La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

venerdì 13 maggio 2016

La Germania si accorge che in Grecia l’austerity non paga

di Dimitri Deliolanes
Il vertice dell’eurogruppo sulla Grecia ha trovato un compromesso con Atene, peraltro più favorevole al debitore che non ai creditori. L’Fmi e i duri di Berlino (Schäuble in testa) esigevano l’imposizione di un pacchetto aggiuntivodi misure per 3,6 miliardi. Altrimenti, dicevano, la Grecia non avrebbe potuto mantenere un avanzo primario del 3,5% a partire dal 2018. Richiesta respinta. Anche se l’obiettivo di un avanzo simile appartiene al mondo delle favole (e delle allegre previsioni mai azzeccate del Fmi), Atene si è impegnata a sancire un meccanismo di tagli automatici in caso di sforamenti. Il debitore ha ottenuto un altro importante punto. Per la prima volta i creditori ammettono che la sostenibilità del debito greco (182% del pil a fine anno) è fortemente incerta. È l’inizio di una riflessione seria e, soprattutto, inedita: il precedente governo Samaras (destra-Pasok) era allineato sulle posizioni Schäuble (“taglio vietato da regole Eurozona”) e dava battaglia per far riconoscere la “sostenibilità del debito”.
Per Tsipras anche un allungamento generoso delle scadenze e un abbassamento deciso dei tassi sarebbe manna dal cielo. Darebbe grande sollievo all’economia: con quel minimo di ordine nei conti pubblici, imposto con le buone ma più con le cattive dai creditori in questi durissimi 6 anni di crisi, si potrebbe garantire un ritorno ai mercati finanziari e un po’ di liquidità. Quello che ci vuole per decollare.
È questo il progetto che muove il governo greco. Per evitare un aggravamento dell’ultimo momento, Tsipras ha fatto approvare una prima tranche di riforme (vere, anche se dure) su pensioni e fisco già domenica 8 maggio, prima della valutazione dell’ex troika. La maggioranza di 153 deputati (su 300) ha retto, malgrado la grande mobilitazione popolare.
I deputati di Syriza e dei Greci Indipendenti sperano che, una volta sbarazzatisi del debito e innescata la via della crescita, le misure recessive imposte dai creditori saranno abolite. In particolare, le odiate imposte al lavoro dipendente e alla piccola e media impresa e quegli sconsiderati aumenti dell’Iva che abbattono i consumi e non portano soldi allo Stato.
Secondo Eurostat, questo progetto di Atene ha buone probabilità di riuscita. Già l’anno scorso, malgrado tutto, l’avanzo primario è stato sorprendentemente alto (0,7%). L’anno prossimo, dicono gli europei, il pil greco potrebbe anche raggiungere il 2,7%, segnando la fine di una drammatica recessione del -25% in 7 anni.
Tutto questo a condizione che i taliban dell’austerità, tedeschi in testa, abbiano compreso la lezione greca e continuino sulla via della moderazione. L’austerità non paga, è evidente. Insistere per ragioni politiche porta solo guai all’Europa.

Fonte: Limes online

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