di Simone Pieranni
Nei giorni scorsi una delegazione di Sinistra italiana si è recata a Istanbul: si è trattato del «primo viaggio in Turchia di una delegazione europea, a qualche giorno dal colpo di stato e dal successivo contro golpe del regime di Erdogan». I delegati italiani hanno anche incontrato Selahattin Demirtas, il leader della formazione politica di sinistra e filo kurda dell’Hdp. Il capogruppo alla Camera di Sinistra italiana Arturo Scotto ha raccontato al manifesto le impressioni e le prime valutazioni del viaggio, alla luce dell’attuale situazione politica turca.
«La cosa che ci sembra evidente in queste ore – racconta Scotto – è che la stretta non si è fermata. Questa impressione è stata confermata da tutti quelli che abbiamo incontrato: sindacati, organizzazioni che ci occupano di diritti umani, e soprattutto i kurdi. Con l’Hdp in particolare, che oggi rappresenta forse l’unica opposizione all’Akp di Erdogan, faremo un gemellaggio, i 31 deputati di Si-Sel faranno una sponsorship rispetto a ciascun deputato Hdp: ciascuno seguirà un singolo dossier rispetto alla vicenda politica e giudiziaria di questi deputati. Loro hanno delle vicende giudiziarie aperte».
«La cosa che ci sembra evidente in queste ore – racconta Scotto – è che la stretta non si è fermata. Questa impressione è stata confermata da tutti quelli che abbiamo incontrato: sindacati, organizzazioni che ci occupano di diritti umani, e soprattutto i kurdi. Con l’Hdp in particolare, che oggi rappresenta forse l’unica opposizione all’Akp di Erdogan, faremo un gemellaggio, i 31 deputati di Si-Sel faranno una sponsorship rispetto a ciascun deputato Hdp: ciascuno seguirà un singolo dossier rispetto alla vicenda politica e giudiziaria di questi deputati. Loro hanno delle vicende giudiziarie aperte».
E del resto Erdogan già prima del fallito colpo di stato aveva spinto per togliere l’immunità parlamentare ai deputati con un chiaro riferimento proprio all’opposizione di sinistra. «Demirtas – prosegue Scotto – ha raccontato che per quello che riguarda il suo caso, nel corso dell’ultima settimana, da quando c’è stato il golpe, sono aumentate le notifiche dalla magistratura, rispetto a casi in cui era coinvolto e oggi Erdogan conferma che mentre farà una remissione delle querele per le forze dell’opposizione, questa decisione non vale per l’Hdp. Per questo abbiamo costruito questa sponsorship e seguiremo le vicende giudiziarie politiche dei deputati dell’Hdp».
Di ritorno dalla Turchia non si può non chiedere quale sia l’atmosfera respirata a Istanbul in questi giorni, poco tempo dopo il tentato golpe e la durissima reazione di Erdogan. «La scena del paese è impressionante, davanti a tutte le caserme militari ci sono autocompattatori, piloni di cemento costruiti in modo artigianale per blindare l’esercito dentro le caserme. Ogni sera perfino all’aeroporto ci sono manifestazioni dei pro Erdogan, fino a qualche giorno fa a piazza Taksim tutte le sere ci sono manifestazioni che durano fino a tarda notte con bandiere turche e canti patriottici, e discorsi alternati tra politici imam che parlano a difesa della democrazia turca. C’è un consenso autenticamente popolare nei confronti di Erdogan, da parte dei ceti più deboli, più esposti e di quelli che beneficiano del welfare dell’Akp che è un welfare che ha caratteristiche clientelari, a partire dalla distribuzione delle green card, card per accedere a servizi fondamentali. La città è blindata, ferma, e si nota l’assenza totale di turisti».
Infine, c’è il tempo per una riflessione e una presa di posizione politica: «La Turchia sta scivolando verso un regime oppressivo e autoritario che mette fuorilegge ogni forma di opposizione. Abbiamo incontrato i sindacati, che vivono una forte difficoltà. È importante da questo punto di vista mantenere le relazioni con i lavoratori a cominciare dal prossimo primo maggio. Abbiamo incontrato gli avvocati di Amnesty e Human Rights Watch e hanno denunciato la condizione di vita in carcere e sparizioni simili a quanto accade in Egitto. Inoltre hanno specificato che non si hanno più notizie – dal 7 giugno – di Ocalan che da quel giorno non scrive più ai suoi avvocati. Chiediamo una presa di posizione netta rispetto all’accordo sui rifugiati, nei confronti di un paese che non rispetta i diritti umani neanche del proprio popolo».
Fonte: il manifesto
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