La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 30 novembre 2016

Anna Falcone, ritratto della pasionaria del No

di Susanna Turco 
Fa l’avvocata, è bella, assai sorvegliata e pignola; ha pure una madre che s’è divisa tra il lavoro a scuola e il consiglio comunale. Ma le somiglianze con Maria Elena Boschi finiscono qui. Anzi, per molti versi Anna Falcone, vicepresidente e portabandiera del comitato del No, è l’antitesi della ministra delle Riforme: confida nella “forza dei deboli”, sogna “l’umanesimo sociale”, figurarsi. Calabrese di Cosenza, 44 anni, trapiantata a Roma dopo il praticantato nello studio Manna, amministrativista, esperta di diritto costituzionale, è uno dei volti nuovi (pochi) che la frenetica ondata referendaria ha rovesciato sui lidi della politica.
Anzi, più che altro la Falcone a un certo punto sul dibattito pubblico s’è rovesciata da sé, con un argomento ben scovato: «Non è vero che quelli del No sono tutti babbioni, ci sono tanti giovani come me, ma in tv ci emarginano». Eccola qua, la denuncia che le ha fatto da grimaldello. Ovviamente Matteo Renzi, con quegli slogan sull’“accozzaglia” e sul “nuovo contro il vecchio”, le ha persino dato una mano. Lei, in effetti, è l’unica a non avere i capelli bianchi nel gruppo guidato da Gustavo Zagrebelsky e Alessandro Pace, rappresenta già così una lampante specie di contro-storytelling.
Sguardo angelico, aria addolcita anche dall’ottavo mese di gravidanza (sarà femmina), risposta pronta e letale, Falcone in realtà è una specie di panzer. Nove pagine di curriculum, tra dottorati in bioetica e diritti 
a Lecce e soggiorni studio a Madrid e collaborazioni con RomaTre, 
si occupa da vent’anni di referendum e riforme costituzionali, dal Titolo V 
in poi: ora coordina il gruppo degli avvocati anti-Italicum, ma ha contribuito a scrivere anche i ricorsi che hanno fatto a pezzi il Porcellum, c’era anche lei quando si trattò di affossare la riforma della Carta targata Berlusconi. Una delle sue prime esperienze post universitarie fu una consulenza a Marco Taradash sulla procreazione assistita. Tutt’altro che nuova alla politica, complessivamente.
Tanto più perché tre anni fa si è candidata nella fallimentare Rivoluzione Civile dell’ex pm Antonio Ingroia. All’epoca - assai meno televisiva - nei comizi in Lombardia e Sicilia si raccontava soprattutto come ricercatrice precaria (era docente a contratto all’Università della Calabria), tuonava contro il «turboliberismo», contro Bersani, e contro il governo Monti 
che aveva salvato, invece dell’Italia, «la sua patria: la Goldman Sachs». Dell’esperienza di certo formativa comunque conserva, forse unica, un ottimo ricordo. O almeno così dice (denunciò per diffamazione colei che fu candidata in Calabria in vece sua, ma - per dire il tipo umano - afferma di non ricordarne neanche il nome). Un anno prima, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris l’aveva nominata tra i cinque membri del consiglio di amministrazione di Bagnoli Futura, per un progetto 
di rilancio poi finito nel nulla, dopo averla notata nel corso della campagna elettorale per le regionali, in una delle tante iniziative alle quali partecipava pur senza candidarsi.
Perché praticamente è fin da piccola 
che Falcone bazzica la politica. L’attivismo l’ha imparato dai genitori, socialisti entrambi («pre-craxiani, contro il socialismo da bere»). Da bambina andava alle manifestazioni sulle spalle del padre, Emilio, sindaco di Grimaldi, e insieme con la madre, Maria Francesca, insegnante di latino e greco e consigliera comunale a Cosenza. Al liceo - scientifico, prudentemente lontano dall’orbita materna - ha fiancheggiato il Movimento della Pantera, non ha mollato neanche all’Università, vissuta a Roma da studentessa fuori sede, e socialista, 
in piena Tangentopoli. Dal Psi si è allontanata nel 2009, dopo essere stata responsabile nazionale delle pari opportunità: «Aveva perso la sua identità, e non rispettava lo statuto», è stato infine il suo bilancio. Da avvocato dei diritti, dice ora di non avere un partito, un colore politico definito. Ma chissà se rimarrà così ancora per molto.

Fonte: L'Espresso 

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