di Dani Rodrik
Ogni volta che parlo con un altro turco a proposito del movimento Gulen spunta invariabilmente fuori una domanda: dietro Gulen c’è la CIA? In realtà per la maggior parte dei turchi questa è una domanda piuttosto retorica, con una risposta incontrovertibile. La convinzione che Gulen e le sue attività siano orchestrate dagli Stati Uniti è tanto forte quanto diffusa tra i turchi di ogni colore politico, laici o islamisti. Il presente è il mio tentativo di offrire una risposta ragionata alla domanda. La mia conclusione in breve: non penso che Gulen sia uno strumento degli Stati Uniti o che abbia ricevuto sostegno dagli Stati Uniti per le sue operazioni clandestine.
Ma è possibile che alcuni elementi dell’apparato della sicurezza nazionale statunitense ritengano che Gulen promuova i loro piani, che sia meritevole di protezione sul suolo statunitense e abbiano sinora prevalso su altre voci della dirigenza con idee diverse. In ogni caso gli Stati Uniti devono seriamente riconsiderare il loro atteggiamento nei confronti di Gulen e del suo movimento.
Ma è possibile che alcuni elementi dell’apparato della sicurezza nazionale statunitense ritengano che Gulen promuova i loro piani, che sia meritevole di protezione sul suolo statunitense e abbiano sinora prevalso su altre voci della dirigenza con idee diverse. In ogni caso gli Stati Uniti devono seriamente riconsiderare il loro atteggiamento nei confronti di Gulen e del suo movimento.
Sostegno diretto?
Quelli che credono che dietro Gulen ci siano gli USA solitamente propongono due argomenti. Primo: indicano, tanto per cominciare, come Gulen abbia ottenuto la sua carta verde. La lunga lista di persone che hanno scritto lettere di raccomandazione a favore di Gulen comprende due dipendenti di lungo corso della CIA (Geoerge Fidas e Graham Fuller) e un ex ambasciatore statunitense in Turchia (Morton Abramowitz). Queste persone scrivono a titolo individuale e la loro difesa è basata sia sulla persecuzione di Gulen da parte della magistratura turca allora laicista, sia sull’apparente promozione, da parte di Gulen, di una versione moderata dell’Islam.
Su quest’ultima questione, almeno, è equo supporre che tali raccomandatori avessero una conoscenza solo limitata dell’intero corpus di Gulen che include del materiale parecchio incendiario contro ebrei, cristiani, Stati Uniti ed Europa Occidentale. (Alcuni anni fa ho mostrato a uno degli autori delle lettere di raccomandazione un sermone particolarmente antisemita gli ho chiesto se ne era a conoscenza; mi ha detto che non ne aveva avuto idea).
Tuttavia il punto più importante a proposito della sua carta verde – e un punto che è trascurato in Turchia – è che l’amministrazione USA in realtà era contraria a concedere a Gulen una carta verde. Aveva respinto la domanda di Gulen e poi si era strenuamente opposta quando i legali di Gulen si erano appellati. Avvocati del Dipartimento della Sicurezza Nazionale avevano stroncato i titoli di Gulen e avevano sostenuto che non c’era alcuna prova che egli fosse una persona di eccezionali capacità nel campo dell’istruzione: “Lungi dall’essere un accademico, il ricorrente cerca di ammantarsi di uno status accademico incaricando accademici di scrivere su di lui e pagando per conferenze in cui è studiato il suo lavoro”.
Gulen deve la sua residenza non al ramo esecutivo degli Stati Uniti (e a qualsiasi servizio segreto possa celarsi dietro di esso), bensì a un giudice federale con scarso interesse alla politica estera o a questioni di servizi segreti che ciò nonostante ha in qualche modo sentenziato a suo favore. La tesi del giudice è stata che l’amministrazione aveva interpretato il relativo campo dell’”istruzione” in termini troppo rigidi e avrebbe dovuto considerare i contributi di Gulen in altre aree quali “teologia, scienze politiche e studi islamici”.
Il secondo argomento è che Gulen e i suoi seguaci non avrebbero avuto tanto successo nell’estendere il loro impero e la loro influenza senza l’attivo sostegno degli Stati Uniti. Io penso che questo sottovaluti gravemente le capacità proprie del movimento. Gulen ha a lungo enfatizzato l’istruzione, l’organizzazione e la segretezza. Il suo movimento ha investito nell’allevare una “generazione dorata” di individui intelligenti e ben addestrati. La mancanza di risorse non è mai stata un problema, grazie ai contributi di un esercito di devoti uomini d’affari. Come l’AKP ha scoperto a suo disdoro, i suoi dipendenti pubblici più capaci e competenti sono risultati servire un padrone diverso in Pennsylvania. E in ogni caso questo argomento esagera, secondo me, le capacità stesse degli USA: considerata la storia di cantonate della CIA c’è in realtà molto che essa avrebbe potuto imparare dal movimento di Gulen sulle operazioni clandestine.
La domanda critica qui è se c’è qualcosa che il movimento ha fatto e che non avrebbe potuto fare senza il sostegno attivo degli Stati Uniti. Aveva davvero bisogno dell’aiuto di qualche servizio segreto statunitense per espandere la sua rete di scuole parificate, per inscenare il processo Sledgehammer o per infiltrare e organizzare all’interno dell’esercito turco. Io penso di no.
Sostegno tacito?
Il governo USA può non aver avuto mano direttamente nelle attività di Gulen ma è più difficile scartare la tesi che abbia offerto un sostegno tacito, o che alcuni parti dell’amministrazione USA abbiano prevalso su altre meno entusiaste nei confronti di Gulen.
A giudicare dai documenti di WikiLeaks diplomatici statunitensi in Turchia erano eccezionalmente informati delle attività guleniste. Tali documenti sono in realtà una miniera d’oro di informazioni sul movimento di Gulen. Da essi apprendiamo, tra l’altro, le elaborate manovre utilizzate dai simpatizzanti di Gulen per infiltrare l’esercito turco, la richiesta di Gulen al rabbinato ebreo di sostegno nel corso della sua richiesta della carta verde, e il tentativo di simpatizzanti in seno alla polizia nazionale turca di ottenere un “nulla osta” per Gulen dal consolato statunitense di Istanbul. Apprendiamo anche che persino al culmine della loro alleanza, i gulenisti consideravano profeticamente Erdogan un ostacolo.
Forse di interesse più diretto per gli Stati Uniti, funzionari degli affari esteri sono da tempo consapevoli che molti turchi hanno ottenuto visti mediante raggiri con lo scopo ultimo di finire a fare gli insegnanti nelle scuole paritarie di Gulen. Tuttavia apparentemente non è mai stato fatto nulla per fermare questo flusso, né per chiamare il movimento a risponderne. Un numero ridicolo di visti H-1B – che prescrivono la dimostrazione che non sono disponibili lavoratori statunitensi qualificati – è stato rilasciato a insegnanti turchi in queste scuole. Uno naturalmente si chiede perché l’amministrazione USA non abbia mai operato un giro di vite sul movimento di Gulen per l’apparente truffa dei visti.
La stessa domanda sorge riguardo al diffuso schema di scorrettezze finanziare scoperte nelle scuole parificate di Gulen. Una fonte interna ha offerto prove che agli insegnanti turchi è richiesto di restituire una parte del loro salario al movimento. Lo FBI ha sequestrato documenti che rivelano l’assegnazione preferenziale di contratti ad aziende legate a turchi. Tali scorrettezze sono apparentemente tuttora sotto indagine. Ma la lentezza con cui il governo si è mosso induce a sospettare che non ci sia un travolgente desiderio di portare Gulen davanti alla giustizia.
Gulen solitamente si difende da queste accuse affermando che le scuole sono gestite da simpatizzanti e non sono direttamente sotto il suo controllo. Tuttavia il fatto è che egli ha vantato credito diretto per le scuole nella sua richiesta della carta verde, affermando che aveva sovrinteso alla loro creazione.
Poi c’è il caso Sledgehammer, pieno di impronte digitali del movimento di Gulen. Esso e i processi Ergenokon direttamente collegati hanno causato danni indicibili all’esercito dell’alleato NATO degli USA. L’incarcerazione di centinaia di ufficiali, compreso un ex capo di stato maggiore, ha seminato un clima di paura e di sospetto nell’esercito e ne ha fiaccato il morale. Forse all’inizio gli USA, come molti altri, sono stati raggirati riguardo a questi processi. Ma ormai dovrebbero sapere che questi processi farsa sono stati lanciati e hanno avuto la regia di gulenisti. Dirigenti statunitensi sono stati pronti nel lamentare in pubblico i danni che la purga post colpo di stato ha causato al potenziale militare turco. Tuttavia da loro non è venuto neppure un pigolio durante le caccie alle streghe di Ergenekon e Sledgehammer. Né l’amministrazione statunitense ha manifestato da allora alcun malcontento per il ruolo del movimento di Gulen in essi.
Il fallito colpo di stato
Il mistero non fa che infittirsi dopo il colpo di stato abborracciato. Gli USA hanno preteso dalla Turchia prove credibili del coinvolgimento di Gulen, il che è giusto. Ma oltre a ciò dall’esterno pare che i dirigenti dell’amministrazione siano prevalentemente interessati a gettare acqua sull’affermazione del governo turco che Gulen è stato dietro il colpo di stato, un’affermazione che è largamente giustificata.
L’esempio più vergognoso è quello di James Clapper, direttore dei Servizi Nazionali d’Informazione. Richiesto se le denunce turche che Gulen aveva pianificato il tentato colpo di stato hanno superato il “test olfattivo” della credibilità, Clapper ha risposto: “No. Non per me”. Clapper ha affermato che il Segretario di Stato Kerry “ha reagito bene e prontamente” sollecitando i turchi a documentare la loro richiesta di estradizione con prove del coinvolgimento di Gulen e ha aggiunto: “Ancora non l’abbiamo constatato. Certamente non l’abbiamo constatato dalle informazioni dei servizi”.
Ora, provenendo dal capo dei servizi segreti statunitensi, questa è nientemeno che un’affermazione sbalorditiva. Come chiariscono i dispacci di WikiLeaks cui ho fatto riferimento più sopra, almeno il Dipartimento di Stato era da parecchio ben consapevole dell’infiltrazione gulenista nell’esercito turco. Il ruolo dei gulenisti in Sledgehammer, che determinò il licenziamento della maggior parte degli ufficiali kemalisti/laicisti dell’esercito è ugualmente chiaro. Oltre a Sledgehammer la vasta gamma di operazioni clandestine dei gulenisti contro gli oppositori in Turchia deve essere ben noto ai servizi segreti statunitensi. Dunque quando il dirigente di grado più elevato dei servizi negli Stati Uniti liquida istintivamente il possibile coinvolgimento di Gulen, appare decisamente che o egli è incompetente o ha qualcosa da nascondere.
Dopo che è stata formulata la dichiarazione di Clapper il capo dell’esercito turco, che era stato tenuto in ostaggio dai golpisti durante il tentativo di colpo di stato, ha affermato che uno dei suoi sequestratori gli aveva offerto di metterlo direttamente in contatto con Gulen. Questa, di per sé, è a prima vista una prova del coinvolgimento di Gulen e probabilmente supera il test della “probabile causa” che è richiesta per l’estradizione. Incredibilmente dirigenti dell’amministrazione sono tuttora citati affermare: “Non ci sono prove credibili del coinvolgimento personale del signor Gulen”. In altri termini, questi dirigenti devono pensare che il capo dell’esercito del loro alleato NATO stia mentendo.
(Non mi occuperò dello sciocco articolo dell’ex funzionario della CIA Graham Fuller che esonera il movimento di Gulen che, al meglio, è miseramente disinformato e, al peggio, volutamente fuorviante. Fuller è in pensione da un certo tempo e dubito che rivesta qualche ruolo nella politica dell’amministrazione).
Dunque cosa diavolo sta succedendo qui?
Alla luce dei segnali disorientanti che provengono dagli USA e dell’apparente desiderio di molti dentro l’amministrazione o vicini a essa di difendere Gulen, non è difficile immedesimarsi con quelli che in Turchia ritengono che dietro Gulen ci siano gli USA (e, sì, anche dietro il tentativo di colpo di stato). Penso sia troppo forzato pensare che gli USA siano stati a conoscenza in anticipo del colpo di stato o lo abbiano appoggiato. C’erano troppi rischi e troppo pochi vantaggi per gli USA nell’esservi coinvolti. Contrariamente a quanto molti pensano in Turchia, i servizi segreti statunitensi sono lungi dall’essere onniscienti; dunque sì, il colpo di stato probabilmente ha avuto luogo all’insaputa degli Stati Uniti.
Ma non è forzato pensare che ci siano dei gruppi nell’amministrazione – forse nei servizi segreti – che hanno protetto Gulen perché ritengono sia utili agli interessi di politica estera degli Stati Uniti. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che la versione/maschera dell’Islam moderato di Gulen è cosa rara in quella parte del mondo. Potrebbe essere perché smascherare Gulen avvantaggerebbe gruppi in Turchia che essi considerano più dannosi per gli interessi degli Stati Uniti: l’AKP di Erdogan e gli arci-laicisti. E’ persino possibile che il movimento abbia occasionalmente reso servizi alle operazioni dei servizi d’informazione statunitensi. (Alcune delle scuole di Gulen in Asia Centrale sono state utilizzate per “ospitare” spie statunitensi, secondo un ex capo dei servizi segreti turchi). Questo genere di cose non sarebbe impensabile né riguardo alla CIA né riguardo al movimento di Gulen.
Forse questi gruppi hanno avuto sin qui gli argomenti migliori e hanno avuto la meglio nell’amministrazione contro quelli nel Dipartimento di Stato o altrove che sanno benissimo cosa combini il movimento di Gulen e preferirebbero vederlo andarsene. Dopo il colpo di stato, tuttavia, forse questo rapporto di forze cambierà a favore di questi ultimi. Forse no. Che accada o meno, io penso che il problema Gulen alla fine scoppierà in faccia a qualcuno negli Stati Uniti. Le uniche domande sono in faccia a chi, e quando.
Sarei il primo ad ammettere che questa è solo un’ipotesi. Ma se c’è una versione migliore che spieghi la reazione degli USA mi piacerebbe conoscerla.
Estradizione?
E’ molto improbabile che Gulen riceverebbe un processo equo in Turchia. Dunque gli Stati Uniti hanno un motivo legittimo per non estradarlo. Ma la dirigenza della politica estera statunitense commetterebbe un grosso errore se semplicemente scartasse le affermazioni della Turchia a proposito della complicità di Gulen. E’ facile per gli Stati Uniti nascondersi dietro la repressione di Erdogan e i suoi maltrattamenti dei golpisti. Ma anche gli Stati Uniti hanno molte spiegazioni da dare.
Questo articolo è apparso in origine sul blog dell’autore.
Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0
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