La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 3 aprile 2016

Oltre le trivelle, le vere risorse dell’Italia

di Azzurra Giordani
Oltre le trivelle, un mare di risorse. Questo il titolo del convegno che si è tenuto ieri a Roma presso il Tempio di Adriano. A organizzarlo Mario Catania, presidente della Commissione parlamentare anticontraffazione, e Pippo Civati, deputato e segretario nazionale di Possibile. Tra i partecipanti, giuristi, ricercatori e ambientalisti uniti dall’obiettivo di diffondere le ragioni del “sì” al referendum del 17 aprile sulle trivellazioni nei nostri mari: «Se vincerà il sì le concessioni finora rilasciate per l’estrazione di gas e petrolio entro le 12 miglia si interrompano alla scadenza prevista, in caso contrario potranno proseguire fino all’esaurimento dei giacimenti» ha spiegato all’apertura del convegno Enzo Di Salvatore, docente di diritto costituzionale all’Università di Teramo e cofondatore del Coordinamento nazionale “No Triv”. In merito Mario Catania sottolinea: «È scorretto e illiberale il concetto di proroga sine die di concessioni esistenti. Dimostra quanto sia scadente la politica di governo del nostro paese».
Anche Dante Caserta, vicepresidente Wwf Italia, ritiene aberrante sul piano politico una proroga per legge di concessioni a termine, come introdotto attraverso l’ultima Legge di Stabilità. e fa notare che tali autorizzazioni hanno scadenze in tutti i settori.
Sulla convenienza economica di trivellare i nostri mari si esprime Di Salvatore: «Secondo l’Unione petrolifera, le produzioni di greggio e di gas entro le 12 miglia marine rappresentano l’1% e il 2% del fabbisogno energetico nazionale rispettivamente. E diminuire la produzione non vuol dire aumentare le importazioni – precisa Di Salvatore – Non c’è nessuna correlazione positiva tra le due variabili». Smontata anche la questione occupazionale in caso di vittoria del “sì”: se la norma sarà abrogata il 18 aprile nessuno perderà il posto di lavoro, ma si ristabilirà la situazione esistente a dicembre 2015 prima della sua entrata in vigore. Inoltre, sottolinea Di Salvatore: «Le stime dei lavoratori impiegati nel settore del petrolio forniteci sono tra le più varie e pertanto non attendibili».
A presentare un modello energetico più valido e alternativo a quello obsoleto fondato sulle fonti fossili è stata Rossella Muroni, presidente nazionale Legambiente: «Dobbiamo puntare sulle rinnovabili. Queste fonti energetiche, se ben gestite, sono esattamente il contrario del concetto economico del monopolio, cioè della concentrazione in poche mani di grandi poteri. Il modello di produzione energetica che noi proponiamo è quindi rivoluzionario perché parte dai cittadini. Bisogna far capire loro che si può essere non solo consumatori ma anche produttori di energia». Il nostro Paese ha però un rapporto complicato con le rinnovabili, sottolinea Muroni: «Siamo partiti con incentivi a pioggia, trasformati poi in speculazioni, come denuncia il rapporto ecomafia di Legambiente». La presidente dell’associazione esprime anche preoccupazione per la sorte degli impianti petroliferi in caso di vittoria del sì: «Se noi mettiamo un termine alle concessioni poi dovrà essere fatto lo smantellamento delle trivelle fuori uso. Ma in Italia non si parla mai di come i posti devono essere riportati a nuova vita. Invece anche guardare al post-industrialismo è green economy»
Oltre che puntare sulle rinnovabili, è essenziale investire in efficienza energetica, è stata la riflessione di Sergio Ferraris, direttore di “Quale Energia”: «Abbiamo le tecnologie per consumare meno energia, dobbiamo impiegarle». Claudio Ferrari, presidente di Federesco, ha sottolineato dal canto suo i molteplici vantaggi di questa scelta visto che gli interventi per l’efficientamento si ammortizzano economicamente con il risparmio, abbattendo le emissioni e creando lavoro visto che questo settore coinvolge molti operatori con diverse qualifiche.
La transizione energetica è già in atto: «Oggi in Italia il 40% dell’energia elettrica è prodotta dalle fonti rinnovabili – sostiene Gianluca Ruggieri, ricercatore dell’Università dell’Insubria – Questo era l’obiettivo del 2013 per il 2020. È stato raggiunto in un anno. Ciò non vuol dire che dobbiamo fermarci, ma che dobbiamo procedere ancora in questa direzione». E una proposta arriva da Muroni: «Se domani mattina si facesse un decreto che permette al biometano prodotto negli impianti di digestione anaerobica e dalle biomasse di essere introdotto in rete potremmo portare i posti di lavoro da 5.000 a 16.000 nel settore biogas e biometano e potremmo produrre dal 7 al 13% di gas nel nostro paese».

Fonte: La Nuova Ecologia 

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