di Federico La Mattina
La vittoria di Macri in Argentina, la sconfitta del chavismo alle elezioni del 6 dicembre in Venezuela e il golpe parlamentare ai danni di Dilma Rousseff in Brasile sono eventi che stanno ridisegnando la politica latinoamericana e avranno certamente influenze nella geopolitica della regione. L’America Latina negli ultimi sedici anni ha vissuto importanti ed epocali cambiamenti politici: governi progressisti e integrazionisti sono andati al potere dal Venezuela all’Argentina, passando per Uruguay, Paraguay, Bolivia, Ecuador e ovviamente il Brasile. Si tratta di esperimenti politici che non sono riusciti a modificare a fondo la realtà latinoamericana con riforme di struttura (anche le esperienze più radicali, come quella venezuelana) ma che hanno indubbiamente dato un grande contribuito alla lotta alla povertà, al riconoscimento dei popoli indigeni, ai processi di integrazione latinoamericana svincolata dalle ingerenze statunitensi.
Sono dovuti scendere a compromessi, hanno dovuto governare con le oligarchie economiche e mediatiche di traverso al proprio interno, hanno commesso certamente errori ma non era poi così facile fare diversamente, considerati i rapporti di forza e la complessa realtà latinoamericana. L’Argentina di Nestor Kirchner e il Venezuela di Chávez hanno dato un contributo fondamentale all’affossamento dell’Alca, area di libero scambio americana (con l’esclusione di Cuba) voluta da Bush. Sono state fondate l’Alba, l’Unasur, la Celac; il Mercosur è stato rafforzato diventando la quinta area economica del pianeta. Il Brasile, componente de Brics, ha rivestito un’importanza fondamentale a livello regionale, legando sempre più a sé il futuro politico della regione.
Sono dovuti scendere a compromessi, hanno dovuto governare con le oligarchie economiche e mediatiche di traverso al proprio interno, hanno commesso certamente errori ma non era poi così facile fare diversamente, considerati i rapporti di forza e la complessa realtà latinoamericana. L’Argentina di Nestor Kirchner e il Venezuela di Chávez hanno dato un contributo fondamentale all’affossamento dell’Alca, area di libero scambio americana (con l’esclusione di Cuba) voluta da Bush. Sono state fondate l’Alba, l’Unasur, la Celac; il Mercosur è stato rafforzato diventando la quinta area economica del pianeta. Il Brasile, componente de Brics, ha rivestito un’importanza fondamentale a livello regionale, legando sempre più a sé il futuro politico della regione.
L’America Latina dopo le umiliazioni del colonialismo, dell’imperialismo e delle dittature criminali e genocide (legate a doppio filo all’imperialismo statunitense) si sta finalmente rialzando per uscire dallo stato di marginalità periferica in cui è stata relegata per secoli nel sistema internazionale: il merito dei governi progressisti in questo senso è stato enorme e non è un caso ad esempio che il primo summit della Celac si sia tenuto a Caracas Si tratta però di un processo lento e contraddittorio, dove processi di emancipazione si alternano a balzi all’indietro. In questi mesi stiamo assistendo a un’inversione di tendenza politica che in Brasile si è manifestata sotto la forma di un golpe istituzionale. Dilma Rousseff (eletta nel 2014 con oltre 54 milioni di voti) è stata vittima di un procedimento di impeachment e sostituita dal vicepresidente Michel Temer. Si tratta di una figura tutt’altro che limpida: inquisito per corruzione insieme a sette nuovi ministri (secondo rivelazioni di “Wikileaks” Temer è stato anche un informatore dell’intelligence statunitense) [1]. Il ministro dell’agricoltura Blairo Maggi ad esempio è considerato tra i principali responsabili della deforestazione dell’Amazzonia. Simon Romero in un articolo sul “New York Times” ha messo bene in evidenza la svolta conservatrice in Brasile con il cambio di governo [2].
Ha scritto a tale proposito Gennaro Carotenuto, storico attento alle vicende latinoamericane:
"Quello di Temer è un governo di agroindustriali, fondamentalisti neoclassici ed evangelici (due facce della stessa medaglia), corrotti, violatori di diritti umani e narcos, che ha come ministro di giustizia un avvocato vicino al principale cartello criminale del paese. Addirittura duecento degli uomini che hanno votato l’impeachment contro Dilma sono già inquisiti per corruzione, con l’infamia massima di uno di loro che ha votato in onore al boia che torturò la presidente durante la dittatura" [3].
La svolta neoliberale in Brasile e Argentina non aiuta di certo la difficile situazione che la rivoluzione bolivariana sta vivendo in Venezuela. Maduro è alle strette con l’Assemblea Nazionale di traverso in un paese tartassato dalla crisi economica. Il Venezuela ha subito un’aggressione latente costante in questi anni e una vera e propria guerra economica finalizzata alla destabilizzazione del paese. E’ anche vero però che il Venezuela sconta un’eccessiva dipendenza dal petrolio, con tutti i rischi e la vulnerabilità che questo comporta in assenza di un’economia diversificata.
I grandi gruppi mediatici come “Globo” in Brasile, “Clarín” in Argentina (ma anche i media venezuelani) sono sempre stati ostili alla sinistra e hanno giocato un ruolo importante nel favorire o supportare rivolgimenti politici in senso reazionario. Il “nuovo” Brasile rinforzerà verosimilmente l’asse politico con l’Argentina di Macri, stringerà migliori rapporti con gli Stati Uniti e non sosterrà più i governi di sinistra della regione, come il Venezuela bolivariano (Dilma Rousseff, anche se con cautela, si è sempre schierata contro i tentativi di golpe in Venezuela). Roberto Vecchi (in piena demonizzazione di Lula e Dilma Rousseff) ha scritto il 18 marzo su “Limes” :
"Ma c’è soprattutto lo scontro condotto da un’alleanza sempre più visibile tra mass media, magistratura, settori economici e gruppi di potere con l’obiettivo non solo di abbattere l’attuale presidenza del Pt demonizzandone il leader storico, ma anche di governare in modo occulto la fase successiva all’eventuale deposizione di Dilma" [4].
Il Presidente ad interim Temer ha già annunciato un programma di privatizzazioni e taglio alla spesa pubblica, pur affermando di volere “mantenere le garanzie sociali” ottenute in questi anni: un salto indietro nel buio della lunga notte neoliberale. La destra è tornata all’attacco in America Latina: si tratta di una svolta politica che avrà delle notevoli ripercussioni geopolitiche sia a livello di integrazione regionale che nel campo dei Brics (per il ruolo del Brasile). Il Venezuela traballante fa scricchiolare il futuro dell’Alba e – una volta venuto meno il ruolo progressivo di Argentina e Brasile – i processi di emancipazione inaugurati dalle sinistre di governo subiranno una dura battuta di arresto. Le lancette della storia non possono però tornare indietro e le conquiste sociali e democratiche dei governi progressisti non potranno essere spazzate via facilmente dai Temer o Macri di turno. Per la sinistra latinoamericana si apre adesso una nuova difficile fase politica.
Note
[2] S. Romero, New President of Brazil, Michel Temer, Signals More Conservative Shift, “The New York Times”, 12/05/2016, http://www.nytimes.com/2016/05/13/world/americas/michel-temer-brazils-interim-president-may-herald-shift-to-the-right.html?_r=0 .
[3] G. Carotenuto, Brasile, le responsabilità del PT e il golpe da fermare, 14/05/2016, http://www.gennarocarotenuto.it/28079-brasile-golpe-pt/.
[4] R. Vecchi, L’alleanza contro Dilma e Lula minaccia la democrazia in Brasile, “Limesonline”, 18/03/2016, http://www.limesonline.com/brasile-lula-ministro-dilma-intercettazione-complotto-democrazia/90442?prv=true.
Fonte: Marx21.it
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