di Vittorio Lovera
Giornata meravigliosa per l’Italia e per l’Europa. Torna a splendere il Sole. La settimana scorsa la riuscitissima manifestazione di donne “Non una di meno” e la successiva intensissima giornata di tavoli seminariali, aveva fornito tutti gli elementi, a chi è fornito di “antenne”, di come la voglia di partecipazione e di protagonismo sociale si stesse riattivando quale vero e proprio tsunami. Domenica la conferma: nonostante la totale campagna di disinformatia ( uniche parziali eccezioni, Il Fatto Quotidiano e La 7) il popolo, a difesa della Sua Carta Costituzionale, ha asfaltato il duo Renzi&Boschi e il loro tentativo di deriva autoritaria mascherato da cambiamento.
Dopo circa 1000 giorni di governo “illegittimo” i giochi si sono finalmente chiusi: Game over, per utilizzare uno degli inglesismi tanto cari all’ex premier.
L’Icaro di Rignano e la sua corte di yuppies, stile anni ’80, hanno volato troppo alto, sfidando il Sole (Carta Costituzione), e le loro ali si sono dimostrate di cera.
Come le loro politiche, tutte a servizio dei poteri forti.
Quando il popolo può esprimere liberamente la propria volontà dimostra inconfutabilmente che la sua maturità è nettamente superiore a quella della nostra classe politica: lo dimostrano sia il Referendum sull’Acqua Pubblica (totalmente disatteso dal 2011 ) sia la strenua difesa dei Valori della Carta Costituzionale che 18 milioni di cittadini hanno sancito, con il loro No, nella giornata di ieri.
Oltre che la rottamazione di Renzi e del Partito della Nazione, la vittoria del No sancisce definitivamente la fine della svolta presidenzial-riformatrice che vedeva nell’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il Grande Tessitore.
La bocciatura della Corte Costituzionale del decreto Madia e quello del Consiglio di Stato sulla trasformazione delle banche popolari in Spa, sono stati ulteriori segnali di come l’azione dell’esecutivo renziano travalicasse apertamente e continuamente i dettati costituzionali.
Personalmente ero talmente certo della netta affermazione dei No, che ieri la mia attenzione era più orientata al voto presidenziale nella confinante Austria: la riconferma del verde Van der Bellen, che sconfigge nuovamente i nazionalisti di Hofer, è fondamentale segnale di maturità democratica contro la demagogia xenofoba di cui è sempre più intrisa l’ Europa.
Un altro piccolo raggio di sole.
In Italia la vera sfida inizia adesso.
Occorrerà tornare, celermente alle urne per definire un nuovo Parlamento e un nuovo Esecutivo.
Per farlo sarà necessario attendere le determine della Consulta sul pantano delle leggi elettorali: Italicum, Mattarellum, Consultellum.
Dovremo saper essere argine democratico affinché i tempi di ritorno al voto siano realmente celeri, senza lasciare spazio alcuno ad improbabili governi tecnici.
Una vera discontinuità si misurerà dai programmi, e i temi centrali dovranno essere quelli che consentiranno ai cittadini e alla Nazione di uscire, in tutti i settori nevralgici, da decenni di emergenza continua.
Sui temi economici e sociali Attac Italia è da molto tempo uno degli ambiti di più avanzata elaborazione ed aggregazione, preciso punto di riferimento per molte aree del Movimento nonché punto di convergenza con i Movimenti Popolari di professione religiosa ( le 3 T: Tierra, Techo, Trabajo)
La lotta alle sempre più marcate diseguaglianze, economiche e sociali, è il comune punto di contatto.
Tale convergenza si è palesata su due fondamentali capisaldi: annullamento del Debito Illegittimo e riconversione ecologica della Società (a partire dall’integrale applicazione dell’esito referendario sull’ Acqua Pubblica), atti necessari per definire le linee guida di una vera Economia Sociale, sulla quale ricostruire dal basso, democraticamente il Paese.
Attac Italia non starà alla finestra: l’opportunità che si apre ora di orientare in senso partecipato, democratico e discontinuo la futura agenda del fare, è una questione che richiede l’impegno di ognuno di noi, per avere davvero un Paese più equo e più giusto.
Nel discorso di pre-commiato Matteo Renzi, il bivalente, ha tolto la maschera dell’arrogante per vestire quella del mansueto scout, ma ambizioso com’è (e depositario comunque di un 40% di Sì) non lascerà nulla di intentato per proseguire il suo progetto di definitiva trasformazione del Partito Democratico in una forza ancora più moderata e più asservita ai poteri forti.
La Costituzione è salva, ma il Paese è diviso.
Nell’affermazione del No deve essere riconosciuta l’assoluta centralità del Movimento 5 Stelle (Di Battista in primis, lontano dalle telecamere ma sempre nelle piazze), realtà che se sapesse analizzare, comprendere e superare tutte le defaillance emerse nella gestione della Giunta Raggi, potrebbe ulteriormente consolidarsi (e ciò, ci piaccia o meno) e magari uscire dal suo di per se sterile isolazionismo identitario e i dati altrettanto chiari provenienti da Nord, dove la Lega di Salvini copre le debacle di Forza Italia e dei loro partner minori, conquistando il proscenio della destra.
A sinistra dobbiamo, a mio modo di vedere, considerare le motivazioni dei “compagni che sbagliano” e che, molto ma molto numerosi, hanno seguito i ragionamenti di Cacciari e di Prodi, tappandosi il naso e votando sì, per paura, fondamentalmente, del dopo Renzi.
Un dato inquietante che deve essere molto ben analizzato e compreso dalla sinistra “radicale”.
Ottimo invece il voto nelle “città ribelli”, sintomo evidente che le pratiche attuate in quelle realtà stanno sempre più sedimentando consenso e creando un valido modello comune.
Asfaltato Renzi e salvata la Costituzione, ora si torna già sul terreno di gioco: la partita per una reale riappropriazione sociale, per un’economia sociale, per una riconversione ecologica della società è nelle mani di tutte e tutti, non possiamo indietreggiare: non una di meno, non uno di meno.
Fonte: Attac
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