero trovato quasi tutti gli insegnanti.
Solo i ruoli erano assegnati entro il 31 agosto, ma dal 2015/16 neanche più quelli.
Ora – caos dei trasferimenti a parte – si aggiunge il vincolo assoluto di non assegnare alcun posto a chi abbia già fatto continuativamente 36 mesi di supplenza. Il problema è che non esiste alcun sistema di registrazione informatizzato sulla coperturta dei posti vacanti negli ultimi anni, dunque come hanno pensato di risolvere il problema, i solerti funzionari del Miur? Obbligando gli insegnanti stessi a sottoscrivere una dichiarazione in cui “garantiscono” di non aver superato tale limite e/o di non superarlo nel caso venisse loro assegnata una supplenza.
Un'autocertificazione con cui o ti licenzi da solo oppure dichiari il falso e dai un'arma in più a chi vuole licenziarti.
A peggiorare le cose è arrivata la sentenza numero 187 di quest'anno della Corte costituzionale che – recependo le normative italiane e dell'Unione Europea – cristallizza il divieto si superare i 36 mesi
(la sentenza della Corte europea è però precedente allo schifo italiano, ed era questa la norma che prevedeva l'”impossibilita” di continuare a mantenere precari oltre i 3 anni per tutto il P.I.)
Un meccanismo infame ma ora legale, dunque (da ricordare a tutti gli imbecilli che che si nutrono il neurone solitario col feticcio della “legalità”), prevede persino scorciatoie in grado di assicurare comunque un insegnante temporaneo, da non assumere ovviamente mai, a copertura delle cattedre scoperte: gli stessi docenti, nel caso in cui avessero raggiunto i 36 mesi e siano stati chiamati dai presidi per la copertura di posti vacanti e disponibili, avranno la possibilità di poter accettare altre supplenze che abbiano come scadenza il 30 giugno del prossimo anno.
In realtà gli “schiavi negri” creati da questo contorto intreccio di meccanismi folli sono i neo immessi e trasferiti con fase b e c, a novembre 2015, luglio e settembre 2016. Poi i supplenti diventano ancora ancora un po' più schiavi. Ma la cosa peggiore è che chi finora non ha mai lavorato sarà inserito al lavoro perché supererà i poveri licenziati che hanno raggiunto i 36 mesi; e quelli saranno i nigger all'ultimo gradino della schiavitù.
Fonte: Contropiano
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