Intervista a Pablo Iglesias di Andrés Gil e Aitor Riveiro
Cosa succede a un partito nato e cresciuto “fuori dal palazzo” quando i suoi rappresentanti fanno il loro ingresso in parlamento? Ne ha parlato in una lunga intervista concessa a Eldiario.es il segretario generale di Podemos Pablo Iglesias. Ne riportiamo alcuni interessanti passaggi.
In che modo la presenza di un parlamentare di Podemos può essere d’aiuto in occasione di uno sfratto, o di una rivolta in un CIE?
"La presenza di cariche pubbliche nei conflitti aiuta a evitare le violazioni dei diritti civili e umani delle persone coinvolte. Non è una garanzia assoluta, ma è più difficile portare a termine uno sfratto con violenza in presenza di deputati o consiglieri. L’attenzione mediatica aiuta a dare visibilità a una situazione di ingiustizia e fa in modo che se ne parli.
Noi stessi, nei nostri dibattiti interni, riconosciamo che in molti casi l’aspetto più importante dell’essere in parlamento è ciò che trascende dal parlamento, i dibattiti e le iniziative rivolti all’esterno. Siamo consapevoli del potere di veto di cui dispone il governo, siamo coscienti dei limiti imposti dalle sue dinamiche. Molte volte l’aspetto più importante dell’essere in parlamento è che ci si veda. E a volte ti si vede di più in altri luoghi. Poter essere in quei luoghi in cui la gente soffre, utilizzando il pur limitato capitale che abbiamo potuto accumulare per metterlo al loro servizio, è fondamentale.
Ma c’è un altro elemento cruciale. Può essere rischioso abituarsi a vivere in parlamento, dove si incontrano solo altri parlamentari o giornalisti. Si potrebbe quasi dire che la gente più interessante con cui ci si può relazionare in parlamento sono gli stessi lavoratori, i camerieri e gli addetti alle pulizie. È fondamentale che i nostri deputati mantengano il contatto con la realtà stando lì dove la gente soffre; è qualcosa che in un modo o nell’altro ti segna e ti permette di non dimenticare da dove vieni. Quando per molte settimane ti invitano a feste di giornali, a cocktail e a eventi pubblici finisci per relazionarti con una categoria di persone che non rappresenta la realtà della maggioranza dei cittadini."
Non è invece stando in parlamento che si possono cambiare le leggi in modo da impedire gli sfratti o chiudere i CIE?
"Si possono cambiare molte cose stando al governo. Al governo, e non in parlamento. Io preferisco governare. Il problema è che non è che al parlamento manchino funzioni esecutive, ma che le sue funzioni legislative sono molto limitate. Mi spiego meglio: una decisione presa a maggioranza dal parlamento non si converte automaticamente in una legge che si deve applicare. Anche se approviamo delle leggi, il governo ha a disposizione molti meccanismi per limitare la capacità legislativa del parlamento.
Martedì abbiamo votato con il sostegno del PSOE e di altri gruppi parlamentari per parificare il congedo di paternità a quello di maternità. Sono perfettamente cosciente del fatto che il governo non metterà in pratica questa raccomandazione, al contrario, la disattenderà. Ma sarà il governo stesso a dover dare conto alla gente di questa decisione. Noi dobbiamo essere in grado di governare come facciamo nelle principali città, e dobbiamo essere in grado di portare avanti un’attività parlamentare degna e che dimostri la nostra capacità di governo, però al tempo stesso dobbiamo essere consapevoli del fatto che dobbiamo stare là dove la gente soffre e contribuire alla crescita degli spazi di contropotere. Perché le istituzioni non sono pensate per cambiare le cose. Sono pensate per resistere. L’opposizione ha a disposizione un palcoscenico in parlamento, ma chissà che il palco principale non sia altrove."
Qual è l’attività politica che Podemos intende portare avanti in questa nuova fase che non avrà un carattere elettorale?
"È questo il dibattito cruciale. Io sostengo, e non tutti la pensano come me, che un lavoro brillante in parlamento non è la cosa più importante quando si è all’opposizione, perché non si ha davvero facoltà di legislare. La consegna del governo al PP da parte del PSOE darà al partito di Rajoy quasi tutto il potere, e noi dobbiamo rendere compatibile l’attività parlamentare con la costruzione di un movimento popolare. C'è una cosa per la quale Podemos è stata elogiata e che a me fa orrore. Si è detto che abbiamo avuto la funzione di evitare la crescita di movimenti sociali e che abbiamo permesso di canalizzare le rivendicazioni in una forza parlamentare. Non è questo che vogliamo essere. Possiamo essere uno strumento elettorale a disposizione dei settori sociali che, a nostro modo di vedere, devono organizzarsi autonomamente nella società. Dobbiamo essere in grado di stimolare questi spazi di organizzazione sociale, che sono imprescindibili per cambiare le cose."
Per esempio?
"Quando parlo di spazi sociali non parlo solo di manifestazioni o comizi. Il documentario del giornalista Jordi Évole, Astral, ha dato un contributo maggiore di buona parte dell’attività parlamentare nel rendere consapevoli gli spagnoli della realtà delle persone che si vedono obbligate ad abbandonare il proprio paese. Questa è una forma di militanza sociale. Noi non potremo avere un programma televisivo come quello di Évole, Salvados, ma possiamo realizzare materiali audiovisivi, lavorare con collettivi che costruiscono informazione alternativa e che possono lavorare nella direzione di una sensibilizzazione sociale che va al di là dei nostri interventi nelle commissioni parlamentari o in plenaria. Noi abbiamo stravolto il mondo politico spagnolo senza avere un solo deputato. Questo non possiamo dimenticarlo."
Fino a che punto i partiti sono strumenti che non risultano validi, e in cui si intrecciano posizioni politiche e personali?
"Sono d’accordo. La forma partito, per definizione, mette la bellezza nel tritacarne. Non è niente di nuovo, Robert Michels e Max Weber ne erano già consapevoli quando parlavano dell’autonomia burocratizzante della logica dei partiti. E questa è una cosa con cui non bisogna mai smettere di combattere, perché questa logica si impone nel momento stesso in cui scegli di darti un’organizzazione. Succede esattamente la stessa cosa se un gruppo di amici mette su un’impresa. La logica stessa di funzionamento dell’impresa condiziona le relazioni tra queste persone.
Era molto più bello essere un gruppo di amici. Quando siamo inseriti in una logica di decisioni di partito, di persone che ricoprono incarichi e che devono accettare che i loro responsabili politici sono alcuni piuttosto che altri, si generano enormi difficoltà. E con queste dinamiche dovremo combattere sempre. Se questo si dovesse sviluppare in una direzione molto negativa potrebbe andare a finire per noi come è accaduto ad alcuni partiti. Dobbiamo accettare che per cambiare il nostro paese abbiamo dovuto fare molti sacrifici e che dotarsi di una organizzazione implica che ci siano cose che non saranno poi così belle o piacevoli. Però c’è un fine superiore che è quello di cambiare la società e il paese."
La perdita di aspettativa di coloro che si percepivano come classe media, che è all’origine del movimento del 15M, ha smesso di esistere? Si è riassorbita? E la gente riesce a vivere con altre aspettative, più basse?
"La mia ipotesi è che non sia così. L’avversario tenta di dirci: “è finita, ragazzi. La situazione economica sta migliorando, la gente si abituerà e recupereremo il consenso”. Io credo che ciò non sia vero e a dimostrarlo sono i risultati elettorali e non una qualche intuizione sociologica. Il fatto che siamo al governo nelle principali città e che il sistema della democrazia dell’alternanza tra due partiti, che si spartivano il potere contendendosi in un modo simbolicamente molto intenso i posti di potere, ma prendendo decisioni strategiche molto sovrapponibili, sia cambiato e saltato per aria rivela che queste fratture hanno dato origine a un nuovo sistema politico.
La mia sensazione è che il livello di, rabbia non direi ma politicizzazione della società sì, continua ad essere molto alto. È una cosa che vediamo con chiarezza quando ci confrontiamo con il resto d’Europa. La stabilità dei sistemi politici europei si sta frantumando. Il caso dell’Italia e del Movimento 5 Stelle è paradigmatico, però quello della Francia con il Fronte Nazionale non è meno importante, e nel Regno Unito il referendum sulla Brexit è andato a finire male [...]. C’è una situazione in Europa in cui la crisi politica si manifesta continuamente e che fortunatamente in Spagna ha avuto la sua espressione migliore con Unidos Podemos e con gli accordi elettorali. [...]"
Traduzione di Giulia Riccio e Paolo Brugnara
Fonte: Il Corsaro
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