di Roars
«Venticinque commissioni di valutazione i cui presidenti saranno accademici stranieri. Magari immuni da baronie, camarille e nepotismi che affliggono il sistema universitario italiano»: così argomentano i difensori delle Cattedre Natta. Chissà se cambierebbero opinione sulla fine di baronie e camarille, scoprendo che la lista di corrispondenze tra aree ERC e settori concorsuali è stata usata come cavallo di Troia per dirottare un bel gruzzoletto di supercattedre nel settore della Ministra e del Capo dipartimento università del MIUR.
Forse Renzi ha deciso che, mentre Human and Social Sciences vanno globalmente ridimensionate (1/2 supercattedra ogni 100 professori), è invece prioritario investire risorse in filologia illirica, celtica ed ugro-finnica; oltreché in lingua e letteratura albanese, ed estetica e forse anche in logica (4 supercattedre ogni 100 professori). Glottologi, linguisti, logici e filosofi dei linguaggi avranno più supercattedre (ben 24) di tutta la Chimica di sintesi e dei materiali (22 cattedre). E più dell’Ingegneria dei sistemi e delle comunicazioni (22 cattedre). Quanti e quali altri cavalli di Troia si nascondono in quella lista di corrispondenze? A dire il vero, noi pensiamo che Renzi di tutto questo non sapesse nulla. E che, mentre si lasciava convincere ad adottare un provvedimento apparentemente antibaronale, non si sia reso conto che qualche barone gli stava giocando un bello scherzetto. I suoi consiglieri accademici, invece di rallentare l’iter del provvedimento, hanno spinto il premier nell’occhio del ciclone. Sprovveduti? O talmente pragmatici e desiderosi della loro fetta di torta da accelerarne la cottura prima che – non si sa mai – cambi il cuoco?
Forse Renzi ha deciso che, mentre Human and Social Sciences vanno globalmente ridimensionate (1/2 supercattedra ogni 100 professori), è invece prioritario investire risorse in filologia illirica, celtica ed ugro-finnica; oltreché in lingua e letteratura albanese, ed estetica e forse anche in logica (4 supercattedre ogni 100 professori). Glottologi, linguisti, logici e filosofi dei linguaggi avranno più supercattedre (ben 24) di tutta la Chimica di sintesi e dei materiali (22 cattedre). E più dell’Ingegneria dei sistemi e delle comunicazioni (22 cattedre). Quanti e quali altri cavalli di Troia si nascondono in quella lista di corrispondenze? A dire il vero, noi pensiamo che Renzi di tutto questo non sapesse nulla. E che, mentre si lasciava convincere ad adottare un provvedimento apparentemente antibaronale, non si sia reso conto che qualche barone gli stava giocando un bello scherzetto. I suoi consiglieri accademici, invece di rallentare l’iter del provvedimento, hanno spinto il premier nell’occhio del ciclone. Sprovveduti? O talmente pragmatici e desiderosi della loro fetta di torta da accelerarne la cottura prima che – non si sa mai – cambi il cuoco?
1. “Immuni da baronie, camarille e nepotismi”. Davvero?
La diffusione del testo del Decreto “cattedre Natta” ha subito innescato un acceso dibattito. Molti, fuori e dentro l’accademia esprimono dubbi sull’opportunità, se non persino sulla legittimità costituzionale, dell’istituzione di commissioni nominate direttamente dal presidente del Consiglio. Ma c’è anche chi, come la Redazione del Foglio, vede con favore una procedura che sembra mettere finalmente all’angolo le “baronie”:
per le 500 cosiddette “cattedre Natta” a chiamata diretta, istituite dal governo peraltro già dal 2013, destinate a professori di chiara fama e intitolate al premio Nobel Giulio Natta, l’esecutivo istituirà 25 commissioni di valutazione i cui presidenti saranno accademici stranieri. Magari immuni da baronie, camarille e nepotismi che affliggono il sistema universitario italiano.
Ma la procedura è davvero così immune da “baronie, camarille e nepotismi”?
A sei anni di distanza dall’approvazione della legge 240/2010, la cosiddetta Riforma Gelmini, sembra strano che a molti sia sfuggita la mutazione a cui è andata incontro la razza dei baroni. Si tratta dell’emergere di una nuova specie di “super-baroni” capaci di promuovere i propri interessi, accreditandosi presso il potere politico e cavalcando, più o meno abilmente, proprio le retoriche della lotta antibaronale.
Un mimetismo capace di ingannare chi non ha gli strumenti o la pazienza per analizzare il merito dei provvedimenti e si limita a recitare ritornelli su merito, internazionalizzazione, competitività e chi più ne ha più ne metta. Cosa direbbero costoro se scoprissero che dietro la patina dell’internazionalizzazione si nasconde un abile marchingegno per dirottare i posti nei settori “giusti”? E se questo è l’inizio, cosa ci riserverà la scelta dei commissari pilotata dai consiglieri accademici del Principe?
Ma per sbrogliare questa matassa, gli slogan sul merito, i cervelli in fuga e l’eccellenza servono a poco. Ci vogliono, invece, la competenza tecnica e la pazienza necessarie ad analizzare i risvolti del Decreto, punto per punto.
2. Le 500 supercattedre: una piccola torta, ma ghiotta
Il numero “500” sembra rivestire un fascino particolare per il Governo. Sono 500 gli euro del “bonus cultura” per i diciottenni, 500 erano gli euro del bonus docenti e sono pure 500 le supercattedre Natta. Un numero che all’uomo della strada sembra “grande”.
Ma quanto pesano effettivamente le supercattedre nell’organico dell’università italiana? Secondo il Rapporto Anvur 2016 sullo stato del sistema universitario e della ricerca, a fine 2015 il totale della docenza a tempo indeterminato (ordinari, associati e ricercatori) ammontava a 50.369 unità.
Pertanto, numericamente parlando, i supercattedrattici rappresenteranno poco meno dell’1% della docenza di ruolo. Rimanendo nell’ambito dei numeri, è opportuno ricordare che dal 2009 al 2016, a causa dei blocchi del turn-over e dei tagli, sono andati persi circa 12.500 posti a tempo indeterminato. Per credere che il Decreto Natta sia un investimento, bisogna convincersi che un supercattedrattico – da solo – farà più e meglio di 25 colleghi reclutati con le vecchie regole. Roba da film di supereroi.
Se è lecito nutrire qualche dubbio che sia questo il provvedimento che ridà vita all’università dissanguata da anni di tagli, ciò nondimeno la torta, per quanto piccola, rappresenta comunque un ghiotto bottino sia per gli atenei sia per i diversi settori scientifici in concorrenza tra di loro.
I settori concorsuali sono circa 190, di dimensioni anche molto diseguali, ciascuno dei quali può comprendere fino a cinque settori scientifico-disciplinari diversi. Questo significa che in media ci saranno 2 o 3 supercattedre per settore concorsuale, ma che per quelli più piccoli potrebbe anche non arrivarne nessuna.
Per fare un esempio, prendiamo il Settore Concorsuale 10/G1, “Glottologia e linguistica” (il perché di questo esempio diverrà più chiaro in seguito). Ad oggi, comprende 304 docenti e, se la distribuzione avvenisse su base strettamente proporzionale, la “regola dell’1%” si tradurrebbe in tre sole supercattedre.
È chiaro che se qualcuno vuole accaparrarsi più supercattedre, deve far leva sui criteri di distribuzione. Domandiamoci allora come funziona il meccanismo di ripartizione.
3. La ripartizione delle supercattedre: il trucco non si vede ma c’è
Dopo la pubblicazione della seconda versione del DPCM, finalmente conosciamo la distribuzione dei posti tra settori disciplinari. Ci saranno tante corse meritocratiche parallele e qualcuno alla Presidenza del Consiglio o al MIUR ha deciso i posti in palio per ciascuna di queste corse.
E’ interessante notare che una innovazione che non aveva attirato molto l’attenzione, si riveli invece il cavallo di troia per operazioni baronali sofisticate e di difficile individuazione (chissà se il Presidente o i suoi consiglieri si sono accorti di quello che sta succedendo dietro le quinte).
L’innovazione consiste nella definizione di 25 commissioni di concorso riferite non ai settori concorsuali, ma alle aree dell’European Research Council (ERC). L’adozione inedita della classificazione ERC -contestata dal CUN-, al posto della tradizionale classificazione in Settori disciplinari/concorsuali, potrebbe a prima vista apparire come un altro passo verso la modernizzazione della provinciale accademia italiana.
In realtà dietro le aree ERC si nasconde il trucco. Lo ha notato per primo Andrea Sansò in un commento su Roars.
Ma andiamo con ordine. Le Aree ERC sono un modo di classificare le aree di ricerca pensate in funzione del finanziamento della ricerca di frontiera e risultano pertanto molto sbilanciate a favore di particolari settori considerati di avanguardia dall’Unione Europea, chiudendo in contenitori veramente generici altre aree di poco interesse per l’ERC.
Non esisteva una tavola di corrispondenze tra settori concorsuali dell’Abilitazione scientifica nazionale e aree ERC. Questa corrispondenza è stata predisposta dalla Presidenza del Consiglio ed è ora contenuta nell’allegato del DPCM (vedi qui). Scorrendo la tabella si scopre che questa tavola di corrispondenze rimodella le Aree ERC in modo sorprendente. Anche senza svolgere un’analisi sistematica, abbiamo già notato qualche caso degno di nota.
Il primo e più interessante è relativo al settore SH4 The Human Mind and Its Complexity: Cognitive science, psychology, linguistics, philosopy of mind, education.
La descrizione dell’articolazione del settore SH4 può essere desunta dalla versione pubblicata all’inizio del 2016 nella Gazzetta Ufficiale:
Vita dura per chi studia linguistica. In base a questo elenco dovrebbe contendersi le supercattedre con psicologi, neuropsicologi e anche con i pedagogisti. Concorrenti numerosi e agguerriti, con ogni probabilità.
Ma basta che passino una decina di mesi e la vita può tornare a sorridere. Se andiamo scorrere l’allegato al DPCM il settore ERC SH4 si è letteralmente prosciugato:
Dal titolo è stato eliminato “education” cioè tutti i settori relativi a “teaching and learning”, spostati nel settore SH3 che è stato recentemente ridenominato dall’ERC. Però, sono stati eliminati anche tutti i settori di psicologia, psicologia clinica etc. spostati anch’essi nel settore SH3. Dopo questo sfoltimento radicale, rimangono solo tre settori concorsuali:
10/G1 – Glottologia e linguistica (304 docenti)
11/C2 – Logica, storia e filosofia della scienza (137 docenti)
11/C4 – Estetica e filosofia dei linguaggi (181 docenti)
I docenti strutturati in questi tre settori sono 622. Nell’ipotesi di una distribuzione settoriale omogenea e proporzionale al numero degli strutturati in servizio (la “regola dell’1%”), al settore SH4 dovrebbero toccare 6 cattedre Natta. Ne avrà invece ben 24, cioè quattro volte la sua quota.
4. Natta che vince, Natta che perde
Evidentemente qualcuno ha deciso che nel nostro paese sia prioritario investire risorse in filologia illirica, celtica ed ugro-finnica; oltreché in lingua e letteratura albanese, ed estetica e forse anche in logica. Tutti campi assolutamente degni di essere studiati, ci mancherebbe. Solo che suona un po’ strano che a questi settori vengano assegnate le stesse cattedre Natta assegnate al settore ERC PE2: Fisica della materia, che in ogni caso ha un numero di cattedre Natta doppio rispetto alle 12 che avrebbe dovuto ricevere con la regola dell’1%.
Glottologi, linguisti, logici e filosofi dei linguaggi avranno un numero di cattedre Natta superiore anche a tutta la Chimica di sintesi e dei materiali (PE5 – 22 cattedre). E più dell’Ingegneria dei sistemi e delle comunicazioni (PE 7 – 22 cattedre).
Sembra che siano stati gli economisti a suggerire al premier le cattedre Natta, e sono loro che si stanno prodigando a difenderle sui giornali e alla TV. Bene gli economisti (SH1) portano a casa un tesoretto di ben 18 cattedre Natta. Un ben magro bottino rispetto alle 43 che sarebbero dovute arrivare con la regola dell’1% (sono 4288 i docenti di Area 13). Evidentemente gli estensori del DPCM hanno ascoltato Francesco Sylos Labini e si sono convinti che l’economia – incapace com’è stata sia di prevedere la crisi che di risolverla – non è più un settore su cui valga la pena di investire. Oppure – ma non vogliamo crederci – qualcuno ha già fatto i conti di quanti siano i candidati degni di essere innalzati al rango di superprofessore e non vuole inflazionare il titolo.
Ma chi forse se la passa peggio di tutti sono i giuristi. Con la regola dell’1% ai giuristi avrebbero dovuto essere assegnate 43 cattedre Natta. Al settore SH2 ne sono attribuite solo 18, meno del 50%. Ed i giuristi se le dovranno spartire con architetti, designer, urbanisti, geografi ed ingegneri gestionali: infatti il settore SH2 disegnato nel DPCM comprende 15.312 strutturati. Con la regola dell’1% avrebbe dovuto ricevere 153 cattedre Natta, ne riceve 18. Evidentemente gli estensori del DPCM pensano che architettura, urbanistica e soprattutto il diritto siano scienze di serie B. Persino il lodevole impegno dei giuristi che hanno firmato il manifesto per il Sì al referendum non sembra aver pesato molto nelle scelte della presidenza del consiglio.
Ma sarà stata davvero la Presidenza del consiglio a gestire quel cavallo di troia che si è rivelata essere la tavola delle corrispondenze? Ci sia permesso di dubitarne.
Può essere utile ricordare che la Ministra Giannini, è professore ordinario di Glottologia e linguistica (L-Lin/01),settore concorsuale 10/G1. E che anche il prof. Marco Mancini, Capo Dipartimento per la Formazione Superiore e la ricerca, è professore di Glottologia e linguistica.
Quindi il 5% delle cattedre Natta, 24 su 500, sono state fatte defluire verso tre settori scientifici, uno dei quali (il maggiore dei tre) è quello della Ministra Giannini e del Capo dipartimento Mancini. Mentre la media nazionale è di una supercattedra ogni 100 docenti, in questa “riserva protetta” sono previste 4 supercattedre ogni 100 docenti. Un isola felice in stridente contrasto con il destino delle Human and social sciences nel loro complesso: le aree CUN 10-14, corrispondenti al 37% della docenza, si vedono attribuite solo 102 cattedre (somma di SH1-SH6), pari al 20% circa delle 500 supercattedre in palio. Mezza supercattedra ogni cento docenti, otto volte peggio che nella “riserva protetta”.
Questo è quanto salta agli occhi dopo un’analisi sommaria. Inutile dire che potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Quanti e quali altri cavalli di Troia si nascondono in quella tavola di corrispondenze? E se il buongiorno si vede dal mattino, cosa mai dovremmo aspettarci dalla nomina discrezionale dei presidenti di commissione? Nomina che, secondo il sottosegretario Nannicini, vedrà coinvolti il Presidente della CRUI, Manfredi, e il Presidente del CNR, Inguscio. Sì, proprio quello che «dovere nostro è fare andare avanti l’Italia. Senza pensare a principi etici».
Noi pensiamo che Renzi di tutto questo non sappia nulla. E che, mentre si lasciava convincere ad adottare un provvedimento che solo il Duce aveva pensato, non si sia reso conto che qualche barone gli stava giocando un bello scherzo.
5. Caro Renzi, dagli amici ti guardi Iddio …
Un’ultima riflessione. Nei circoli bene informati, qualche indiscrezione sul progetto di affidare la nomina delle commissioni alla Presidenza del Consiglio circolava già da diversi mesi. In questi stessi circoli era convinzione comune che il Decreto Natta, una volta reso noto, avrebbe avuto un effetto dirompente e che, persino nel sonnolento mondo accademico, le reazioni non sarebbero mancate. E, infatti, non sono mancate.
Pertanto, ha destato non poca meraviglia che il DPCM venisse inviato al Consiglio di Stato nell’imminenza del voto referendario. Essere paragonato al Duce sulla prima pagina di due quotidiani nazionali non è certo l’ideale per chi sta cercando di convincere gli elettori che la sua riforma costituzionale non comporta rischi di derive autoritarie. E non è nemmeno bello essere bacchettato dal Corriere della Sera o vedersi recapitare una lettera aperta firmata da qualche migliaio di scienziati, inclusi quelli con i bollini di eccellenza internazionale ERC e Thomson-Reuters (si firma qui: L’Università si riforma, non si commissaria da Palazzo Chigi). Tra i primi firmatari c’era persino una vincitrice di ERC, cervello in fuga nei Paesi Bassi …
Come mai, in un momento così decisivo, i consiglieri accademici di Renzi non hanno frenato l’iter del provvedimento? Talmente sprovveduti da ignorare il possibile effetto boomerang? O talmente pragmatici e desiderosi della loro fetta di torta da accelerarne la cottura prima che – non si sa mai – cambi il cuoco?
Fonte: Roars.it
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