La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 7 luglio 2016

L’arma letale del referendum

di Stefano Sylos Labini
Con la vittoria dei 5 Stelle alle elezioni comunali si può dire che il piano di Renzi è fallito su tutta la linea: ci sono forti pressioni dentro la maggioranza per cambiare l’Italicum mentre il NO al referendum costituzionale ha grosse probabilità di vincere. In più, i segnali che arrivano dall’economia sono completamente negativi. Renzi è un morto che cammina e verrà tenuto in piedi dai poteri forti finché lo riterranno conveniente. Al riguardo, è significativa la previsione del Centro Studi Confindustria sugli effetti economici della vittoria del NO al referendum: “Una vittoria dei no sulle riforme costituzionali porterebbe l’Italia a una recessione che costerebbe 4 punti di Pil in meno nel triennio 2017-2019, 600 mila occupati in meno e 430 mila persone in condizione di povertà”.
In particolare, il centro studi ha quantificato l’effetto complessivo per il triennio 2017-2019: il Pil cala dello 0,7% nel 2017 e dell’1,2% nel 2018, per poi risalire dello 0,2% nel 2019. In totale, il Pil si riduce dell’1,7% mentre nello scenario base sarebbe salito del 2,3% con una differenza di ben quattro punti percentuali. Si tratta di previsioni senza alcun fondamento scientifico, diffuse per creare pressione sull’opinione pubblica.


Se i sondaggi continueranno a fotografare l’ascesa del M5S, non è da escludere che il nostro Paese sarà oggetto di pressioni speculative crescenti via via che si avvicineranno le elezioni politiche le quali teoricamente si dovrebbero tenere nel 2018. Ciò perché, nonostante i messaggi rassicuranti che il M5S sta mandando in quest’ultima fase – facciamo il referendum per far decidere alla gente se rimanere o uscire dall’euro – è chiaro che l’obiettivo è il superamento dell’euro. Pertanto la moderazione del M5S che non sta più parlando in modo esplicito di uscita come faceva Beppe Grillo un anno fa, non avrà grandi effetti sulla stabilità finanziaria dell’Italia, specialmente nel periodo successivo alle elezioni politiche. Infatti, se il M5S vincesse le elezioni, dovrebbe fare una legge costituzionale votata dai 2/3 della maggioranza parlamentare per indire il referendum sull’uscita: potrebbero passare diversi mesi fin quando questo processo non sarà portato a termine e il rischio è quello di fare il referendum sotto il bombardamento della speculazione sui Btp e sulle banche in un clima mediatico di terrore che potrebbe mettere in moto fughe di capitali e corse agli sportelli bancari rafforzando il “partito pro euro”.
Dunque, se il vero obiettivo è l’uscita dall’euro e il referendum è solo uno strumento per misurare il consenso, il M5S farebbe bene a lasciar perdere la consultazione popolare per puntare su un’uscita che sia il più rapida possibile perché più i tempi si dilatano più cresce il rischio di essere massacrati dai mercati finanziari. In altri termini, sarebbe bene che i danni collaterali siano contenuti, il problema sta nel periodo di transizione, poi una volta usciti si aprono scenari diversi, ma il fattore tempo è molto importante.
Per concludere, il referendum sull’uscita dall’euro potrebbe essere letale per il M5S così come il referendum sulla riforma costituzionale sta diventando letale per Renzi. Per questo abbiamo cercato di far presente al M5S l’opportunità di lanciare la moneta complementare di tipo fiscale all’interno dell’euro evitando di creare una situazione di incertezza e di instabilità che potrebbe danneggiare pesantemente il nostro Paese. Ma da quel che sembra è difficile che la moneta fiscale diventi un obiettivo strategico del M5S.

Fonte: syloslabini.info

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