di Viola Brancatella
Gli italiani si sono impoveriti – si è detto spesso ultimamente – e il Rapporto sul benessere equo e sostenibile di Istat lo conferma: i poveri italiani sono 4 milioni e 598mila persone.
Il rapporto affronta il tema del benessere seguendo 12 criteri di analisi che fanno emergere un quadro eterogeneo sia per regioni che per genere ed evidenzia le criticità di un paese che ancora non riesce a soddisfare i bisogni dei suoi cittadini. Il prodotto interno lordo italiano – riporta Istat – si è ridotto di più di 3 punti dal 2010 al 2015 e i servizi a disposizione dei cittadini non sono migliorati negli ultimi anni, mentre la partecipazione alla vita sociale e politica da parte della popolazione dipende dal genere, dal titolo di studio e dall’età.
Relazioni sociali e partecipazione politica
La dinamica delle relazioni sociali risulta abbastanza stabile con due fasi di peggioramento nel 2013 e nel 2016. Nell’arco di tempo 2015-2016 la soddisfazione per le relazioni sociali, familiari e amicali è diminuita, così come la partecipazione civica e politica.
Il divario risulta particolarmente elevato tra Nord e Sud, dove il Sud è in svantaggio rispetto al Nord su tutta la linea.
Nell’ultimo anno al Sud si rileva un peggioramento delle relazioni “bridging” (partecipazione sociale, civica e politica) e un miglioramento delle relazioni “bonding” (famiglia e amici), per cui si conta sempre più spesso sulla rete sociale vicina a sé e non si partecipa assiduamente alla vita civica e politica sul proprio territorio.
Al Nord la situazione è invertita: le persone dimostrano un forte impegno civico (volontariato e politica di quartiere) compensato in negativo da relazioni personali più precarie.
Per quanto riguarda le relazioni amicali gli indici dimostrano una certa omogeneità tra Nord e Sud, mentre rilevano forti differenze tra classi di età. I giovani di un’età compresa tra i 14 e i 24 anni preferiscono affidarsi ai gruppi di amici per cercare aiuto, appoggio e rifugio, mentre le persone di oltre 75 anni fanno meno affidamento sugli amici e di più sulla famiglia. Gli adulti tra i 45 e i 74 anni, invece, mantengono il trend giovanile, tenendo molto in considerazione gli amici come rete necessaria di aiuto e confronto.
La disponibilità di una rete allargata, perciò, si riduce con l’aumentare dell’età: risulta necessaria in età giovanile (34,2%) e quasi assente in età anziana (9,7%).
Gli adulti occupati (professionisti o dirigenti) e con titoli di studio elevati risultano i più coinvolti nella partecipazione politica sul loro territorio.
Il dossier riporta che questo indice evidenzia notevoli differenze di genere, dal momento che gli uomini risultano più partecipativi delle donne, soprattutto dal 20 anni di età in su.
Nel 2015-2016 la differenza di genere nella partecipazione sociale è diminuita, mentre quella civica e politica è rimasta invariata: le donne sembrano meno coinvolte degli uomini nelle questioni politiche, mentre sembrano alla pari nella partecipazione alla vita sociale.
Ma la partecipazione sociale cambia anche molto con l’età: le persone tra i 14 e i 19 anni hanno una florida vita sociale, che continua abbastanza invariata fino ai 60 e diminuisce radicalmente tra gli over 75.
La partecipazione civica e politica, invece, è più bassa tra i 14 e i 19 anni (45,9%) e tra gli anziani over 75 (54,7%), mentre raggiunge il massimo di attività nelle età centrali tra i 45 e i 64 anni (oltre il 70%).
La partecipazione sociale, civica e politica, inoltre, aumenta con il crescere del titolo di studio: il valore è più alto tra i laureati (83,9%) e i diplomati (72,1%), mentre cala con la licenza media (53,3%). Quindi, in generale, tra gli studenti le differenze sono quasi nulle.
A livelli pari di istruzione, le donne dimostrano livelli di partecipazione più bassa, ma la distanza diminuisce con il titolo di studio, tanto che la differenza tra uomini e donne laureati è pari a zero (99,9%).
Nell’ambito dei professionisti le differenze di genere sono più contenute – le donne professioniste partecipano all’82,3% e gli uomini all’87,4% – mentre si abbassa nell’ambito degli operai, che partecipano alla vita sociale e civica al 51,3% le donne e al 52,8% gli uomini. Tra uomini e donne, infine, i primi dimostrano più fiducia verso gli altri rispetto alle donne (21,1% contro il 18,4%) e tra di loro i più fiduciosi in assoluto sono gli adulti tra i 35 e i 64 anni, soprattutto di status sociale medio alto.
La qualità dei servizi
Il dossier mette in evidenza un altro dato interessante che persiste da decenni, relativo alle differenze territoriali nell’erogazione dei servizi sul territorio, in base agli indici di accessibilità, equità ed efficacia.
L’offerta di posti letto di natura residenziale si è stabilizzata da anni e varia sul territorio: al Nord ci sono 9 posti letto ogni 100 abitanti, al Centro 5 e al Sud soltanto 4 ogni 100 persone.
La provincia autonoma di Trento e la regione Piemonte presentano l’offerta più elevata con 13 e 11 posti letto ogni 100 abitanti, mentre in Campania e in Puglia si arriva a 2 e 3 posti.
L’assistenza domiciliare agli anziani (Adi) conta 6 casi su 100 al Centro, 3 al Sud, mentre è quasi assente in Valle d’Aosta e nella provincia autonoma di Bolzano, dove si privilegiano altre forme di servizio per gli anziani.
Anche i servizi per l’infanzia rilevano una forte eterogeneità geografica, con 17.8 casi su 100 al Nord e soltanto 5 su 100 al Sud.
Il trasporto pubblico locale (Tpl), invece, è in forte diminuzione in tutto il territorio nazionale (-3,4%rispetto all’anno scorso e -7,6% rispetto al 2011), mentre la domanda di trasporto è in crescita ovunque per la prima volta dal 2010 (+1,1%). In un giorno feriale, riporta Istat, la popolazione dai 15 anni in su dedica 76 minuti in media al giorno alla mobilità sul territorio, equivalente al 5,3% dell’intera giornata. Dal 2008 non ci sono grandi cambiamenti da segnalare e l’utilità del sistema di trasporti, nonostante le infrastrutture su ferro siano aumentate, sembra invariata da allora.
Fonte: Left.it
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