La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 23 ottobre 2016

Opporsi alla barbarie

di Gilbert Achcar
L’opinione pubblica araba si divide in due categorie principali: coloro che condannano il bombardamento omicida e distruttivo delle città e delle zone rurali siriane compiuto dal regime siriano e dal suo padrone russo e che stanno zitti riguardo al bombardamento omicida e distruttivo delle città e delle zone rurali yemenite a opera della coalizione guidata dai sauditi qua e che stanno zitti riguardo al bombardamento omicida e distruttivo delle città e delle zone rurali siriane da parte del regime siriano e del suo padrone russo, quando non appoggiano il secondo, e coloro che condannano il bombardamento omicida e distruttivo delle città e delle zone rurali yemenite a opera della coalizione guidata dai Sauditi e non dicono nulla riguardo bombardamento omicida e distruttivo delle città e delle zone rurali siriane da parte del regime siriano e del suo padrone russo, quando non appoggiano il secondo.
A malapena si sente la voce di una terza categoria, cioè coloro che condannano entrambi i bombardamenti e che li considerano ugualmente criminali (anche se non si può negare che i bombardamenti compiuti dal regime siriano e dal suo padrone russo hanno causato molte più uccisioni e maggiore distruzione deli altri). Tuttavia questa categoria esiste e ed è certamente più grande e più diffusa di quanto il suo silenzio ci porterebbe a credere.
E’ la categoria di coloro che mettono gli interessi e la sicurezza della popolazione al di sopra di tutte le considerazioni politiche e che rifiutano la logica secondo la quale “il nemico del mio nemico è mio amico”, indipendentemente dalla natura di questo “amico”, dai valori che rappresenta e dagli obiettivi che persegue. La verità è, effettivamente, che le forze controrivoluzionarie che si sono mobilitate contro la grande insurrezione araba del 2011, nota come Prmavera Araba, sono di vai tipi e forme.
Sia il regime siriano che quello saudita sono pilastri fondamentali del vecchio regime arabo al quale si è opponeva l’insurrezione, sognando di essere in grado di spazzarla via e di sostituirla con un ordine che avrebbe fornito “pane, libertà, giustizia sociale e dignità nazionale” – lo slogan che veniva scandito a Piazza Taharir al Cairo e in numerose altre piazze e che forniva la miglior sintesi delle aspirazioni della Primavera Araba. Lo scopo di entrambi i bombardamenti – quello compiuto dal regime siriano e del suo padrone russo e quello compiuto dal regime saudita e dai suoi alleati – è essenzialmente uno solo: mirano entrambi seppellire il processo rivoluzionario che si era innescato in Tunisia il 17 dicembre di 17 anni fa.
Il ruolo del regime siriano e dei suoi alleati iraniani (con i loro) e degli alleati russi  nel fronteggiare la rivoluzione siriana e nel reprimerla con i mezzi più brutti e più abietti, col costo di massacri e distruzione indicibili, è chiarissimo – tranne che agli occhi di coloro che non vogliono vedere e che persistono nel negare la realtà o che lottano per giustificarla, presentandola come l’insurrezione frutto di una cospirazione straniera, ripetendo così l’argomento logoro di tutti i regimi reazionari che si trovano ad affrontare insurrezioni e rivoluzioni.
In quanto al ruolo del regime saudita nel guidare la reazione araba, è attestato dall’intera storia del regno, specialmente da quando i venti della liberazione del colonialismo e dell’imperialismo hanno iniziato a soffiare sulla regione araba. Fin dal 2011, questo ruolo ha assunto forme diverse, dagli interventi repressivi diretti come è accaduto in Bahrein all’appoggio a vecchi regimi compiuto con vari mezzi come è accaduto in Tunisia e in Egitto, e anche misure di assistenza e di finanziamento ai gruppi salafiti in Siria per affogare l’insurrezione in un’ideologia religiosa basata sulle sette che si adatta al regno e quindi per scongiurare la minaccia democratica che rappresentava la rivoluzione siriana per il despotismo arabo in tutte le sue varianti, e non soltanto per il regime Baathista siriano.
In Yemen, il paese confinante dove gli eventi sono oggetto della sua più grande preoccupazione, il regno saudita è intervenuto per promuovere un compromesso tra il Ali Abdallah Saleh, molto reazionario, e un’opposizione dominata da forze reazionarie. L’accordo grossolano era desinato ad avere vita breve: è crollato e con esso anche lo stato yemenita, portando a sua volta il paese nell’inferno della guerra.
La guerra yemenita non è una guerra tra un campo rivoluzionario e uno controrivoluzionario, ma è una guerra tra due campi antitetici alle aspirazioni fondamentali per le quali i giovani yemeniti insorsero nel 2011. L’intervento guidato dai sauditi sta appoggiando una parte in una guerra tra due campi reazionari e in base a considerazioni che sono esclusivamente collegate alla sicurezza del regno. Il suo strumento principale si adatta bene alla sua natura reazionaria: i bombardamenti aerei di zone popolate con indifferenza verso la morte dei civili, identica, in quel senso, ai bombardamenti russi sulla Siria, per non parlare dell’assassinio deliberato di civili da parte del regime siriano.
Questo è il motivo per cui è indispensabile che tutti coloro che sono leali alle speranze create dall’insurrezione araba e desiderosi di far rivivere il processo rivoluzionario che aveva scatenato e che ha dovuto affrontare una seria regressione reazionaria due anni dopo che era cominciato, è indispensabile che tutti loro restino fedeli a un atteggiamento coerente di condanna dell’attacco reazionario che sta cadendo dal cielo, qualsiasi ne sia l’origine.
Questo è un aspetto che spiega che cosa ci vuole per costruire nella regione araba un polo progressista indipendente da tutti i poli e gli assi del vecchio regime arabo e dai sui contendenti reazionari – la condizione indispensabile affinché la rivoluzione araba si svolga di nuovo e riprenda la marcia iniziata 6 anni fa – all’infuori della quale non c’è alcuna speranza di superare la situazione catastrofica in cui la regione è regredita.

Articolo pubblicato originariamente in arabo sul sito Mada Masr (http://www.madamasr.com).

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Jacobin Magazine
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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