La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 31 luglio 2016

Euro o non Euro: questo è il dilemma

di Stefano Sylos Labini
Considero il referendum sull’euro un vero suicidio perchè passerebbero mesi: prima bisogna fare una legge costituzionale votata dai 2/3 del parlamento, poi si potrebbe indire il referendum e dopo qualche mese si andrebbe a votare. E’ una linea che porta con se rischi enormi: dall’incertezza sulle reali intenzioni degli italiani, ai tempi lunghi e alla possibilità che si crei una situazione tipo Grecia con attacchi della speculazione finanziaria e la paralisi delle banche; dalle probabili resistenze internazionali sull’uscita dell’Italia dall’euro per una crisi finanziaria globale all’opposizione dei grandi attori economici.
Più precisamente: 1. le forze economiche come Confindustra, Associazione Bancaria e Sindacati sono contro l’uscita e possono influenzare in modo pesante i mezzi di comunicazione; 2. l’uscita dell’Italia dall’euro potrebbe provocare la disintegrazione dell’euro e una crisi finanziaria globale al cui confronto Lehman Brother sarebbe un’inezia e difficilmente i grandi paesi come USA, Cina e Russia che hanno euro nelle loro riserve staranno a guardare; 3. è molto dubbio che la stragrande maggioranza degli italiani abbia il coraggio e la volontà di uscire perchè sarebbe importante che il paese non si spaccasse a metà su una scelta del genere.
D’altra parte con una legge come l’Italicum c’è il rischio che un partito che prende il 25/30% dei voti degli italiani abbia la maggioranza assoluta in parlamento il che non rispecchierebbe la situazione del paese: come potrebbe prendere la decisione di uscire senza referendum e cioè senza essere sicuro di avere il consenso della maggioranza degli italiani ?
Insomma l’uscita dall’euro è un percorso molto complicato, per questo abbiamo proposto la moneta fiscale da lanciare all’interno dell’euro. La moneta fiscale non infrange le regole, ora ne stiamo discutendo con la Ragioneria dello Stato, il problema è politico poichè un’operazione del genere richiede grande compattezza e determinazione.
Ma in questo momento la situazione non è favorevole poiché da una parte c’è il blocco proeuro composto da PD, Forza Italia e altri partiti di centrodestra che sono allineati sulla politica dell’austerità filotedesca e rappresentano l’establishment che vuole conservare lo status quo; dall’altra parte c’è il M5S che parla di referendum sull’euro con lo slogan “facciamo decidere ai cittadini se rimanere o uscire dall’euro” con l’ovvia implicazione che se ci fosse il referendum il M5S voterebbe per l’uscita; poi c’è la Lega che vuole uscire senza referendum e punta ad un nazionalismo protezionista e infine c’è Sinistra Italiana che ancora non ha elaborato una strategia unitaria e oscilla tra chi pensa di riformare l’Europa in senso democratico e progressista e chi parla di “superamento” dell’euro.
Nel frattempo l’economia continua a peggiorare: per rispettare gli impegni sui conti pubblici servono altri 5 miliardi e sono necessari 8 miliardi per evitare l’aumento Iva; il rapporto tra debito pubblico e Pil sta continuando ad aumentare data la bassa crescita e la deflazione dei prezzi e ha toccato il picco del 135,4% (2.229 miliardi di euro); le banche sono sempre più in difficoltà e potrebbero avere bisogno tra 30 e 100 miliardi di nuovi capitali.
Se continua cosi’ si apriranno le porte a una nuova recessione, che fara’ un’ecatombe, anche perche’ la politica monetaria e fiscale non avra’ altri margini per l’Italia. Il sistema degli eurovincoli è andato contro un muro. In questo quadro l’unico modo per superare la crisi in tempi rapidi (a nostra conoscenza perlomeno…) è la moneta fiscale che ha riscosso l’interesse di Mediobanca, del Sole24Ore/Confindustria e della CGIL.
Con i CCF noi non intendiamo eludere le regole del fiscal compact. Semplicemente le attuali regole degli European Systems of Account (ESA) prevedono esplicitamente e inequivocabilmente che l’emissione di Non Payable Deferred Tax Assets (quali, appunto, i nostri CCF) non possa configurarsi come spesa pubblica o debito. Il motivo del ricorso ai CCF a scadenza di due anni è quello di concedere all’economia tempo sufficiente per produrre le risorse e generare le entrati fiscali necessarie per evitare i deficit futuri che si produrrebbero – ceteris paribus – per effetto dei mancati introiti di euro derivanti dall’esercizio del diritto agli sconti fiscali. Le clausole di salvaguardia previste dalla proposta, peraltro, consentono di coprire i deficit nell’eventualità (che riteniamo abbastanza improbabile) di fiscal underperformance.
In estrema sintesi: se emetto più crediti fiscali di quanti ne ritiro, si fa una manovra fiscale espansiva denominata in CCF e poiché posso spendere subito CCF ma sullo Stato incidono dopo due anni, debito pubblico e deficit in euro scendono, come vuole UE… ma senza farci danni… in pratica, riduzioni di parametri in euro più che compensate da emissione CCF.
Nessun terremoto, no speculazione finanziaria, zero terrorismo mediatico, nessun italiano da convincere che può spendere di più e che può pagare meno tasse, ci arriva da solo…
Manovra attuabile subito, nessun permesso da chiedere a Germania o UE (nel DEF si presentano emissioni di CCF pareggiate da clausole di salvaguardia, che poi non si attueranno grazie alla ripresa).
La situazione delle banche migliorerebbe grazie al titolo CCF sicuro e con buon rendimento, famiglie e imprese riprenderebbero fiducia, ripartirebbero consumi e investimenti, lo Stato potrebbe rifinanziare welfare state e infrastrutture.
Chissà se il buon senso, l’intelligenza e il coraggio prenderanno il sopravvento oppure se il nostro Paese continuerà ad affondare.

Fonte: syloslabini.info 

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