di Luca Martinelli
Abbiamo in Italia una legge contro il consumo di suolo fertile: il testo è stato approvato ieri alla Camera, e adesso dovrà passare per l'aula del Senato. Così com'è, però, questo provvedimento non serve: l'elemento che manifesta più di ogni altro l'orizzonte limitato della proposta è la data entro la quale è previsto l'azzeramento del consumo di suolo, ovvero il 2050. Se guardiamo a che cosa è accaduto in Italia tra il 1989 e il 2014, e consideriamo il trend costante che vede il consumo di 7 metri quadrati al secondo, possiamo immaginare che tra 35 anni buona parte delle aree costiere e di pianura saranno sature.
I dati sono quelli dell'ISPRA, che opera per conto del ministero dell'Ambiente: in 25 anni sono stati "occupati" 5.700 chilometri quadrati di suolo, con un aumento dell'1,9% del "consumo" totale (dal 5,1% al 7%).
Ma il dato aggregato, secondo cui sarebbe "consumato" appena il 7 per cento del territorio nazionale (pari a 21mila chilometri quadrati, ISPRA 2015), come riporta il comunicato dell'onorevole Chiara Braga, relatrice del provvedimento e responsabile nazionale ambiente del PD, offre una lettura limitata, perché non tiene conto dell'orografia del Paese: basta depurare la superficie dell'Italia dal suolo "non consumabile" -quello a quote superiori ai 600 metri, e con pendenze superiori al 10 per cento- per arrivare al 10,8% (è sempre l'ISPRA ad offrire i dati).
Inoltre, lungo la fascia costiera della Liguria e delle Marche il consumo medio è già al 40 per cento, e ci sono 20 Comuni in tutto il Paese -in maggioranza nel napoletano e in Pianura Padana- in cui il costruito supera il 56,8%, e tra questi anche due capoluoghi di Regione come Torino e Napoli.
Ecco perché gli ultimi emendamenti approvati ieri -che riducono e ridicolizzano la portata della moratoria triennale su nuovi progetti che comportano consumo di suolo fertile- suonano come una beffa.
C'è poi un ultimo aspetto che rende quasi grottesco il titolo della legge, perché non si può parlare di contenimento del consumo di suolo se sono fatte salve le previsioni relative alle infrastrutture strategiche, quelle che erano contenute nell'elenco della Legge Obiettivo del 2001 e che passano sotto la disciplina del Titolo V del decreto legislativo numero 50 del 18 aprile 2016, il nuovo Codice degli appalti.
Dalle infrastrutture dipende il 41,3% di suolo consumato (ISPRA, 2015).
Facciamo un esempio, che rende evidente la distanza tra teoria e pratica: a dieci giorni dall'approvazione della legge, il primo maggio il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) si è riunito ed ha accordato la realizzazione di numerose infrastrutture impattanti, come un collegamento (autostradale) tra la BREBEMI e la A4, o la Pedemontana piemontese. Ha inoltre reiterato il vincolo all'esproprio per i terreni interessati dal passaggio dell'Alta velocità ferroviaria tra Brescia e Verona, che nell'area del Basso Garda attraversa i pregiati vigneti del Lugana (qui il nostro reportage).
Ha infine accordato un finanziamento pubblico (mediante il ricorso a misure di defiscalizzazione) pari a circa 40 milioni di euro per la realizzazione di un'autostrada di 15 chilometri tra Campogalliano e Sassuolo, in provincia di Modena. Non solo si favorisce il consumo di suolo (nel caso in specie secondo Legambiente Modena, contraria al progetto, si andrebbe a ledere l'eco sistema del Secchia, dato che la pista d'asfalto larga almeno 25 metri seguirebbe il corso del fiume), ma agli imprenditori responsabili dell'impermeabilizzazione si garantisce anche uno sconto IVA e IRPEF.
Cancellare opere infrastrutturali dal pesante impatto sul suolo, quindi, servirebbe anche a ridurre la spesa pubblica: solo la TAV tra Brescia e Verona, ad esempio, costa circa 4 miliardi di euro.
Ecco perché la legge approvata non risponde in alcun modo alle motivazioni che hanno portato negli ultimi quattro anni numerose associazioni e comitati (e anche noi di Altreconomia) a mobilitarsi nel Forum "Salviamo il paesaggio" -che ha visto tra i promotori anche Slow Food e Legambiente-. C'è un unico elemento nella legge "figlio" dell'azione del Forum: è la previsione di realizzare un censimento degli immobili sfitti o non utilizzati, anche se l'articolo che fa riferimento a questo aspetto chiede alle Regioni -nei 90 giorni successivi all'approvazione della legge- di definire le modalità di svolgimento dello stesso: è facile prevedere l'inazione o la scrittura di criteri e modalità che renderanno i dati raccolti non comparabili.
Fonte: Altreconomia
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