di Antonio Sciotto
L’obiettivo della legge è nobile: azzerare il consumo di suolo – in pratica la cementificazione a danno dei terreni verdi e agricoli – entro il 2050, in applicazione di una direttiva Ue. Ma diversi emendamenti della maggioranza hanno allargato le maglie, rimettendo in campo – secondo gli ambientalisti e i Cinquestelle – il pericolo di nuove edificazioni dannose per l’ambiente e il paesaggio. Il ddl del governo è passato alla Camera, e ora proseguirà il suo iter al Senato. Secondo il governo e il Pd, le nuove norme permetteranno di «tutelare la nostra agricoltura, conservando il paesaggio e stimolando l’edilizia di riuso e la rigenerazione urbana con il recupero di aree già occupate e strutture già esistenti» (il ministro Maurizio Martina), ma i pentastellati per protesta hanno alzato cartelli «Basta bugie» e annunciano battaglia.
Il testo approvato contiene «norme innovative, ma ancora molti punti contradditori e pericolosi», affermano le associazioni Fai, Legambiente, Slow Food, Touring Club italiano e Wwf, chiedendo al Senato di «aprirsi al confronto per migliorarlo».
La legge era attesa da anni: è la prima in Italia che si pone organicamente l’obiettivo di fermare il consumo di suolo (l’Ispra calcoa che ogni secondo vengono cementificati 7 metri quadrati), inducendo a riqualificare e rivalutare le aree già costruite. Tra gli aspetti positivi, a parte l’obiettivo in sé (fissato a 35 anni), secondo le associazioni c’è «l’introduzione di un censimento degli edifici e delle aree dismesse, non utilizzate o abbandonate, come precondizione per approvare qualsiasi nuovo consumo di suolo»: il censimento sarà obbligatorio e toccherà ai Comuni. Ancora, agli stessi Comuni viene vietato «di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente e di modificare la destinazione d’uso per le superfici agricole che hanno beneficiato di aiuti Ue».
Vincoli e paletti che dovrebbero aiutare a conservare il verde dei nostri paesaggi. Se nel frattempo non fossero intervenute, proprio negli ultimi passaggi in Commissione Ambiente, delle modifiche che hanno mutato il ddl originario, quello impostato già quattro anni fa dall’ex ministro Mario Catania e che era sostanzialmente condiviso anche da parte dei Cinquestelle. In particolare, sono cinque i punti critici: ce li illustra Massimo De Rosa, deputato M5S.
1) Alcuni rischi possono venire dalla nuova definizione di termini come «impermeabilizzazione», «consumo di suolo», «suolo consumato», che già contengono in sé deroghe all’edificazione. «Il suolo anche solo parzialmente impermeabilizzato non viene considerato perso – spiega De Rosa – Se ad esempio consideriamo un parcheggio fatto con i cosiddetti “autobloccanti a verde”, il fatto che lascia passare l’acqua tra un mattone e l’altro secondo la nuova legge permette di non farlo rientrare nel suolo consumato. Quindi non entrerà neanche nelle relative rilevazioni».
2) Il meccanismo di calcolo e pianificazione dei nuovi suoli consumabili apre a forti consumi in attesa della deadline del 2050. «Stato, Regioni e Comuni devono definire e calcolare a cascata, ma non ci metteranno meno di due anni – spiega De Rosa – Inoltre non ci sono obblighi né sanzioni, quindi è probabile che molti dati non perverranno mai. Una volta ogni 5 anni si decide quanto suolo si è autorizzati a consumare: ma non è che rischiamo di cementificarne troppo entro i prossimi 35 anni?».
3) L’articolo 5, quello dedicato alla «rigenerazione urbana», prevede una delega al governo senza troppi paletti, perché semplifichi le procedure per la riqualificazione di intere porzioni di città. «Semplificazione – secondo l’M5S – rischia di coincidere con “abusi”, visto che non si cita nessun obbligo di riferimento al Testo unico sull’edilizia: e così addio al rispetto degli spazi, delle sagome, dei servizi minimi da offrire ai cittadini».
4) Nell’articolo 6 si permette la modifica di destinazione uso dei fabbricati agricoli, che potranno essere demoliti e ricostruiti diventando studi medici, uffici, spazi ludico-ricreativi o sociali. «La componente maggiore dovrà restare a disposizione di usi agricoli – dice De Rosa – ma nonostante questo si stravolge la storia di interi siti, rischiando peraltro che vengano abbattuti edifici storici non vincolati dalla Soprintendenza».
5) Articolo 11, deroghe pro-Anci: il testo era rimasto immutato per mesi, poi in prossimità dell’arrivo in Aula la maggioranza ha fatto sue le richieste dell’Anci: «Si fa salvo – denuncia l’M5S – quasi tutto quanto già previsto dai piani di trasformazione: e non solo quello che è in fase di lavori avanzati, basta essere al grado della programmazione. Chiaro che ora, prima che entri in vigore la legge, tutti correranno a programmare interventi edilizi: una sorta di maxi-sanatoria». «Per noi la pianificazione del territorio deve essere statale, e il privato deve venire dopo, ma qui è passato il principio contrario – conclude l’M5S De Rosa – Prima di costruire su nuovi suoli, rigeneriamo e bonifichiamo l’esistente. E mettiamo le risorse sulla riqualificazione energetica: ogni miliardo investito crea 17-18 mila posti di lavoro e fa bene all’ambiente».
Fonte: il manifesto
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