di Loris Campetti
Si può nominare ministro dell’agricoltura il presidente della Monsanto? Si può far dirigere il dicastero della sanità a Vanna Marchi? Si può assegnare a Dracula la guida dell’Avis? Si può mettere il lupo a guardia del gregge? Perché no, dipende dal programma politico del governo: se avessimo lasciato lavorare il povero Renzi, invece di dargli una tranvata costituzionale, forse qualcuno di questi obiettivi sarebbe stato raggiunto, magari dopo un radioso successo elettorale del PdR nel 2018, o anche prima.
Invece il governo prodotto dalla tranvata non poteva che essere un rabberciato restyling, sicuramente meno radioso dell’originale. Di conseguenza anche gli obiettivi programmatici del successore del sindaco d’Italia, il mancato sindaco di Roma Paolo Gentiloni, non possono che essere un po’ meno spettacolari. Eppure un colpo di genio si è visto, alla lettura dell’elenco dei nuovi ministri: Valeria Fedeli ministro della pubblica istruzione.
La genialità che ha portato il presidente a estrarre un siffatto coniglio dal cappello consiste nel fatto che, per far dimenticare a studenti e insegnanti la ex ministra Giannini, a tracciare le linee culturali, educative e politiche dell’istruzione sia stata scelta una signora in rosso – ex segretaria generale della Cgil tessili, senatrice anzi vice presidente di Palazzo Madama – non laureata. Il modo migliore per istruire gli studenti e inquadrare gli insegnanti che in massa hanno votato No è spiegar loro che tanto la laurea, come direbbe Montalbano, non serve a una minchia (quasi come il Parlamento), salvo a emigrare e invece bisogna restare in Italia, mostrando di credere nell’impegno programmatico del nuovo governo a cui serviranno molte mani (anche perché i cervelli sono emigrati).
Ora, omofobi e familisti che l’unica famiglia allargata che riconoscono è quella col bue e l’asinello, si scatenano contro l’eroina dei diritti civili accusandola di presentarsi sul suo profilo come detentrice di laurea in scienze sociali, una laurea di cui si sono perse le tracce. In realtà si tratta solo di un qui pro quo, quisquilie su cui non è lecito speculare: la neoministra pensava che il suo diploma per assistenti sociali preso all’Unsas corrispondesse a una laurea breve, e comunque una volta resasi conto del fraintendimento ha subito modificato il suo profilo, così dimostrando un alto profilo istituzionale. Magari tutti avessero la sua stessa onestà intellettuale ammettendo un errore, sia pure insignificante salvo nei bacchettoni paesi del nord protestante.
Anche il presidente del consiglio è una persona trasparente e leale con le istituzioni. Il conte Paolo Gentiloni Siveri, discendente dei nobili Gentiloni Siveri di Filottrano, Cingoli e Macerata e pro-pro nipote del ben noto Vincenzo OttorinoGentiloni artefice del “patto Gentiloni” di inizio Novecento che segnò l’ingresso dei cattolici in politica (da cui non se ne sono più andati), per rimediare a una scappatella di gioventù che lo vide nel Movimento studentesco di Capanna, quindi nel Movimento lavoratori per il socialismo, e infine di striscio nel Pdup, si riscattò associandosi prima a Ermete Realacci, anch’egli in fuga dall’estremismo sterile e infine accudendo Rutelli, Ciccio bello per gli amici.
La Margherita è stata la camera iperbarica nonché la catapulta che l’ha proiettato nell’Empireo della politica. Uno così impegnato e persino esposto ad attacchi scriteriati deve aver sentito la necessità di farsi accompagnare da un’assistente sociale. Ed ecco spiegata la presenza di Valeria Fedeli nel nuovo governo.
Fonte: Il manifesto Bologna
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